Il vaccino non fa il libertino

08 giugno 2007
Aggiornamenti e focus

Il vaccino non fa il libertino



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Alla fine arriva anche in Italia un elemento che accompagna qualsiasi prestazione sanitaria che abbia a che fare con il sesso, come la vaccinazione contro il Papillomavirus. Quella che si potrebbe battezzare "questione morale". In pratica, già durante le procedure per la prima registrazione, quella statunitense, del primo vaccino contro l'HPV, si era levato da parte di diverse associazioni di ispirazione religiosa l'allarme per la possibilità che vaccinare delle bambine di 12 anni contro quella che è una malattia a trasmissione sessuale avrebbe potuto incoraggiare l'inizio dei rapporti sessuali in età precoce. A introdurre in Italia questa parte del dibattito, di cui molti non sentivano la mancanza, è stato un articolo apparso recentemente su "Medicina e morale", rivista del centro di bioetica dell'Università cattolica del Sacro Cuore di Roma. Gli autori, Maria Luisa Di Pietro, Zoya Serebrovska e Dino Moltisanti, sostengono che la vaccinazione dovrebbe essere valutata non solo dal punto di vista clinico, ma anche tenendo conto del "bene globale" della persona. "Il punto - si legge nel testo - è che la vaccinazione generalizzata delle donne è sì in grado di proteggerle dal cancro al collo dell'utero, ma questa proposta fa sorgere alcune serie preoccupazioni di carattere etico".
L'immunizzazione generale potrebbe causare "ulteriori cadute di valori, il rafforzamento di una comune accettazione da parte dell'opinione pubblica dei comportamenti sessuali promiscui e probabilmente una maggiore diffusione della malattia". Del resto, aggiungono i ricercatori, "quando sono coinvolte ragazzine minorenni, abbiamo a che fare con persone i cui valori morali sono in formazione e che non sono ancora considerate legalmente responsabili".

E' solo questione di sesso?


E' vero che a qualcuno può senz'altro suonare strano che a 12 anni si immunizzi un bambino o un bambina contro una malattia alla quale normalmente non dovrebbe essere esposto prima di avere qualche anno di più. Due cose, però, vanno tenute presenti. La prima è che, per avere la massima efficacia,la vaccinazione deve essere praticata quando la persona è naive, in termini scientifici, cioè non ha già incontrato il virus. L'altra aspetto è che è verissimo che l'HPV ha una trasmissione eminentemente per via sessuale (non esclusivamente, come si vedrà) ma, allora, anche l'epatite B può essere trasmessa attraverso i rapporti sessuali non protetti e allora che si fa? Non si vaccina contro l'epatite B? Quanto alla via esclusivadi contaggio, Carlo Flamini ginecologo dell'Università di Bologna e membro del Comitato nazionale di biotica la vede ben diversamente. "Le probabilità di contrarre il virus dipendono certamente dal numero di rapporti sessuali con uomini diversi che ha una donna, ma anche - e forse soprattutto- dal numero di rapporti sessuali con donne diverse che ha ciascuno dei suoi compagni o, per esempio, il suo solo compagno. Questa è una delle ragioni -continua il ginecologo - per cui molte ragazze che hanno un solo partner si trovano affette da Hpv". E c'è un altro aspetto: "Un' altra delle ragioni per cui bisognerebbe essere un po' meno drastici e dogmatici è legata al fatto che ci sono infezioni che non dipendono dalla vita sessuale: le ho riscontrate spesso in ragazze che vivono in comunità e che, per igiene approssimativa, spesso usano asciugami bagnati già utilizzati da altre ragazze oppure si scambiano gli indumenti intimi".

Che cosa determina i comportamenti


A una recente convention parigina, nella quale l'UNESCO ha sponsorizzato la politica di prevenzione del carcinoma della cervice uterina, i clinici presenti hanno risposto che loro non promuovono un vaccino per il sesso sicuro, ma un vaccino per prevenire il cancro, e la partita potrebbe chiudersi qui.
Peraltro, anche accettando questo punto di vista, su quali basi si pensa che una bambina di 12, 13, 14 anni anni possa decidere o meno di dare il via alla propria attività sessuale in base al fatto di essere o meno vaccinata? Quanto pesa questo tipo di informazioni sulle scelte di adolescenti e preadolescenti? Quasi nulla concludeva un'indagine statunitense. Per quel che vale, poi, va detto che alle redazioni dei periodici che si occupano di salute, Dica33 compreso, giungono costantemente lettere di adulti (18 anni e più) che pongono quesiti sulle malattie a trasmissione sessuale che dimostrano come certe nozioni siano completamente estranee alla formazione media. Per esempio c'è ancora chi chiede se può aver contratto l'AIDS attraverso un bacio. Se, pur avendo questo dubbio, ha baciato lo stesso il partner, appare bizzarra l'idea che essere o non essere vaccinata contro un'infezione ai più sconosciuta cambi la situazione.
In bioetica, spesso, si ricorre ai cosiddetti "casi limite". Poniamo il caso, allora, di una bambina di 13 anni che subisca una violenza, magari all'interno della cerchia famigliare, come più spesso avviene. Qui non c'è alcuna scelta, ma in compenso tutti i danni possibili si presentano, compreso quello che poteva essere evitato con una vaccinazione. E allora? Giustamente gli autori parlano di valori in formazione. Formazione che deve essere assicurata dalla famiglia; forse, se qualcosa non funziona, dal punto di vista cattolico e non solo, magari il punto è lì. Se si abbandonano i giovanissimi di fronte a una televisione spazzatura che propone, come eroi ed eroine, giovani che hanno fatto carriera con un uso disinvolto del sesso, se non si accompagna da vicino l'evoluzione dei figli, poi risulta argomentazione fragile attribuire il crollo dei valori alla scuola che non funziona, a una società laica e filistea, a un sistema sanitario che "rende il sesso più sicuro". E poi, come suona vecchia l'idea di comportamenti tenuti non perché etici in sé ma per paura della malattia, del dolore, della sofferenza. L'inferno, insomma, e il Diavolo con il forcone.

Maurizio Imperiali



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