Curare con le mani

29 aprile 2004
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Curare con le mani



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Per molte pratiche alternative la nascita viene datata a centinaia di anni fa e, di solito, in Oriente. Fa eccezione la chiropratica che, così come la si conosce oggi, è nata nel 1895 negli Stati Uniti, a Davenport per l'esattezza, e ha un padre riconosciuto: Daniel David Palmer, che non era un medico ma con i medici collaborò fin da subito. Oggi questa pratica entra a far parte a tutti gli effetti delle prestazioni erogate dalla Veterans Administration, sorta di mutua pubblica che si occupa dei reduci e degli ex-militari.
Tra l'altro, non si tratta di rimborsare semplicemente le prestazioni: un chiropratico professionista dovrà entrare a far parte dello staff sanitario almeno di ciascuno dei 21 centri regionali dell'ente pubblico.
Per una volta, poi, già la definizione spiega che cosa sia questa disciplina: chiro sta per mano in greco antico e quindi la chiropratica si basa sulla manipolazione. Non una manipolazione generalizzata, ma principalmente della colonna vertebrale, ritenuta fondamentale non soltanto per la sua funzione meccanica ma anche per i suoi riflessi neurologici. Classico il primo caso divulgato dallo stesso Palmer nel quale una persona affetta da sordità riacquistò l'udito dopo che, con la pressione della mano, gli erano state riallineate due vertebre che, secondo la teoria dell'inventore, premevano su nervi coinvolti nella funzione uditiva. Sul tema del trattamento della sordità la medicina ufficiale ha sempre dato battaglia, ma su altre applicazioni c'è un consenso o, quantomeno, visioni differenziate. Per esempio il trattamento della cefalea conseguente a malposizione della colonna cervicale, che interessa più o meno il 15% di chi soffre di cefalee ricorrenti, cioè il 2,5% della popolazione generale. Oppure tutte le manifestazioni tensive come la lombalgia. In ogni caso, il concetto chiave della chiropratica è sublussazione, cioè alterazione delle posizioni reciproche delle vertebre.

Manovre differenziate


A seconda di quali segmenti vertebrali sono interessati dal disallineamento, si hanno disturbi diversi.
In realtà il chiropratico esegue diverse azioni sull'articolazione interessata: dal cosiddetto "adjustment" che richiede il distacco delle superfici articolari (di norma accompagnato dal classico "tlac") a meno clamorose mobilizzazioni dell'articolazione, che consistono nel far compiere all'articolazione i movimenti fisiologici impediti da blocco o dolore. Lo scopo è non soltanto riportare all'allineamento naturale l'articolazione ma anche sollecitale le terminazioni nervose responsabili del dolore. Negli anni, però, l'insieme delle tecniche si è arricchito anche di manovre dirette ai tessuti molli, per esempio la pressione dei fasci muscolari ischemici, cioè nei quali si presenta un insufficiente afflusso di sangue. Sempre sulla base della teoria chiropratica, poi, sono stati elaborati anche programmi di esercizio e riabilitazione.
A onor del vero va riportato che spesso i medici considerano pericolose le manipolazioni della colonna cervicale, sostenendo che si tratta di una manovra potenzialmente pericolosa, soprattutto quando compiuta ad altra velocità e sfruttando anche il contraccolpo della brusca rotazione del capo. Tuttavia gli studi favorevoli alla chiropratica riportano che gli incidenti più temuti non sono frequenti; per esempio l'ictus vertebrobasilare con conseguente deficit neurologico permanente succede molto raramente: una volta ogni 2 milioni di trattamenti.

Una professione sanitaria


Anche se si tratta di una disciplina alternativa, la chiropratica conta negli Stati Uniti su una lunga tradizione formativa: esistono scuole alle quali si accede dopo la scuola media superiore, mentre in altri paesi a larga diffusione della disciplina, come Inghilterra, Francia e Sudafrica i corsi sono inseriti in un curriculum universitario o comunque svolti in collaborazione con le università. In Italia la situazione è molto meno strutturata. Esiste un'Associazione Italiana Chiropratici, molti dei cultori sono anche medici od odontoiatri ma di fatto la legge italiana non prevede una figura sanitaria autonoma per questo operatore, come avviene in altri paesi. Non esiste quindi un ordine professionale, e sarebbe questa l'aspirazione dei discepoli italiani di David Palmer.

Davide Minzoni



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