Cent'anni di buona salute

29 giugno 2007
Aggiornamenti e focus

Cent'anni di buona salute



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Un vecchio spot pubblicitario prometteva a chi beveva birra, che sarebbe campato 100 anni. Nessuno ha mai verificato scientificamente tale affermazione, eppure sono molte le persone che hanno raggiunto la veneranda età, solo a Milano sono 845, più che raddoppiati rispetto ai 322 registrati nel 1992. Un dato che rispecchia l'aumento dell'aspettativa di vita che nel 2005 è arrivata a 77,6 anni per gli uomini e a 83,2 per le donne, ma anche l'aumento dei ricoveri per patologie che hanno un'elevata incidenza nell'anziano. E la birra di certo c'entra poco.

Centenari & figli sotto esame


C'entrano, invece, molti altri fattori fisiologici che in alcuni soggetti si mantengono sani fino a tarda età mentre in altri tendono a deteriorarsi e a diventare patologici molto prima. Con l'obiettivo di chiarire i meccanismi dell'invecchiamento, sta per essere inaugurato a Milano un centro di ricerca, che fa riferimento all'Istituto Auxologico Italiano. All'interno della struttura verranno ospitati pazienti anziani in regime di residenza sanitaria assistenziale (RSA) che potranno ricevere le cure necessarie e accedere a diagnosi strumentali. Ma questa sarà anche l'occasione per raccogliere dati e studiare i singoli casi. Infatti, previo consenso al trattamento dei dati, le cartelle cliniche informatizzate saranno a disposizione dei ricercatori per ottenere informazioni sulle condizioni di salute del paziente e per indagare sul suo passato e sul suo patrimonio genetico e biomolecolare. Tra i vari filoni di ricerca portati avanti dall'Istituto Auxologico, spicca quello sui soggetti centenari, in particolare sui loro figli, una prospettiva in linea con ricerche epidemiologiche su altre popolazioni che suggeriscono una forte componente familiare della longevità. Questi studi dimostrano che genitori, fratelli e figli di centenari (ma non membri della famiglia quali mariti e mogli delle persone longeve che pure hanno condiviso con il partner longevo buona parte della vita adulta) hanno un significativo vantaggio di sopravvivenza, una maggiore probabilità di diventare a loro volta longevi, e un minor rischio di andare incontro alle maggiori malattie associate all'età (cardio- e cerebro-vascolari, diabete e cancro) rispetto ad appropriati gruppi controlli.

Infiammazione e coagulazione, il paradosso


La ricerca, guidata da Daniela Mari, dell'Unità Operativa di Medicina Generale a indirizzo geriatrico IRCCS Istituto Auxologico Italiano, si orienta verso due frontiere: quella dei marcatori e quella della genetica. E' stato dimostrato che i soggetti centenari hanno uno stato fisiologicamente favorevole alla coagulazione (stato pro-coagulativo) che non sembra comportare un aumentato rischio di patologie trombotiche. Un apparente paradosso, per il quale la ricerca vuole studiare i figli dei centenari per stabilire se si tratti di una caratteristica comunque positiva o di un fenomeno legato all'infiammazione e alla longevità estrema, senza apparenti conseguenze patologiche. "Lo stato procoagulativo o protrombotico, evidenziato nei centenari sani da noi studiati - spiega Mari - si suppone sia legato al fatto che molti fattori dell'emostasi sono marker infiammatori (proteine della fase acuta). Parallelamente altri ricercatori hanno trovato un aumento delle citochine proinfiammatorie, ma è stato dimostrato anche un compenso a questo stato infiammatorio nel centenario, determinato dallo sviluppo di una forte ed efficacia risposta antinfiammatoria rapida e superiore a quella che si sviluppa nei soggetti normali. Questo - conclude la ricercatrice - aiuta a spiegare il paradosso dei centenari sani che non hanno manifestazioni cliniche nonostante il loro assetto di laboratorio apparentemente sfavorevole".

Mitocondrio di lunga vita

L'altra corrente di ricerca è quella genetica in particolare sul genoma contenuto nel mitocondrio, un organulo presente nelle cellule animali, e trasmesso alla prole dalla madre. "E' stato osservato - spiega Mari - che il DNA mitocondriale dialoga (talking, termine tecnico anglosassone) con il DNA nucleare e condiziona lo sviluppo e l'espressione di malattie". Per esempio è stato riconosciuto che alcuni polimorfismi presenti sullo stesso cromosoma (aplotipi) del DNA mitocondriale (K e U) interagiscono con i polimorfismi 112 e 158 dell'apolipoproteina (APOE) modulando l'effetto di un allele marker di malattia di Alzheimer sporadica. Più in generale, sono molti gli studi sull'invecchiamento che hanno osservato che il DNA mitocondriale è implicato nella determinazione dell'aspettativa di vita. A questi si aggiungeranno in futuro i risultati ottenuti nell'ambito della ricerca italiana condotta presso le università di Milano, Bologna, Parma, Firenze e Palermo, sulle famiglie di persone centenarie. Le conoscenze in merito permetteranno di migliorare il processo di invecchiamento, perchè le patologie dell'invecchiamento si può tentare di prevenirle, l'invecchiamento no.

Simona Zazzetta



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