Embrionali, reale speranza?

25 maggio 2005
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Embrionali, reale speranza?



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"E' possibile stimare, sebbene in via del tutto preliminare, che...l'utilizzo di cellule staminali di varia origine possa portare a sviluppare metodiche cliniche per il trattamento di un numero di pazienti che, comprendendo le patologie di origine cardiovascolare, si avvicina ai 10 milioni di individui". Così si è espressa la commissione di studio nominata dal ministro Veronesi nel 2000 e presieduta dal premio Nobel Renato Dulbecco. A distanza di cinque anni le cose non sono molto cambiate, per lo meno alle nostre latitudini. Anzi. La legge 40 sulla fecondazione assistita, sulla quale è imminente il referendum, vieta l'utilizzo delle cellule staminali embrionali. Un passo che secondo gli oppositori della legge "è una vessazione alla libertà dei ricercatori". D'altro canto, dicono i fautori della 40, al di là delle problematiche etiche, la ricerca sulle cellule staminali embrionali non ha dato alcuna applicazione terapeutica concreta. Non solo. Una volta impiantate nei pazienti potrebbero svilupparsi in modo incontrollato tanto da provocare tumori. Sarebbe meglio privilegiare allora quei filoni di ricerca che già stanno dando da anni risultati e feconde potenzialità terapeutiche: le staminali adulte e quelle fetali, che sono cellule con caratteristiche intermedie e non presentano i rischi neoplastici delle embrionali. Vero? O è vero piuttosto che proprio perché non ci sono certezze scientifiche sulla possibilità di curare malattie con queste cellule, si deve esplorare questa strada di ricerca? Un dubbio che affronta un editoriale del Bmj dal titolo inequivocabile. Staminali: speranza o montatura giornalistica?

Speranza o montatura?


Sebbene il numero di linee cellulari staminali embrionali umane sia aumentato considerevolmente negli ultimi due anni, dice l'editoriale, poche di queste sono state ben caratterizzate e molti ostacoli sono da superare perché siano assicurate sicurezza ed efficacia. Un passo che richiede ulteriori investimenti e ricerche. Le cellule staminali non sono ancora cresciute nelle condizioni che ci si aspetterebbe per qualsiasi prodotto farmaceutico destinato all'uso in vivo. L'uso prematuro della terapia staminale, del resto, potrebbe mettere molti pazienti a rischio di malattie virali o prioniche (mucca pazza per intendersi) finché non verranno messi a punto sistemi per un'appropriata selezione dei donatori e per assicurare la qualità dell'intervento. Oltretutto l'espansione di colture cellulari staminali potrebbe permettere a una singola linea cellulare di essere utilizzata per molte centinaia, se non migliaia, di pazienti, amplificando così i rischi di trasmissioni infettive. E si tratta di un fenomeno raro ma ben documentato. La situazione però, per lo meno nel Regno Unito sembra sulla via del cambiamento. Sono state approntate, infatti, linee guida che aderiscono alle direttive UE sull'argomento. Direttive che prevedono la selezione dei donatori, test e l'approvvigionamento del materiale di partenza delle linee cellulari, e ancora il tracciamento delle cellule dal donatore al ricevente, l'utilizzo di uno specifica codificazione e il report di eventuali effetti avversi. La "sorgente" del materiale dovrebbe essere tracciabile anche se anonima al punto di produzione. Quindi i potenziali donatori di componenti sanguigni devono fornire le loro storie mediche e i campioni di sangue devono essere testati rigorosamente. L'impulso, anche commerciale, perciò, a essere i primi a garantire le linee cellulari utilizzabili in terapia - osservano in conclusione i ricercatori - potrebbe compromettere la sicurezza per i riceventi e potrebbe condurre questa tecnologia verso derive di ciarlataneria. Esistono del resto paesi come la Russia o l'India dove sempre più cliniche offrono cure staminali per la cura di ogni sorta di malattia. E l'urgenza di cura non è una scusa per una cattiva scienza. Esperimenti animali dovrebbero, perciò, essere condotti per capire ulteriormente l'integrazione delle cellule trapiantate nell'ospite e i rischi di neoplasia che possono sorgere. La terapia staminale ha, così, bisogno di essere "nutrita" in modo sicuro e metodico per garantire reale beneficio ai pazienti in futuro. E le pressioni commerciali non devono avere il sopravvento.

Marco Malagutti



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