Le coronarie patiscono i soprusi

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Le coronarie patiscono i soprusi



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E' difficile che uno studio scientifico cominci con una definizione che attiene più alla filosofia che alla medicina, ma così è per un lavoro che ha indagato i rapporti tra la giustizia (o l'equità) sul posto di lavoro e la possibilità di andare incontro a malattia coronarica, fatale o meno.La ricerca prende le mosse dal Whitehall II Study una delle più grandi ricerche prospettiche condotte sui fattori di rischio cardiovascolare. Lo studio ha infatti arruolato 5726 uomini and 2572 donne tutti dipendenti pubblici di 20 dipartimenti del Civil service a Londra. Come in tutti gli studi prospettici, ed è questo che ne fa la forza, le persone coinvolte sono state seguite nel tempo per valutare che cosa succedeva dopo averne determinato alla partenza le condizioni. In media, per questa particolare indagine, il campione è stato osservato per più 10 anni.

Più peso e più fumo, ma...


Oltre alla presenza di eventuali fattori di rischio conosciuti per la malattia coronarica, come obesità, fumo, ipercolesterolemia, il campione è stato sondato per stabilire diversi aspetti dell'ambiente lavorativo, soprattutto legati ai rapporti gerarchici, al rapporto tra impegno e compensi e, appunto, alla giustizia. Questa, come si diceva è stata definita in linea generale come il ricevere un trattamento equo rispetto agli altri o comunque un trattamento ragionevole. Ai partecipanti allo studio, quindi è stato chiesto se erano d'accordo con la frase "Ho spesso la sensazione di essere trattato in modo ingiusto" . Erano possibili sei risposte, così da dividere il campione in quattro gruppi: uno che non giudicava di non essere trattato ingiustamente, e tre che sperimentavano un certo grado di ingiustizia (basso, moderato, elevato). Oltre che sorvegliare il presentarsi delle malattie cardiovascolari, i ricercatori hanno anche valutato in generale la qualità della vita rapportata alla salute attraverso un questionario standardizzato (SF-36).I primi dati riguardano le caratteristiche generali di chi si sente vittima dell'ingiustizia, e concordano con quanto rilevato anche da indagini di altra natura, per esempio i rapporti dei sindacati. Mentre l'età non fa la differenza, per esempio, il fatto di essere donna sì, così come l'occupare posizioni inferiori nella scala gerarchica. Coloro che riferivano un elevato grado di ingiustizia sono più facilmente fumatori, ipertesi, obesi e sedentari, ma non consumano alcol. Non c'è invece rapporto con elevati livelli di colesterolo. Come era logico aspettarsi, c'è invece un associazione con aspetti come il carattere usurante della mansione, il forte squilibrio tra impegno e compenso e una scarsa equità dell'organizzazione.

Un'associazione che resta


Passando all'end point principale della ricerca, nel periodo di osservazione si sono verificati 528 eventi coronarici tra mortali e non mortali. Il rischio di andare incontro alla malattia era effettivamente più alto tra coloro che riferivano un moderato ed elevato grado di ingiustizia sul lavoro, il 76% in più. Certo, se si considerava anche la presenza di altri fattori di rischio, per esempio fisici, l'eccesso di rischio scendeva un po', al 55%, ma l'associazione restava statisticamente significativa. Aggiungere altre caratteristiche che avrebbero potuto viziare il risultato non modificava ulteriormente la situazione. In pratica, questo 55% di rischio in più può essere tutto attribuito all'ingiustizia, indipendentemente da altri fattori comunque legati al posto di lavoro, come l'usura e lo squilibrio tra impegno e remunerazione. Anzi, gli autori dello studio, uno italiano, Roberto De Vogli, concludono che è ben possibile che la ricerca abbia intercettato l'ingiustizia nei loro confronti che le persone percepiscono anche negli altri contesti, oltre quello lavorativo, per esempio sociale e famigliare. Peraltro, è tutta la qualità della vita legata alla salute che peggiora in chi si sente trattato ingiustamente, anche se un effetto dose risposta si vede soprattutto per la salute mentale. I meccanismi ipotizzabili sono parecchi, già noti:alterazioni del sistema nervoso autonomo (che regola per esempio la pressione arteriosa), modificazioni della risposta neurondocrina e altri.
Quindi, per passare alle cose italiane, nell'ormai famoso progetto ministeriale "Guadagnare in salute", accanto alla dieta, all'attività fisica eccetera, un capitoletto sulla giustizia non sarebbe di troppo.

Maurizio Imperiali



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