Se il dolore diventa malattia

09 maggio 2008
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Se il dolore diventa malattia



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Frequenza cardiaca regolare, pressione sanguigna, minima e massima, entro i range di normalità, e temperatura corporea fisiologica non bastano per definire vitale un paziente, è stato aggiunto un quinto elemento: il dolore, la cui rilevazione ha assunto pari dignità rispetto alle altre. Lo ha voluto l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la Commission on Accreditation of Healthcare Organizations (JCAHO) che si occupa del miglioramento della qualità e della sicurezza nei servizi sanitari, lo ha recepito l'Italia nelle linee guida dell'Ospedale senza dolore pubblicate in Gazzetta Ufficiale nel giugno del 2001.

Troppi costi se non si investe

Ma senza molte ricadute, per lo meno in Italia, nell'organizzazione dell'offerta assistenziale coperta dal servizio sanitario. Un ritardo facilmente misurabile tramite il consumo di morfina, indicatore utilizzato dall'OMS per stimare l'efficacia del controllo del dolore. Rispetto ai paesi dell'Unione europea, è penultima nell'impiego di oppiacei, secondo i dati relativi al 2006 diffusi dall'OSMED (Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali) si spende, all'anno, 5 volte di più per i farmaci antinfiammatori che per gli oppiacei deboli o forti. Eppure il dolore, in particolare quello cronico, ha un impatto economico tutt'altro che trascurabile, può ostacolare e impedire le normali attività quotidiane, determinando così degli elevatissimi costi sociali diretti e indiretti, che incidono su più livelli del sistema socio-economico del paese. Si calcola che la spesa annua per il controllo del dolore cronico raggiunge una stima di 18,72 miliardi di euro. "Si parla di un costo finanziario complessivo paragonabile, se non addirittura superiore, a quello sostenuto per le patologie cardiovascolari e neoplastiche, con un'incidenza che arriva a sfiorare, in alcuni paesi occidentali, anche l'1,7% del PIL. Un dato allarmante" spiega Paolo Notaro, presidente dell'Associazione NOPAIN, neonata onlus con l'obiettivo di sensibilizzare il pubblico sul tema, e di operare un cambiamento culturale nei confronti del dolore e della sua cura.

Una cultura che cura il dolore

Questo accade perchè quasi il 20% dei cittadini italiani, cioè oltre 15 milioni di persone, soffre, in alcuni casi per lunghi periodi della vita, di sindromi dolorose conseguenti patologie croniche degenerative non neoplastiche. La percentuale di prevalenza epidemiologica coinvolge circa il 40% delle persone dopo i 65 anni, destinata ad aumentare, e già in aumento, a causa dell'invecchiamento della società, ma per ora i centri dedicati al dolore cronico, che svolgono attività ambulatoriali, degenza e day surgery, sono circa 3,9 ogni milione di abitante. In Inghilterra sono 16 centri per milione di abitanti. Questo denota, secondo gli esperti, di una scarsa percezione del valore del controllo del dolore in termini qualitativi e quantitativi, ma anche del valore delle risposte terapeutiche e organizzative. Infatti, mentre la medicina e l'organizzazione assistenziale risolvono, e anche molto bene, l'evento acuto e il dolore associato se si instaurano delle cronicità associate al dolore iniziano a scarseggiare percorsi terapeutici e riferimenti specialistici, un aspetto che crea costi maggiori proprio perchè genera dispersione di risorse. Le patologie, che più frequentemente possono sviluppare sindromi dolorose croniche, sono nel 75% dei casi patologie degenerative benigne non neoplastiche, contrariamente a quanto si pensa, come artrite reumatoide, lombalgie primarie, neuropatia post erpetica e diabetica, cefalea, angina pectoris e dolore vascolare. Il dolore in sé rappresenta un sintomo e ha una finalità funzionale ben precisa: la difesa dell'integrità dell'organismo. Ma quando cronicizza assume le caratteristiche di una malattia, al punto che può essere definita una vera e proprio malattia. Con tutto ciò che ne consegue in termini terapeutici, assistenziali e culturali.

Simona Zazzetta

Fonti
  • Conferenza stampa: Curare la Malattia Dolore. Sostenibilità ed aspetti economici, sociali, epidemiologici e di governo manageriale per le patologie croniche. Milano 7 maggio 2008
  • L'AIL - Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma



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