Reflusso da rivedere

20 giugno 2008
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Reflusso da rivedere



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Il passaggio di materiale dallo stomaco all'esofago è fisiologico, diventa patologico quando dura troppo e il materiale gastrico rimane più a lungo a contatto con l'esofago.
Le cause non sono note o per lo meno non esistono studi statistici a riprova, ma un regime alimentare ricco di grassi, l'obesità, pasti consumati in fretta, ritardo nello svuotamento gastrico, posture errate nella fase postprandiale sono fattori che facilitano l'insorgenza di una cattiva digestione che può evolversi in malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).
A livello fisiologico si assiste a un'alterata peristalsi, che non facilita il ritorno del materiale gastrico verso lo stomaco, e una dismotilità che riduce la capacità dello sfintere esofageo, la valvola che separa lo stomaco dall'esofago di resistere alla pressione gastrica e quindi mantenersi chiuso.

Fastidiosi sintomi


La MRGE include un complesso di sintomi dovuti proprio al fenomeno del reflusso, cioè il passaggio persistente di una parte del contenuto gastrico in esofago, con conseguente azione irritativa sulla sua mucosa. Il quadro clinico della MRGE è costituito da sintomi tipici altamente specifici (la pirosi retrosternale e il rigurgito) e da sintomi cosiddetti atipici che possano riguardare sia l'esofago (dolore toracico non-cardiaco) che il distretto oro-faringeo (disfagia, raucedine) e le vie aeree (tosse secca, crisi asmatiche).
Il prof. Vincenzo Savarino, Ordinario di Gastroenterologia dell'Università di Genova, intervenuto a una recente conferenza, ha indicato, come dato interessante e inatteso, "che solo il 35% dei pazienti con MRGE presenta un'esofagite (infiammazione piuù o meno grave della mucosa dell'esofago), un 5% ha MRGE con complicanze, mentre il 60% presenta il disturbo ma in forma non erosiva (non erosive reflux disease - NERD) condizione morbosa cronica recidivante con sintomi da reflusso gastroesofageo in assenza di lesioni mucose esofagee visibili all'esame endoscopico, che però determina un peggioramento della qualità della vita".
La NERD rappresenta quindi la condizione più comune di tutte le forme di reflusso gastroesofageo, e i pazienti riscontrano recidive dei sintomi nell'80% dei casi, mentre per chi ha endoscopia positiva, cioè esofagite o altre lesioni, la percentuale raggiunge il 95% circa, ma la gravità dei sintomi non varia nei pazienti con esofagite e senza.
L'incremento della severità dei sintomi ha un impatto negativo sulla qualità della vita, il più diffuso tra questi, il bruciore retrosternale è avvertito nelle ore notturne dal 79% dei pazienti intervistati nel 2000, nel 65% sia di giorno sia di notte, e in più del 60% causa veri e propri disturbi del sonno. Tutto ciò influisce sul benessere generale del paziente, sulle attività sociali, sull'efficienza quotidiana anche lavorativa, e infine anche sul sonno del coniuge indubbiamente coinvolto dal disturbo. Si perde inoltre la libertà di bere e mangiare ciò che si vuole, e di dormire bene e quando si ha voglia.
La MRGE presenta un'evoluzione clinica: il fisiologico reflusso può dare origine ai sintomi, tipici o atipici della malattia, può derivarne successivamente l'esofagite a cui possono fare seguito le complicanze. L'esofago di Barrett è una di queste: l'epitelio esofageo in risposta ai continui insulti degli acidi gastrici si modifica in epitelio gastrico più resistente e infine in epitelio intestinale. E' una lesione potenzialmente precancerosa che quindi può evolversi in adenocarcinoma, una neoplasia in aumento con una bassissima percentuale, 10-15%, di sopravvivenza a 5 anni.

Diagnosi non sempre immediata


La manifestazione di sintomi atipici, come il dolore al torace, il dolore epigastrico e la nausea, spinge i pazienti verso specialisti diversi. Anche i sintomi extraesofagei, a livello faringeo e laringeo (raucedine, laringite, irritazione corde vocali), polmonare (tosse cronica, asma) e i disturbi del sonno, muovono i sospetti verso altre patologie.
Il 50% dei pazienti con dolore al torace, non di origine cardiaca, il 78% di quelli con raucedine cronica e l'82% di quelli con asma di origine non allergica risulta avere disturbi da reflusso acido.
L'indagine endoscopica diagnostica con certezza l'esofagite. In base a una classificazione, che considera l'ampiezza delle lesioni della mucosa, si misura il grado (A, B, C, D) della patologia.
Un altro esame efficace è la pH-metria (esame dei valori di acidità dell'esofago): eseguita in caso di bruciore retrosternale evidenzia nel 50-70% dei casi un'anormale esposizione all'acido, anche se nel 30-50% dei casi si tratta di un'esposizione fisiologica che fa comparire il sintomo in pazienti con esofago ipersensibile che risponde più acutamente alla presenza di acidi.

Una malattia da curare

Gli obiettivi della terapia sono la scomparsa dei sintomi, la guarigione dell'esofagite, la prevenzione delle complicazioni e l'efficienza economica (miglior risultato nel più breve tempo possibile).
Nell'ambito della conferenza, il professor Sergio Vigneri, Associato di Medicina e Chirurgia dell'Università di Palermo, ha designato i due possibili approcci con cui affrontare la terapia farmacologica: il trattamento step-up o step-down. Per ragioni di farmaeconomia, egli sostiene l'approccio step-down, in quanto nel primo caso, per quanto si eviti un sovraccarico di farmaci iniziale (si somministrano farmaci e dosi inizialmente meno forti per poi adeguarsi ai risultati), i costi finali sono più elevati appesantiti anche degli oneri di verifiche diagnostiche; i tempi si allungano a fronte di un risultato incerto.
Nel sistema step-down il farmaco impiegato inizialmente è più potente per poi diminuire dosaggi o frequenza di somministrazione, i costi iniziali sono più elevati ma ammortizzati dalla rapidità di risoluzione dei sintomi e la realizzazione dei risultati, inoltre la eventuale, ma rapida scomparsa dei sintomi si può considerare un test diagnostico per accertare la natura dei sintomi. Gli aspetti negativi dell'approccio sono i potenziali effetti collaterali del trattamento.
I farmaci che attualmente rispondono a questi criteri e anche i più diffusi sono i PPI, gli inibitori della pompa protonica. I risultati ottenuti sul bruciore retrosternale raggiungono il 77% e per la guarigione di esofagite si arriva all'84%.
L'efficacia della terapie è dimostrata da una correlazione lineare tra la percentuale di guarigione e la durata del mantenimento dell'acidità gastrica a pH4.
L'efficacia sui sintomi e sulle lesioni esofagee è del 90%, inoltre nell'80% dei casi previene complicazioni e mantiene i risultati ottenuti.
In caso di sintomi lievi e poco frequenti si consiglia di eseguire terapie sintomatiche all'occorrenza e di ripetere una breve terapia farmacologica. Se i sintomi sono più severi e frequenti e necessario intervenire quotidianamente con i PPI per controllare l'acidità gastrica e se le recidive, di sintomi o di lesioni, sono frequenti o compaiono complicazioni si può ipotizzare di ricorrere alla chirurgia, anche se è la soluzione tra le meno preferite dai chirurghi stessi e quasi mai necessaria.

Simona Zazzetta



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