L'acqua intossica

20 aprile 2005
Aggiornamenti e focus

L'acqua intossica



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Bere la massima quantità d'acqua che possa essere tollerata. Questo è stato per lungo tempo l'imperativo per molti atleti, maratoneti in particolare, invitati dalle linee guida a bere più del necessario. Poi i primi casi di encefalopatia iponatremica, evoluzione patologica a livello cerebrale dell'iponatriemia, la condizione nella quale manca sodio all'organismo, hanno portato a riconsiderare la raccomandazione. Oggi un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine arriva alla conclusione opposta: bere troppo durante un intenso esercizio fisico mette a rischio la salute.

Ascoltare la sete


La maratona, va detto, resta uno sport sicuro, e il dato di meno di un evento mortale su 50000 partecipanti è lì a confermarlo. Ma i primi due casi di iponatriemia verificatisi nel 1981, durante una maratona estrema svoltasi in Sudafrica della durata di ben 90 km, ha portato a un dibattito sempre più acceso sull'argomento e a una produzione sempre più fitta di letteratura negli ultimi vent'anni. Ma qual è il problema? E' la cosiddetta intossicazione da acqua. Una sua eccessiva assunzione, infatti, soprattutto se accompagnata a una forte alterazione del contenuto di sali dell'organismo, può essere "tossica". Un pericolo in particolare per i maratoneti che, si sa, perdono ingenti quantità di acqua e di sali. La reintegrazione abbondante della prima e la carenza dei secondi determina un forte scompenso nell'equilibrio idro-salino che sta alla base dell'intossicazione. Un problema che, secondo lo studio del New England, riguarda in particolare chi fa sport dilettantistico, un caso su 10, che magari nel weekend decide di strafare con la corsa. I sintomi, che si manifestano in modo particolarmente grave negli sportivi per hobby, sono confusione, agitazione, letargia, abbassamento della temperatura corporea, nausea, crampi e riflessi alterati. Il pericolo è serio, perché in certi casi il disturbo può portare a coma e morte. Lo studio, condotto dalla Harvard University di Boston, ha riguardato 488 corridori non professionisti che hanno partecipato alla maratona di Boston. A questi, i più lenti tendenzialmente e quindi con più tempo a disposizione per bere, sono stati misurati i fluidi ingeriti, l'urina prodotta, il peso prima e dopo la gara e le concentrazioni di sodio nel sangue al termine della competizione. La situazione è diversa per gli agonisti. Questi, infatti, si fermano e bevono più di rado, quindi sono meno esposti al rischio di diluire troppo i liquidi presenti nell'organismo. L'analisi ha indicato che l'iponatremia (135 millimoli di sodio per litro) si era sviluppata nel 13% del campione ed era grave (120 millimoli di sodio per litro, al di sotto di questa soglia può essere fatale) nello 0,6% dei casi. Inoltre ulteriori calcoli hanno indicato che il rischio era quattro volte più alto per i corridori che avevano guadagnato peso durante la gara e sette volte più alto quando la durata della corsa superava le quattro ore. Una conferma scientifica definitiva alle nuove linee guida della Federazione statunitense di atletica leggera, la Track and Field, che raccomandano di bere a seconda delle proprie personali sensazioni di sete. Non di più.

Marco Malagutti



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