Vecchio continente alcolico

09 giugno 2006
Aggiornamenti e focus

Vecchio continente alcolico



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I film americani dove si tiene spesso il bicchiere in mano non devono fuorviare, non è il loro continente bensì l'Europa quello dove si continua a bere di più, e dove l'alcol è oggi il terzo fattore di rischio di morte prematura e disabilità, dopo il fumo e l'ipertensione. Sulla "cultura" del bere molto si è detto, ma l'abuso si espande e aumenta anche dove si era stabilizzato, conquistando sempre più i giovani e le donne, creando problemi sanitari e socio-economici, facendo vittime dell'alcol attivo e passivo. Un rapporto appena diffuso dalla Commissione Europea, che in 400 pagine analizza il peso globale del consumo di bevande alcoliche nel continente, calcola che queste provochino un eccesso di 115.000 morti all'anno; nel complesso sono responsabili del 7,4% di tutte le morti e malattie premature nella UE, e sono implicate nel 25% delle morti tra giovani uomini e nel 10% tra giovani donne. Gli alcol-dipendenti sarebbero circa 23 milioni, ricordando che l'etanolo causa circa 60 condizioni patologiche e traumi accidentali e coinvolge praticamente tutti gli organi e apparati; è responsabile per esempio di 45.000 morti all'anno per cirrosi epatica, 50.000 per tumore, 17.000 per condizioni neuro-psichiatriche, ma vanno considerate anche 27.000 morti per situazioni accidentali, 10.000 per incidenti stradali, 2.000 per omicidi e altro ancora. A chi è vittima dell'alcol passivo, in questo caso bevuto dalle madri, vanno aggiunti 60.000 neonati sottopeso, e poi donne stuprate, famiglie disastrate per abuso alcolico e un elenco ancora lunghissimo di capi d'accusa. Ai quali va affiancato il dato economico, con un costo valutato in qualcosa come 125 miliardi di euro all'anno, circa l'1,3% del Pil della UE, per le conseguenze dell'alcol, sommando malattie, incidenti, crimini, mancata produttività, eccetera.

Il bicchiere attrae sempre più le donne e i giovani


Si capisce dunque la preoccupazione della Commissione, che intende seguire una Strategia europea sull'alcol come azione di supporto a quelle delle singole nazioni e mirata soprattutto ai giovani, come già era stato anticipato il 20 aprile a Roma in un convegno promosso dall'Istituto Superiore di Sanità per la quinta Giornata per la prevenzione dell'alcolismo. Nell'occasione si è ricordato che, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità la mortalità per alcol in Europa è cresciuta del 15% dal 2000 al 2002 e che nella fascia d'età tra 15 e 30 anni più di un terzo del carico di malattia nei maschi e il 14% nelle femmine è dovuto all'alcol; d'altra parte c'è il primato italiano dell'aumento di ragazzi che fanno le prime esperienze con il bicchiere a 11-12 anni, contro una media UE di 14,5 anni. Nel nostro paese, con 36 milioni di consumatori di bevande alcoliche nel 2002, il consumo medio che era calato si è stabilizzato ma con una diminuzione per i vini e i superalcolici e un incremento per la birra e gli aperitivi; nel Nord si beve di più che nel Centro e Sud ed è maggiore la percentuale di chi eccede fino a ubriacarsi, inoltre si beve di più fuori pasto, abitudine questa in generale più frequente negli uomini ma soprattutto in aumento tra i giovani. Altra tendenza preoccupante è il bere al femminile: il 60% delle italiane consuma alcol e il 20% lo fa in eccesso rispetto alle quantità considerate di minor rischio che, va ricordato, sono la metà di quelle maschili, per la diversa struttura corporea e la minore capacità di metabolizzare l'etanolo. Anche in questo caso sono le giovanissime a essere attratte dall'alcol, ma risultano vulnerabili anche le donne intorno ai 40 anni, in età di bilanci personali, familiari e lavorativi che possono spingere a cercare un aiuto nel bicchiere, ed è infatti tra casalinghe e pensionate che si ritrovano poi crescenti livelli di alcoldipendenza.

Elettra Vecchia



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