Erbe allo studio per l'ictus

18 luglio 2003
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Erbe allo studio per l'ictus



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Un gruppo di ricercatori indiani ha effettuato uno studio rigoroso sui possibili effetti della Withania somnifera. La pianta è molto nota in India e le si attribuiscono svariate proprietà, un po' come è successo in occidente con il ginseng. Focalizzandosi sui possibili benefici cerebrali della Withania, gli scienziati hanno voluto verificare se l'estratto della pianta ha un'azione profilattica nei confronti dell'ictus.
L'ipotesi iniziale è questa: somministrando un estratto alcolico della pianta, per un certo periodo di tempo, prima di un evento ischemico, si dovrebbe riuscire a limitare il danno cerebrale conseguente all'ictus.
L'esperimento è stato eseguito su ratti da laboratorio, così suddivisi: un gruppo ha ricevuto l'estratto idroalcolico (per bocca) della pianta per 15 giorni, un altro gruppo lo ha ricevuto per 30 giorni, il gruppo controllo ha ricevuto solo una soluzione idroalcolica. La scelta di somministrare un estratto idroalcolico (soluzione alcolica diluita con acqua) per bocca è importante perché rappresenta la stessa via di assunzione che si avrebbe nell'uomo.
Al termine di questo trattamento profilattico, a tutti gli animali è stata provocata un'ischemia focale, tramite occlusione dell'arteria cerebrale media. In pratica si è riprodotta in laboratorio una delle dinamiche più frequentemente causa di ictus cerebrale nell'uomo.
Dopo 2 ore l'occlusione è stata rimossa per consentire il restaurarsi della perfusione sanguigna in tutti gli animali. Mezz'ora più tardi tutti i ratti sono stati esaminati con una particolare tecnica di imaging: la risonanza magnetica (RMN) quantitativa, capace di evidenziare proprio le aree che hanno subito un danno recente.
A 24 ore di distanza dalla riperfusione, i ratti sono stati sottoposti ad alcuni esercizi per valutare se e quanto le loro capacità motorie erano rimaste compromesse. Infine si è misurato il livello di malondialdeide (MDA) nel cervello di ciascun animale. La MDA è un marker dello stress ossidativo, cioè di quei processi che causano la morte dei neuroni (in questo caso, di altre cellule in altre sedi organiche), perciò i suoi livelli sono molto elevati dove c'è un danno ai tessuti.
Nel gruppo di ratti controllo si è osservato un considerevole deficit motorio e livelli molto elevati di MDA; analoghi risultati nei ratti che avevano ricevuto 15 giorni di terapia con Withania. Gli animali che avevano seguito la profilassi più lunga, invece, non hanno mostrato difficoltà motorie e avevano livelli di MDA inferiori rispetto ai controlli. La differenza tra placebo e Withania per 30 giorni è stata confermata dalla RMN: nei primi la lesione copriva il 30% dell'emisfero cerebrale destro, nei secondi solo il 17%.
I risultati quindi sono positivi, anche se preliminari: occorrono altri studi sugli animali per comprendere quale dose e quale durata del trattamento con estratto di Withania possa indurre dei benefici nell'uomo. Ma prima ancora bisogna assicurarsi che una terapia, più o meno lunga, non sia dannosa nell'uomo e, in particolare, nei soggetti a elevato rischio di ictus, per i quali un'eventuale profilassi sarebbe indicata.
Per ora si può solo concludere che, effettivamente, gli estratti di questa pianta indiana hanno proprietà antiossidanti e che, cosa non da poco, i risultati sono attendibili perché ottenuti con una rigorosa metodologia scientifica.

Elisa Lucchesini



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