Meno male che c'è il 118

14 maggio 2004
Aggiornamenti e focus

Meno male che c'è il 118



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ER ha avuto un grande successo in Italia, ma forse non dal punto di vista pedagogico. In altre parole anche se abbondavano le scene degli interventi di primo soccorso per strada o sui mezzi pubblici, quelli che chiunque può praticare, non hanno costituito un esempio per il pubblico. Infatti otto cittadini italiani su su dieci, quando un familiare e' vittima di un arresto cardiaco o un'altra emergenza, si limitano a chiamare il 118 senza tentare 'semplici' manovre salva-vita, come la respirazione bocca a bocca o il massaggio cardiaco. E' quanto emerge dalla prima 'fotografia' del 118 in cinque regioni italiane, coordinata dai medici dell'Ospedale San Gerardo di Monza e presentata a Milano nell'ambito delXV Congresso Smart di anestesia e rianimazione.

''E questo nonostante, sempre in otto casi su dieci, eventi simili avvengano in presenza di un testimone. E soprattutto nonostante ogni minuto guadagnato nel prestare soccorso sia cruciale per il paziente'' ha sottolineato Giuseppe Citterio, del San Gerardo di Monza, presentando la ricerca. Fra le cinque regioni esaminate (Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto), i più inclini a 'improvvisarsi' soccorritori in caso di emergenze sono risultati piemontesi e lombardi, e i più restii emiliani e abitanti del Lazio. Probabilmente in questo gioca anche la scarsa dimestichezza con le tecniche del primo soccorso. ''Bisognerebbe educare gli italiani al pronto soccorso fin dalle scuole, con lezioni 'ad hoc' per la respirazione bocca a bocca o il massaggio cardiaco. Ma anche coinvolgere gli adulti, per diffondere lacapacità di prestare un soccorso adeguato 'ha confermato il professor Luciano Gattinoni, uno dei maggiori esperti di rianimazione e terapie intensive italiani, che opera presso il Policlinico di Milano.
Ancora più preoccupante è che in molti casi, quando si verifica un'emergenza grave (tipo ictus o dolore al torace) non si chiama il 118. ''Magari si cerca un medico conosciuto o il vicino di casa - dicono gli esperti - oppure ci si limita a raggiunge l'ospedale con la propria auto o in taxi. Questo e' sbagliato: chiamare il 118 permette di evitare l'inutile spreco di minuti preziosi''.
Ma l'indagine però ha valutato anche le prestazioni del servizio di emergenza, almeno nellavisione dei cittadini utenti. Il Censis ha al riguardo condotto un sondaggio su 500 tra pazienti e familiari che hanno usufruito del servizio in 13 città delle Regioni citate, per quattro patologie gravi (arresto cardiocircolatorio, dolore al torace, ictus e trauma cranico).

Nell'esperienza del 65,5-80% degli intervistati sono passati 10 minuti tra la chiamata e l'arrivo dell'ambulanza, e questo nonostante la distanza tra il luogo della chiamata e quello di partenza del mezzo fosse 'notevole'; di qui la soddisfazione (98%) per la tempestivita. Il giudiziocomplessivo sui servizi d'urgenza risulta positivo per il, 90% del campione. I dati Censis sono stati confrontati con quelli del primo studio qualitativo sull'emergenza in Italia, svolto monitorando per 3 mesi i 118 delle stesse 13città (Cuneo, Biella, Monza, Como, Pavia, Padova, Treviso, Vicenza,Forlì, Ravenna, Rimini, Rieti e Terni) e seguendo circa 3.400 casi urgenti. ''Ebbene, i risultati confermano la percezione degli italiani: in media passano 10 minuti dalla chiamata all'arrivo dell'ambulanza'', spiega Antonio Pesenti, responsabile del Dipartimento di Rianimazione del San Gerardo di Monza e coordinatore dello studio. ''Tempi che sono nella media europea, ma migliorabili - prosegue Pesenti - ancheperchè almeno nel caso dell'infarto ogni minuto che passa 'va infumo' il 10% di possibilità di recupero''. E gli italiani sembrano saperlo: nonostante si dicano soddisfatti del servizio, tra gli aspetti da migliorare segnalano comunque latempestività
Un dato meno positivo: se secondo il Censis in media intervengono tre operatori per ogni chiamata, non in tutte le regioni c'e' il medico a bordo. La percentualepiù alta si registra in Piemonte, la più bassa nelle duecittà del Lazio', e non su tutti i mezzi e' presente il defibrillatore
Per i medici rianimatori gli aspetti da migliorare sonoindividuati. ''Prima cosa la presenza su tutte le ambulanza dei defibrillatori. Poi sistemi che facilitino lamobilità dei mezzi nelle grandi città, e la diffusione fra la popolazione di corsi di pronto soccorso. Ma anche un miglior meccanismo di selezione degli ospedali da raggiungere: meglio portare il paziente nella strutturapiù adatta - ha sottolineato Luciano Gattinoni - che in quella più vicina''. Nell'attesa poi che anche i responsabili del traffico mettano a punto vie preferenziali e sistemi disincronizzazione della segnaletica per agevolare la corsa dell'ambulanza, come l'onda verde in studio a Milano.



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