Un trauma chiamato aborto

14 dicembre 2005
Aggiornamenti e focus

Un trauma chiamato aborto



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Sono state 136715 le interruzioni volontarie di gravidanza effettuate nel 2004 in Italia. Una passeggiata? Non proprio. Al di là del trauma fisico, infatti, sono molte e da non sottovalutare anche le conseguenze psicologiche. Di queste si è occupato uno studio norvegese, mettendo a confronto 40 donne che hanno avuto un aborto spontaneo con 80 che, invece, hanno scelto di abortire, la cosiddetta interruzione volontaria di gravidanza. I risultati? Ansia, angoscia, colpa e vergogna sono i sentimenti più spesso evocati.

Lo studio norvegese


Gli studi finora effettuati sull'argomento hanno dato risultati ambigui, ma una cosa li accomuna: l'aborto è un avvenimento violento che lascia i segni di una sindrome post-traumatica. Pochi studi, peraltro, hanno confrontato gli effetti di un aborto spontaneo e di uno indotto. Eppure le differenze sono evidenti. Se nel primo caso si ha a che fare con donne colte di sorpresa, nel secondo si tratta di un evento assolutamente pianificato. Una decisione che viene presa dopo giorni o settimane di riflessioni, cui la paziente dovrebbe arrivare preparata. Ma, vista la delicatezza della questione, non sempre è così, e proprio da come si arriva alla scelta dipendono molte delle conseguenze psicologiche. Lo studio norvegese ha così messo a confronto le due categorie di donne in un arco di tempo di cinque anni. Le donne sono state chiamate a completare questionari a dieci giorni, sei mesi, due anni e cinque anni dall'interruzione della gravidanza. Attraverso i questionari i ricercatori hanno valutato, con apposite scale, l'impatto dell'evento, la qualità della vita e il livello di ansia e depressione, nonché i loro sentimenti rispetto alla gravidanza interrotta. Sulla base delle risposte sono poi state effettuate apposite valutazioni statistiche.

Il tempo non sempre cancella


I risultati parlano chiaro. A dieci giorni dall'evento il 47,5% delle donne che ha abortito spontaneamente, ha sofferto di grossi problemi depressivi, contro il 30% del gruppo abortivo "per scelta". Ma le proporzioni cambiano con il passare del tempo. Per le donne che hanno sofferto un aborto spontaneo, infatti, la percentuale di problemi psicologici va decrescendo fino al 22,5% a sei mesi e al 2,6% a due e cinque anni. Nell'altro gruppo, invece, la percentuale di donne angosciate cresce e, ancora a cinque anni dall'evento, soffre di qualche problema il 20% delle pazienti esaminate. In più, le donne che hanno abortito consapevolmente devono fare uno sforzo, anche trascorsi degli anni, per non pensare all'evento traumatico. Risposte attese, secondo gli osservatori, visto che di stress post-traumatico si tratta. Può sorprendere invece l'andamento inverso nei due gruppi, anche se l'aborto scelto porta con sé risposte più complesse. Entrano in gioco, infatti, anche sentimenti di colpa, per esempio, che nell'altro gruppo ben difficilmente si riscontrano. Sentimenti che spesso si trascinano nel tempo e con cui le donne fanno fatica a convivere, se non adeguatamente aiutate. Eppure, osservano i responsabili dei consultori britannici in contrasto con lo studio, poche donne chiedono aiuto, segno che poche vivono tutti quei problemi a così lungo termine. Al di là dei dubbi quello che è certo è che, comunque avvenga l'aborto, le donne non devono essere lasciate sole e devono ricevere tutte le informazioni del caso, anche sulle risposte psicologiche possibili. Informare può prevenire.

Marco Malagutti



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