Natura ingiusta. E l'uomo?

05 gennaio 2005
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Natura ingiusta. E l'uomo?



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"Quando la natura è ingiusta, spesso l'uomo ha le sue responsabilità. Tuttavia i paesi che si affacciano sull'Oceano Pacifico, come gli Stati Uniti e il Giappone, hanno efficaci sistemi d'allerta. Se i paesi colpiti avessero avuto questi mezzi, si sarebbero salvate migliaia di vite umane. Una ragione in più perché gli stati si uniscano per trovare delle soluzioni come indicato nel Protocollo di Kyoto" così, in modo critico, l'editoriale apparso sul quotidiano francese Le Figaro ha commentato il maremoto che ha colpito il Sudest asiatico, che continua a essere al centro dell'attenzione della stampa mondiale. Con il passare delle ore i numeri sono sempre più definitivi e sempre più spaventosi. Ma che cos'è lo tsunami?

Onda nel porto


Letteralmente significa onda nel porto. Si tratta di una serie di onde oceaniche gigantesche generate di solito da movimenti tellurici con epicentro sul fondo del mare. Le onde possono anche percorrere migliaia di chilometri lungo l'oceano, per poi abbattersi, sotto forma di enormi pareti d'acqua su quel che trovano sul loro cammino. Gli tsunami nascono di frequente sotto la superficie del Pacifico e si abbattono con la forza di un cataclisma sulle coste asiatiche o americane. L'energia sprigionata dai movimenti tettonici sul fondo marino acquista una forza crescente per la profondità del mare e per la grandezza dell'Oceano, che consentono all'energia di moltiplicarsi durante il percorso dell'onda. Quando l'onda arriva nelle vicinanze della costa, e incontra i fondali più bassi, l'energia che fino ad allora è stata verticale si sviluppa in orizzontale e diventa una forza devastatrice. Dal 1900 al 2000 se ne sono verificati 796 nel Pacifico e, dettaglio da non trascurare, non ci sono stati anni senza maremoti. Anche l'Italia è, potenzialmente, un'area soggetta agli tsunami, a causa della posizione peninsulare e della elevata sismicità di alcune regioni. Gli episodi più significativi hanno colpito l'Italia meridionale, specialmente le coste pugliesi, siciliane e calabresi, e sono legati ai terremoti che si sono verificati nel 1627, nel 1693, nel 1783 e nel 1908.

La seconda onda


Si diceva dei numeri. I morti finora accertati sono 144089, un numero che continua a salire drammaticamente. Secondo le ultime cifre solo in Indonesia le vittime sarebbero 94081, in Thailandia i morti accertati sono 5046, in Sri Lanka fonti ufficiali di Colombo riferivano di circa 30mila vittime. Ma non è finita qui. Nell'Asia sud-orientale i senzatetto sono oltre cinque milioni e oltre alle vittime c'è, secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), un numero spaventoso di persone che non hanno più casa né sostentamento. Una moltitudine che non ha a disposizione generi di prima necessità, non ha acqua ne cibo ed è in condizioni igieniche disastrose. Un terzo delle vittime, secondo l'ONU, sono bambini, ed è proprio per la salute dei piccoli superstiti, i più deboli, che si teme maggiormente. Ora l'ondata temuta, dopo quella d'acqua, è quella delle epidemie quali tifo, colera e dissenteria, che potrebbero causare tanti morti quanti ne ha già causati il maremoto. Si tratta di un disastro di proporzioni immani che ha bisogno di interventi mai approntati prima.

Gli aiuti umanitari

E' indispensabile che gli aiuti alle popolazioni coinvolte arrivino il più presto possibile. Secondo il quotidiano britannico Times questa crisi umanitaria potrebbe essere la peggiore che le Nazioni Unite si sono trovate a fronteggiare, perché interessa contemporaneamente più paesi. Soltanto l'Onu ha un mandato internazionale e le competenze richieste per coordinare l'emergenza. Bisogna evitare il rischio di ritardi dovuti alla burocrazia individuando al più presto per ogni regione le organizzazioni con più esperienza e fornire loro i fondi necessari. Si parla di 40 miliardi di dollari per portare i primi aiuti. Quattro le priorità d'emergenza indicate: fornire assistenza medica ai feriti e sostegno alle strutture sanitarie pesantemente danneggiate; assicurare acqua potabile in quantità sufficiente alle popolazioni e misure di igiene nei campi allestiti; fornire a chi è rimasto senza casa una sistemazione che non li esponga al rischio di contrarre malattie; aumentare la sorveglianza epidemiologica delle malattie tra cui malaria e Dengue. Ma un aspetto non va trascurato come sottolineato da un articolo apparso sul sito Lettera22. Dagli anni '60 ad oggi, il numero delle vittime dei disastri naturali è aumentato in media del 900%. Coincidenza sfortunata? Non proprio. La causa principale di quest'aumento va ricercata nelle peggiorate condizioni di vita di una buona metà della popolazione mondiale. Quella più povera ovviamente. Per intervenire seriamente sul tema della vulnerabilità economica occorrono risorse e tempo. Il tempo è sempre troppo poco, con un susseguirsi di priorità sempre nuove e totalizzanti. Quanto ai soldi beh 900 miliardi spesi in armamenti contro 50 per gli aiuti internazionali bastano a spiegare tante cose.

Marco Malagutti



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