La sindrome battuta dal latte

22 giugno 2005
Aggiornamenti e focus

La sindrome battuta dal latte



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La sindrome o tensione premestruale è un disturbo, passeggero fin che si vuole, ma molto diffuso a tutte le età. A volte, si stima dall'8 al 20% delle donne che ne soffrono, può anche diventare un impaccio nelle attività quotidiane e, senza arrivare alle battutacce maschiliste, nelle relazioni interpersonali. Un modo per ridurre i disagi potrebbe venire dalla dieta, o meglio da un corretto apporto di calcio e vitamina D. Per la sindrome premestruale sono state proposte diverse soluzioni non farmacologiche, dai minerali agli estratti di piante medicinali, come l'Oenothera biennis, ma ovviamente non sono mancate nemmeno proposte di farmaci, dagli antidepressivi di ultima generazione ai contraccettivi orali fino a sostanze meno maneggevoli come gli agonisti del GnRH. Questi farmaci hanno risolto la situazione in alcuni casi ma, come sempre con i farmaci, con qualche effetto collaterale e con un costo non sempre trascurabile. Il calcio e la vitamina D non hanno evidentemente questi inconvenienti e già da qualche tempo si sono avuti studi che hanno dimostrato l'efficacia della supplementazione di calcio: per esempio, 248 donne che avevano assunto 1200 mg di calcio al giorno, come supplemento, avevano ottenuto una riduzione del 48% dei sintomi associati alla sindrome. Quindi come terapia, una solida base c'è. E per la prevenzione?

Il calcio funzione, la vitamina anche di più


In effetti il punto è stabilire se un apporto ottimale di questi due elementi possa impedire che si presenti la sindrome. Per scoprirlo, però, l'unico mezzo era rifarsi a uno studio che avesse coinvolto ed esaminato un gran numero di donne. Detto fatto, viene oggi uno studio condotto sul vasto database del Nurse's Health Study 2. In questo ambito sono state identificate 1052 donne cui era stata diagnosticata la sindrome, cercando poi delle persone di controllo con caratteristiche equivalenti in fatto di età, figli, età alla prima mestruazione, età alla prima gravidanza. Dopodiché, per entrambi i gruppi è stato valutato l'introito giornaliero di calcio, sia attraverso gli alimenti sia attraverso supplementi, così come il livello di vitamina D, precedenti all'anno della rilevazione. In effetti, il consumo di calcio evita che la sindrome si presenti, ma non quando si tratta di supplementi: quel che conta è l'apporto dietetico. Le donne con l'apporto più elevato di calcio hanno un rischio di sviluppare il disturbo del 20% inferiore a quello delle donne con l'apporto più basso. Se poi ci si limita al calcio contenuto negli alimenti, il vantaggio aumenta: un 30% di rischio in meno per le donne che ne assumono di più. Lo stesso vale per la vitamina D: le più forti consumatrici di cibi ricchi di questo micronutriente hanno un rischio inferiore del 40%.

Meglio il latte dei supplementi


La situazione cambia ulteriormente se si guarda al consumo di latte, alimento in questi anni abbastanza vituperato per l'apporto di colesterolo, spesso dimenticando che non esiste soltanto il latte intero, e che se di colesterolo si tratta, hanno molto più peso. Nell'indagine, le donne che consumavano almeno quattro razioni di latte al giorno avevano rispetto a quelle che consumavano una soltanto alla settimana, una riduzione del rischio pari al 32%, se il latte era parzialmente scremato o scremato la riduzione era del 46%.Insomma, sembra confermato quello che alcuni studi avevano mostrato, e cioè che il livello di calcio e vitamina D fluttua in corrispondenza con la produzione degli estrogeni endogeni durante l'ovulazione, e questo spiegherebbe perché assumere questi nutrienti smorzi l'effetto delle fluttuazioni degli estrogeni. Insomma 4 porzioni di latte scremato o di yogurth ogni giorno sembrano la soluzione per evitare che "i giorni difficili" siano veramente tali.

Gianluca Casponi



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