E' davvero malasanità?

28 febbraio 2003
Aggiornamenti e focus

E' davvero malasanità?



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Questo articolo potrebbe essere anche un po' tardivo. Ma con gli scandali sanitari la tendenza è al grappolo, quindi si è atteso che non emergessero altre notizie. Di norma, quando si verificano casi di questo tipo si ha un effetto moltiplicatore e alla fine tutta la sanità è messa in stato di accusa.

A Torino una truffa


Nel capoluogo piemontese si è scoperto che un farmacista e alcuni medici di famiglia lucravano su alcuni costosi farmaci per l'emofilia. Il sistema è relativamente semplice: il medico prescrive il farmaco a un paziente regolarmente iscritto nella lista degli assistiti, ma che non ha la patologia in questione, il farmacista cede il farmaco, che poi paga la ASL. Che cosa c'entra la malasanità in questo? Poco o nulla, è una truffa come altre, come i finti incidenti stradali e i conseguenti rimborsi non dovuti da parte delle assicurazioni. Certamente, visto che si parla di emofilia e non di raffreddore, quindi di una malattia relativamente rara, ci si doveva insospettire della forte presenza di emofilici in quella zona. E difatti la truffa è stata scoperta.

Almeno non ci rimette la salute


Nel caso delle ricette di comodo non si metteva a rischio la salute di nessuno. Ben diverso quello delle valvole cardiache. In questo caso a scoperchiare la corruzione è stato il fatto che alcune di queste valvole, costruite dalla Tri Technologies, azienda brasiliana a dire il meno abbastanza sconosciuta, hanno mostrato difetti tali in alcuni casi da comportare la morte del paziente (si presume, l'inchiesta è in corso) o da richiedere un nuovo intervento di sostituzione. Difetti, per inciso, confermati da un'analisi dell'Istituto Superiore di Sanità. Su 34 pazienti portatori di valvole Tri Tec sono stati registrati 5 decessi sospetti a Padova, 14 a Torino su 124 pazienti operati. Sempre a Torino l'inchiesta si sta allargando alle valvole biologiche Labcor, prodotte da un'azienda collegata alla Tri Tec: sono morti 55 portatori di queste protesi su 191 malati. Una mortalità del 25 % su una media (per altre valvole) dell'8,9 %.Secondo quanto accertato dagli inquirenti, anche su dichiarazioni degli imprenditori coinvolti come il padovano Alberto Sartori, su queste valvole sarebbero state pagate tangenti un tanto al pezzo: 500 euro.
La vicenda riguarda l'Ospedale "Le Molinette" di Torino e il policlinico Universitario di Padova e tre luminari della cardiochirurgia i piemontesi Michele Di Summa e Giuseppe Poletti e il padovano Guido Casarotto. I primi due hanno ammesso la "dazione", come si dice da Tangentopoli in poi, il terzo no. Fatta salva, ovviamente, la presunzione di innocenza, questo è un caso di malasanità. Intanto perché c'è andata di mezzo effettivamente la salute di qualcuno, secondariamente perché qui entra davvero in gioco il sistema sanitario nel suo complesso. Qualche controllo è saltato: in base a quali criteri si sceglie un dispositivo o un'apparecchiatura? Decide tutto il primario? Ma ancora prima, come accade che si importino dispositivi con un tasso di difetti così elevato?

E potevano mancare i farmaci?

Il terzo scandalo del momento è quello che ha coinvolto la Glaxo Smithkline, colosso mondiale del farmaco che, in Italia, ha sede a Verona. Ma prima di puntare il dito, va detto che i comportamenti che secondo la procura di Verona hanno rilevanza penale non sono né una novità né un'esclusiva di questa azienda. Corrompere o "fare regali" ai medici perché prescrivano (nel caso di medici di famiglia) o facciano acquistare farmaci da strutture sanitarie (nel caso degli ospedalieri) è un comportamento ben noto che si chiama comparaggio e presenta molte varianti: dagli omaggi personali (aggeggi tecnologici, penne stilografiche eccetera) fino ai viaggi vacanza con la scusa dei congressi e agli assegni veri e propri.

L'Italia non è un'eccezione

Il detto "mal comune mezzo gaudio" è sostanzialmente una sciocchezza. Però è il caso di guardare anche che cosa accade fuori dai confini. Alla fine dello scorso gennaio, in Olanda, è stata denunciato all'associazione che raggruppa le compagnie assicuratrici, un giro di truffe ordite da medici, paramedici e pazienti ai danni delle compagnie. Dichiarazioni di interventi mai effettuati, fatture false rimborsate e così via. Un "giro" stimato tra 200 milioni e 4 miliardi di euro. Gli assicuratori olandesi hanno dato qualche dettaglio in più: per esempio i più disinvolti sarebbero paramedici e terapeuti alternativi (il 17% avrebbe commesso reati di questo tipo), seguita da farmacisti e specialisti (10%) mentre i meno coinvolti sarebbero i medici di famiglia (5%). E i pazienti? Il 6% fa la cresta. Quali probabilità ha l'assicuratore di scoprire l'illecito? Il 5% se si tratta di medici o paramedici, il 6% se la frode è iniziativa del paziente. Il sistema olandese è completamente diverso da quello italiano, non ci sono ASL né sistemi di controllo pubblici analoghi. Eppure anche organizzazioni private come le assicurazioni qualche problema a far andare tutto per il suo verso ce l'hanno.

Non è tutto così semplice

Che cosa se ne deduce? Intanto se esistono corruttori esistono corrotti, quindi difficile dire che è colpa delle aziende o dei medici tout court. E poi non tutte le aziende e non tutti i medici hanno fortunatamente gli stessi comportamenti e tutto sommato ad avere comportamenti più sani sono la maggioranza, visto che malgrado tutto l'Italia non spende certo uno sproposito nella Sanità, almeno rispetto ai risultati che ottiene e alla spesa del resto dell'Unione Europea.
Ci sono anche condizioni strutturali, però, che favoriscono il ricorso al comparaggio o alla facilitazione dei contratti. Per esempio, partendo dai farmaci, è chiaro che ci sono buoni motivi per consentire la registrazione e la vendita di farmaci sostanzialmente uguali (i cosiddetti prodotti fotocopia o "me too"). Se si è in un sistema libero, in teoria è arduo impedire la commercializzazione di un prodotto per così dire inutile perché analogo a quanto c'è già. Anche perché l'esperienza della Francia prova che avere molti farmaci fotocopia (non i generici, che sono altra cosa) consente di abbassare i prezzi, anche se poi si verificano altri "effetti collaterali".
Ma non ci sono soltanto i prodotti fotocopia c'è anche il co-marketing. Questa è la pratica per cui la ditta che ha messo a punto il tale farmaco lo concede in licenza anche a un'altra ditta, quindi lo commercializzano insieme. Due scatole, due etichette, la stessa identica medicina. Perché tra due farmaci uguali o molto molto simili si dovrebbe prescrivere questo o quello? E' qui che interviene la promozione che a volte è trasparente (pubblicità e informazione) e a volte meno.
Si tenga presente che il fatto che si paghino bustarelle non significa che il farmaco (o il dispositivo) in sé non sia efficace o sicuro. Restando al caso delle valvole cardiache è stato scoperto che si pagavano tangenti anche per far acquistare prodotti assolutamente validi e affidabili. E non è nemmeno detto che vengano prescritti a capocchia.

C'è anche una promozione positiva

Peraltro le attività di promozione delle aziende, che si tratti di farmaci o tecnologie poco cambia, hanno anche un ruolo positivo: molti congressi, quelli veri, si tengono perché ci sono sponsorizzazioni e le riviste più autorevoli e prestigiose si stampano anche perché esiste la pubblicità. Dopo le ultime vicende, Farmindustria (l'associazione delle aziende del settore) ha deciso di sospendere tutte le forme di sponsorizzazione, limitandosi alla visita degli informatori scientifici, alla consegna del materiale informativo e dei campioni omaggio. In attesa, è stato detto, che venga approvata una regolamentazione chiara di che cosa si può e non si può fare.
La cosa non ha mancato di lasciare scettico sia il Ministro della Salute, che ha giudicato eccessiva la decisione, sia alcuni esponenti della ricerca medica. Per esempio, l'immunologo Fernando Aiuti, presidente dell'ANLAIDS ha dichiarato: "Sono d'accordo con il ministro Sirchia quando afferma che la presa di posizione della Farmindustria, nei confronti dei Congressi medici, è eccessiva e inutile: questo perché non si fa una distinzione fra i Congressi di alto valore scientifico e quelli solo promozionali. Tuttavia" ha aggiunto "queste reazioni sono comprensibili quando da parte delle Istituzioni non si fanno dei distinguo. L'intera comunità scientifica, la maggioranza dei medici e le Associazioni sono state umiliate e penalizzate da questa vicenda".
Il punto è, ha sostenuto il Ministro in televisione, che nel settore farmaceutico si investe in promozione il 20-30% del fatturato, il che è troppo. Bisogna vedere dove va questo 30%: se va in gadget è un delirio, se si traduce in altro, come il sostegno ai congressi con valore scientifico la situazione cambia. Fermo restando che non sembrano abbondare i finanziamenti pubblici all'attività di ricerca e di formazione...

Un mercato molto particolare

I meccanismi di controllo che valgono in altri settori in sanità sono difficili da instaurare. Per esempio, se il medico fosse incentivato a risparmiare, probabilmente prescriverebbe con più oculatezza. Però questa soluzione, che in qualche caso è stata applicata anche in Italia a titolo sperimentale, per ora è decollata soltanto in Gran Bretagna. Poi si potrebbe vincolare la registrazione di nuovi farmaci al fatto che questi si dimostrino effettivamente superiori a quelli esistenti per quella particolare patologia: perché sono più efficaci, o meglio tollerati o magari uguali ma meno costosi. E' quanto viene avanzato anche dalla proposta del Parlamento Europeo per modificare le norme di registrazione, come illustrato anche dal farmacologo Silvio Garattini in un editoriale di Lancet. Detto questo, comunque, c'è da chiedersi se sia la sanità italiana, intesa in senso ampio, a essere disfunzionale o se non sia un po' tutto il Paese a non essere uscito dall'era Tangentopoli.

Maurizio Imperiali



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