Dimagrire in squadra

21 marzo 2008
Aggiornamenti e focus

Dimagrire in squadra



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Mettere a dieta un bambino sovrappeso non è un'impresa facile: significa privarlo di dolci, merendine, snack fuori pasto e inserirlo in un programma di attività fisica rischia di diventare una costrizione noiosa e coercitiva. Per questo motivo esistono approcci clinici multidisciplinari per il trattamento dell'obesità infantile che, però, impegnano molte risorse, si possono rivolgere a un numero limitato di bambini e non sono disponibili in modo omogeneo su tutto il territorio. Dal momento che il fenomeno da anni è in crescita, gli esperti in materia stanno sperimentando altri metodi per ottenere risultati su più larga scala in modo da ottimizzare i costi a fronte di una maggiore efficacia. E, dal momento che, è stato dimostrato che non sono tanto la merendina o il fuoripasto a contribuire al sovrappeso, ma l'inattività (spesso di fronte a un monitor), lo sport, e le attività fisiche in generale, acquistano un ruolo principe per il raggiungimento di un peso forma e meritano maggiori attenzioni e approfondimenti.

Proposte di gioco


E' stato, per esempio, notato che i bambini che prendono parte a giochi di squadra tendono a essere fisicamente più in forma e sviluppano maggiore interesse nelle attività sportive, anche negli anni successivi, rispetto ai coetanei che non hanno praticato questo tipo di gioco. Quello degli sport di squadra è un ambito dell'educazione motoria infantile poco esplorato dal punto di vista scientifico, vale a dire che non ci sono studi e dati che possano sostenere che abbiano un effetto positivo sul controllo del peso. Uno dei pochi è stato realizzato in Georgia, a Stanford, lo Stanford sports to prevente obesity randomized Trial, il cui acronimo è appunto SPORT, su un campione di bambini dei due sessi di circa 10 anni, molto piccolo (n=21) e selezionato presso l'ambulatorio del medico di base, secondo criteri di sovrappeso e di basso reddito familiare. Il tipo di approccio proposto era già nelle premesse promettente, al di là del fatto che il gioco proposto, senza nessun dubbio sull'indice di gradimento, era il calcio. Far parte di una squadra, avere un allenatore da cui ricevere sostegno, esempio e amicizia, avere la possibilità di dimostrare le proprie capacità di fronte ad amici e genitori sono i presupposti per divertimento, motivazione e quindi anche partecipazione e interesse. Inoltre, per superare la barriera di imbarazzo, che spesso i bambini in sovrappeso o obesi incontrano in questi luoghi di aggregazione, si è pensato di dedicare lo studio e il gioco di squadra solo a bambini con indice di massa corporea (IMC) elevato. Dei 21 bambini selezionati circa metà è stata avviata all'allenamento calcistico, con un programma che li teneva impegnati circa due ore e un quarto per tre-quattro pomeriggi alla settimana, inizialmente con i compiti a casa e poi con 75 minuti circa di attività fisica. L'altra metà seguiva un programma di educazione, dopo la scuola, considerato un "placebo attivo", che consisteva in 25 incontri di educazione alla salute e all'alimentazione.

Motivati e alleggeriti


Gli effetti benefici non si sono fatti attendere ed erano già rilevabili a tre mesi e poi a sei mesi, più o meno, per tutti i parametri considerati, in tutto il campione: indice di massa corporea, attività fisica quotidiana totale, moderata e intensa, quantità di ore passate davanti al monitor, sintomi depressivi, autostima. Maggiori differenze tra il prima e dopo le si riscontravano per lo più nel gruppo avviato all'allenamento di calcio: tutti e nove i bambini avevano l'IMC più basso dopo tre e sei mesi di gioco di squadra, solo cinque su dodici nel gruppo del "placebo attivo". Ma c'è da aggiungere che l'effetto era più marcato nei bambini che inizialmente avevano un IMC più basso. Ma al di là dell'efficacia delle iniziative proposte, il dato importante era anche l'adesione e l'assiduità con cui i bambini hanno preso parte ad attività, contestualizzate agli impegni scolastici, che hanno reso più accessibili i programmi rispetto a quelli proposti negli ambulatori e nei servizi sanitari. Di proposito non sono stati inseriti argomenti legati alla nutrizione nel programma sportivo proprio per verificare l'effetto isolato dell'attività fisica ed è stato notato che le conversazioni su scelte sane per cibo e bevande nascevano spontaneamente. E ciò accadeva in totale assenza di snack o merendine proposte prima o dopo l'allenamento, proprio per evitare di associare l'attività fisica alla possibilità di bere o mangiare qualcosa, iniziativa che non ha affatto scoraggiato o demotivato i giovani partecipanti. E non deve nemmeno stupire che anche nel gruppo controllo si siano visti dei risultati: forse a non intervenire per nulla la differenza sarebbe stata più netta, il che conferma che sui bambini in sovrappeso basta intervenire nel contesto idoneo con proposte ludiche e di socializzazione, evitando di stigmatizzare, per ottenere adesione e benefici.

Simona Zazzetta



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