Ripensare la vaccinazione

28 luglio 2004
Aggiornamenti e focus

Ripensare la vaccinazione



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Il sierotipo C del meningococco è tra quelli più frequenti in Europa: è, infatti, il responsabile del 45% delle meningiti meningococciche. L'introduzione del vaccino antimeningococco tipo C coniugato nei programmi di vaccinazione nazionali ha migliorato il controllo della malattia risultando efficace anche nel bambino di età inferiore ai 24 mesi.
In Italia è stato introdotto di recente, in Inghilterra già dalla fine del 1999, dove è stato possibile abbattere fino al 90% dei casi di malattia e di morte per meningite di tipo C.
Nei quattro anni successivi alla campagna di vaccinazione alcuni ricercatori inglesi hanno monitorato la giovane popolazione che veniva vaccinata perché, nonostante gli importanti successi ottenuti, si interrogavano sulla eventuale necessità di modificare il protocollo con cui si esegue la vaccinazione.

Ottimi risultati


Dalla fine del 1999 le dosi di vaccino sono state somministrate di routine a 2, 3 e 4 mesi dalla nascita; ma il vaccino è stato anche proposto per tutti i bambini e giovani con meno di 18 anni in una sorta di campagna "al recupero" durata un anno. In questa coorte l'obiettivo più a rischio e quindi più mirato erano le fasce di età tra i 15 e i 17 anni e quelle con meno di un anno. La copertura è stata quasi completa: il 90% dei neonati e l'85% dei "recuperati" si sono vaccinati, e la sorveglianza è stata condotta nei quattro anni successivi. In generale sono stati registrati 53 casi, su 214 vaccinati, in cui il vaccino non ha funzionato e gli esami di laboratorio hanno confermato l'infezione da meningococco di sierotipo C. Di questi, tuttavia, 21 erano bambini vaccinati di routine cioè prima dei 5 mesi, risultato che si rifletteva anche in termini di efficacia. Infatti mentre nel gruppo di bambini vaccinati nell'ambito della campagna di recupero l'efficacia era dell'83%, cioè alta, nei vaccinati di routine scendeva al 66%.

Quanto e quando protetti


Quello che in realtà non si conosce è anche la durata dell'efficacia del vaccino. Infatti mentre entro il primo anno dalla somministrazione la protezione era alta, dopo questo periodo si osservava un calo, per altro sempre più evidente nella fascia di età vaccinata di routine.
Chiaramente questi risultati non vogliono mettere in dubbio la validità dell'immunizzazione, tutt'altro: il comunque basso numero di casi anche nella fascia più colpita è attribuibile alla protezione indiretta.
Tuttavia non si esclude che questo tipo di preparazione (vaccino coniugato, simile a quello usato per il vaccino coniugato per l'Haemophilus influenzae di tipo b) generi risposte dai linfociti T-helper e stimoli una risposta immunologica la cui durata e efficacia dipende dal protocollo di somministrazione e che tende a calare nei bambini vaccinati molto presto.
Anche in questo caso quindi sembrerebbe evidente che la protezione data dal vaccino antimeningococco tipo C coniugato dipenda dall'età: nelle coorti vaccinate in età più avanzata la protezione è maggiore e dura di più.

Senza fretta è meglio

In realtà l'Inghilterra è l'unico paese che "sbriga" la vaccinazione nei primi 4 mesi dalla nascita, ma anche altrove al massimo non si superano i 6 mesi.
I dati osservati dall'equipe anglosassone suggeriscono di rivedere questa procedura accelerata, in quanto potrebbe essere non ottimale per i vaccini di tipo coniugato. Bisognerebbe prendere in considerazione, concludono gli autori, l'ipotesi di somministrare una dose anche nel secondo anno di età: sembrerebbe molto più importante quando viene dato il cosiddetto "richiamo" piuttosto che il richiamo stesso.

Simona Zazzetta



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