Ricerca italiana da salvare

19 maggio 2006
Aggiornamenti e focus

Ricerca italiana da salvare



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A segnalare la notizia è stato Beppe Grillo nel suo rinomato blog. Una rivista scientifica internazionale come Nature ha pubblicato un articolo sullo stato della ricerca scientifica in Italia. La situazione è tutt'altro che brillante. L'Italia investe la metà rispetto alle altre nazioni europee nella ricerca e sviluppo, e quello che investe lo indirizza alla ricerca applicata di immediato utilizzo da parte delle aziende. Il centrosinistra deve riuscire a convincere gli scienziati delusi che le cose possono cambiare. Nature illustra come.

L'editoriale di Nature


"Se voi aveste un bonus di 400 milioni di euro all'anno per cinque anni per risollevare le sorti della ricerca italiana e da collocare nei primi 100 giorni di governo, che cosa ne fareste?", sarebbe questa la domanda rivolta dal leader del centrosinistra a una ventina di scienziati presentatisi alla fabbrica del programma a Bologna. La risposta? Innanzitutto, hanno detto gli scienziati, raddoppieremmo il numero dei ricercatori. Il primo problema all'ordine del giorno, infatti, è proprio numerico, visto che la forza ricerca è dimezzata rispetto a quella degli altri paesi industrializzati. Ma la lista dei problemi è più lunga e va dall'incompetenza burocratica alla scarsità di soldi e di meritocrazia. In una situazione definita dal nobel Carlo Rubbia di caos sperimentale, gli scienziati chiamati a consulto dall'Unione hanno redatto un documento sottoposto al centrosinistra. Il primo punto, sottolinea Luciano Modica, della Conferenza Italiana dei Rettori universitari, auspica un'autorità indipendente che valuti le ricerche fatte negli istituti di ricerca e nelle università pubbliche. Il governo uscente, infatti, dicono i ricercatori per altro non affiliati ad alcun partito, ha ridotto i fondi per la ricerca di base e li ha destinati alla ricerca applicata. Il timore è che si possa ripetere l'errore. Nonostante queste premesse, la ricerca italiana sta dando buoni frutti, se si pensa che quanto a numero e impatto delle pubblicazioni siamo al settimo posto nel novero delle 140 nazioni che pubblicano di più. Anche se i maligni sostengono che manchino i dati più recenti. Ma più soldi alla ricerca non può bastare e non può essere l'unica risposta. Anche perché, come puntualizza Filippo Andreatta, uno dei principali consulenti del Professore, i soldi non sono poi molti in una fase storica di recessione. Diventa importante, così, come vengono ripartiti. E diventa importante che ci sia competizione nei lavori di ricerca e nelle sovvenzioni. I primi tentativi effettuati dal governo Prodi del 1996 non sono stati portati a termine e il risultato è stata un'incertezza legislativa generalizzata e meno programmi di ricerca lanciati. Il sistema dei concorsi italiani, peraltro, viene definito da Nature incomprensibile. Un altro aspetto su cui l'articolo della rivista pone l'accento riguarda l'enfasi posta con i suoi provvedimenti dalla coalizione di centrodestra sulla ricerca applicata di immediato utilizzo da parte delle aziende. E' cambiata in questa direzione, per esempio, la funzione del CNR. Anche se Fabio Pistella, nominato dal Governo presidente del CNR nel luglio del 2004, afferma che questa focalizzazione deve continuare: "L'industria italiana investe poco nella ricerca e la missione del CNR è di colmare questa distanza. Le pubblicazioni scientifiche non sono l'unica misura di successo di una buona organizzazione di ricerca". Un ultimo aspetto messo in rilievo dall'editoriale è la modalità discutibile di distribuzione dei fondi, che vengono prosciugati molto rapidamente. Le grane peraltro nel campo della ricerca scientifica non mancano anche sul fronte dell'Unione. Basti pensare alla questione della fecondazione assistita, rispetto alla quale la comunità scientifica auspicherebbe leggi più liberali e sulla quale il Centrosinistra è apparso alquanto diviso. Ma un passo avanti almeno è stato fatto, sono stati consultati gli scienziati. Servirà a qualcosa?

Marco Malagutti



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