Cesareo o naturale: la bilancia non pende

23 dicembre 2004
Aggiornamenti e focus

Cesareo o naturale: la bilancia non pende



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Affidarsi al taglio cesareo per partorire è una scelta che permette di vivere l'evento senza sentire dolore, ma in alcuni casi è una necessità, ed è in continua diminuzione il numero di donne che scelgono il parto vaginale quando per il precedente è stato eseguito il cesareo. Negli Stati Uniti, per esempio, il numero totale di parti cesarei nell'arco di 50 anni è salito dal 4% fino al 26% e, per quanto nel 1980 la National Institutes of Health Consensus Development Task Force abbia incoraggiato il travaglio e il parto naturale anche dopo un primo cesareo, le ostetriche e le pazienti non hanno risposto in modo sollecito. Tant'è che dopo un primo incremento nel 2002 si è registrata una nuova diminuzione. E uno studio pubblicato nel 2001 confermò che tra le donne che avevano avuto un precedente parto cesareo, il tasso di rotture uterine era maggiore rispetto a donne che avevano ripetuto il taglio. Anche in termini di mortalità perinatale le percentuali deponevano a favore del parto chirurgico. Uno studio comparso sul New England ha valutato entrambi gli aspetti dell'esito del parto: sulla madre e sul neonato.

Parti a rischio


Lo studio è stato realizzato, su quattro anni di osservazioni prospettiche, su tutte le donne che, nei 19 centri coinvolti, avevano avuto una gestazione singola e un precedente parto cesareo. Ancora una volta il confronto è stato fatto tra donne che avevano ripetuto la chirurgia per partorire e quelle che invece avevano avuto un travaglio naturale, dopo un precedente taglio cesareo. Gli autori sono riusciti a selezionare 33 mila casi che escludevano gravidanze multiple o prescrizione di cesareo a causa di complicanze gestazionali. Le caratteristiche della popolazione di donne che aveva avuto il travaglio erano piuttosto distintive: avevano maggiori probabilità di aver avuto almeno un altro parto vaginale, con successo, anche se prima avevano fatto il cesareo, i bambini nati erano più piccoli della norma e il parto cesareo era stato un evento unico. Fattori che chiaramente rendevano queste pazienti adatte ad affrontare un parto naturale. Il rischio di rotture uterine in queste pazienti era dello 0,7%, leggermente più alto, ma comunque in linea, con gli studi precedenti. In compenso, nel gruppo della pazienti che ripetevano il cesareo, i rischi di trasfusione e di endometriosi erano ridotti, non c'erano differenze nel rischio di isterectomia ed era minore il pericolo di complicanze materne. Ma i rischi non interessavano solo le neomamme: nel gruppo delle partorienti naturali si erano verificati due decessi fetali, 12 casi di encefalopatia ipossico-ischemica, mentre neanche uno di questi casi aveva interessato l'altro gruppo. Si direbbe quindi che il parto naturale in questo caso comporta rischi di complicanze perinatali ma, facendo un calcolo che combina tutti i dati ne emerge che ripetendo sempre il cesareo si eviterebbe 1 solo evento avverso ogni 588.

Rischio confermato


Si conferma quindi la fondatezza di un rischio associato al parto naturale con travaglio in donne che hanno precedentemente partorito con un taglio cesareo. Un rischio che interessa eventi avversi sia per il neonato sia per la madre, e che, per quanto di dimensioni ridotte, è pur sempre maggiore rispetto a quello che accompagna un parto cesareo ripetuto. Rimane comunque il fatto che la gestante deve ricevere queste informazioni per scegliere consapevolmente il tipo di parto più idoneo e sicuro.

Simona Zazzetta



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