Il calcio dà alla testa

23 giugno 2006
Aggiornamenti e focus

Il calcio dà alla testa



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Non è un caso se la federazione calcistica olandese ha recentemente vietato i colpi di testa ai calciatori in erba nel timore che le concussioni ripetute determinino danni cerebrali a lungo termine. Una ricerca pubblicata questa settimana sul New York Times, infatti, sostiene che questo tipo di danni siano quelli che più facilmente hanno esiti mortali tra gli sportivi. Un dato di cui molti, allenatori e giocatori, non sono del tutto consapevoli. Il problema riguarda in particolare i giovani sportivi, più vulnerabili ai danni cerebrali e quindi più bisognosi di tutela. Ma innanzitutto l'editoriale statunitense sgombra il campo da alcuni equivoci ricorrenti.

Gli equivoci abbondano


Un aspetto innanzitutto. Non è vero che la concussione è tale solo se porta a perdita di coscienza. Esistono - puntualizza l'articolo - tre gradi di concussione dei quali solo il più grave comporta perdita di coscienza per secondi, minuti o anche più tempo. Tutti e tre i livelli sono, invece, caratterizzati da danno alla testa con gonfiore e aumentata pressione al cranio. Il primo grado di concussione si manifesta con soggetto cosciente ma momentaneamente confuso e non in grado di pensare in modo fluido nonché di seguire direzioni di marcia precise. Sintomi che scompaiono nel giro di 15 minuti al massimo. Nel secondo grado il "concusso" rimane ugualmente cosciente e con molti sintomi in comune col primo caso, ma anche complessiva incapacità a ricordare cosa sia successo subito prima o subito dopo l'impatto. I sintomi vanno oltre il quarto d'ora in questo caso. L'unica situazione in cui ci sia incoscienza è il terzo grado in cui la vittima non è in grado di rispondere ne a stimoli sonori ne luminosi. Ma gli errori e i fraintendimenti non finiscono qui. Molto spesso - continua l'editoriale - si fa affidamento su quello che riportano gli atleti sulle loro condizioni per decidere se riprendere o meno l'attività. Niente di più sbagliato. La maggior parte delle volte a domande su mal di testa, nausea o vertigini gli atleti rispondono negativamente, ma questo solo per l'innata competitività e il desiderio di continuare la gara. E gli allenatori non sono di grande aiuto. Ma i neurologi sostengono che non ci si possa fidare delle asserzioni dei calciatori. Bisogna aumentare la consapevolezza nei rischi che si possono correre dopo un impatto violento con la testa. Per questo è stato realizzato un elenco dei sintomi che devono far aumentare l'allarme.

Il catalogo dei sintomi


A prescindere dalla perdita o meno di conoscenza i problemi determinati da una concussione possono essere:
  • sguardo fisso o espressione confusa;
  • incapacità a svolgere normali attività;
  • disorientamento di tempo e luogo;
  • camminata o corsa nella direzione sbagliata;
  • inconsapevolezza sia della data sia del luogo in cui l'atleta si trova;
  • difficoltà a dire frasi di senso compiuto;
  • mancanza di coordinazione nel camminare;
  • spiccata emotività con pianto facile;
  • difficoltà di memoria.
Qualsiasi atleta con sospetta lesione cerebrale deve essere attentamente monitorato per le successive 24 ore. Non solo. Durante il sonno il soggetto dovrebbe essere svegliato ogni due ore per verificare la sua capacità di orientamento tempo-spaziale. Come ti chiami? Quanti anni hai? Sono esempi di domande. Tra i sintomi più seri della concussione c'è la difficoltà nel risveglio, convulsioni, attacchi di vomito ripetuto e forte mal di testa o di collo oltre a debolezza diffusa, sibili nelle orecchie e visione appannata. Se si tratta di una concussione di primo grado il giocatore può riprendere l'attività agonistica dopo 30 minuti. Ma già se si passa al secondo grado è fondamentale l'uscita dal campo di gioco nonché l'attento esame medico. L'assenza dal campo deve durare per almeno una settimana senza sintomi. Se poi sopravvenisse lo stato di incoscienza anche per pochi secondi il ricovero al pronto soccorso per accertamenti neurologici è indispensabile. Se lo stato di incoscienza, infine, si protraesse per oltre qualche secondo l'assenza va da due settimane a un mese dalla scomparsa dei sintomi. Esiste, infatti, il rischio di un nuovo evento traumatico che potrebbe avere conseguenze più gravi. Alcuni studi hanno dimostrato che il 25% degli atleti con 3 concussioni, il 33% di quelli con 4 e il 40% di quelli con 5 hanno persistenti anomalie nei test neurologici. Come a dire che al terzo trauma di questo tipo forse sarebbe meglio cambiare sport, qualcosa tipo gli scacchi potrebbe essere l'ideale.

Marco Malagutti



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