Investire nel buon umore

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Investire nel buon umore



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Molte malattie presentano un conto in cui, oltre alle cure, compaiono anche costi di altro genere che hanno a che fare con le relazioni sociali e con il mondo del lavoro. In quest'ultima voce i costi si misurano in giorni e produttività persi e a volte anche posto di lavoro perso, un aspetto che gli stessi datori di lavoro non dovrebbero prendere sottogamba, potendo in alcuni casi intervenire. Come, per esempio, nella depressione, una condizione per la quale programmi di screening e di incoraggiamento alla cura migliorano sia il trattamento sia i risultati.

Conoscere per agire


Ma nonostante queste evidenze, i datori di lavoro non sembrano così interessati ai temi e alle possibili iniziative realizzabili sul luogo di lavoro, considerando, probabilmente, solo una spesa senza ritorno economico. Tale diffidenza o semplice mancanza di interesse si giustifica con l'assenza di prove scientifiche orientate a rinforzare programmi di sostegno a impiegati depressi. Gli studi in questa direzione, in effetti, sono pochi e per lo più prendono come riferimento lo scenario ambulatoriale, dove agisce il medico di famiglia con cure di base. Il National Institute of Mental Health ha invece scelto di uscire fuori da questo ambito per entrare nel luogo di lavoro e arruolare un campione di soggetti potenziali fruitori di un progetto di screening e di intervento pensato proprio per loro. Una strategia adatta anche per dimostrare eventuali miglioramenti non solo dei sintomi depressivi, ma anche della produttività lavorativa e della riduzione delle ore di assenza dal lavoro. Sulla base di un test, che chiedeva ai dipendenti di riportare eventuali sintomi depressivi, sono state selezionate 604 persone con depressione di gravità almeno moderata, escludendo condizioni più severe come tendenza al suicidio e particolari malattie mentali. Metà di loro è stata avviata a ricevere normali cure previste per la depressione, gli altri sono stati inseriti nel programma di intervento. Quest'ultimo contemplava il contatto telefonico e l'incoraggiamento a intraprendere un trattamento, psicoterapeutico e/o farmacologico che sia. Per chi era riluttante, rimaneva la possibilità di proseguire i contatti telefonici per seguire una psicoterapia cognitiva comportamentale. Nei successivi 12 mesi è stata monitorata la continuità del trattamento suggerito.

Risultati redditizi


I risultati non hanno tardato a mostrarsi. Innanzitutto tutti i dipendenti selezionati hanno portato a termine la proposta, permettendo un'analisi sul campione completo, a dimostrazione di una buona aderenza a proposte del genere. In particolare, nel gruppo avviato al programma già dopo sei mesi miglioravano i sintomi depressivi e il beneficio si manteneva fino ai 12 mesi. Grazie all'intervento, in ogni caso aumentava il numero di ore lavorate, ma in misura maggiore nei dipendenti che avevano aderito al programma specifico: due ore in più ogni settimana, equivalenti a oltre due settimane in più di lavoro all'anno. Inoltre gli stessi soggetti dimostravano una maggiore capacità di conservare il proprio lavoro, probabilmente perchè più motivati.
I vantaggi offerti da questo tipo di approccio, oltre a essere evidenti, hanno anche delle motivazioni rintracciabili nel sostegno psicologico e negli stimoli offerti dagli operatori. Il contatto telefonico è servito anche per far conoscere ai dipendenti depressi che esistono delle possibilità di trattamento che hanno dietro linee guida valide e supportate da evidenze cliniche, un approccio utile per superare barriere motivazionali e cognitive che spesso limitano l'accesso alle cure. Utile anche per il datore di lavoro che, a conti fatti, beneficia di un aumento della quantità di lavoro svolto dal dipendente, avviato a un programma del genere, con un valore in termini economici superiore ai costi diretti dell'intervento stesso. A conti fatti, la salute resta ancora una volta il miglior investimento.

Simona Zazzetta



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