Erbe in psichiatria

17 settembre 2010
Aggiornamenti e focus

Erbe in psichiatria



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Un numero crescente di persone, il 40% degli americani secondo gli ultimi dati, fa ricorso alla fitoterapia per affrontare le patologie più svariate. Mito, leggenda, ingenuità dei pazienti o esiste qualche fondamento scientifico? Per rispondere a questo quesito si è ''scomodata'' di recente l'ANPA, American Neuropsychiatric Association, che ha passato in rassegna tutte le Medline delle ultime tre decadi, al fine di determinare nel dettaglio effetti clinici, meccanismo d'azione, interazioni e controindicazioni dei trattamenti fitoterapici utilizzati. Ne è uscito un quadro interessante da cui balza all'occhio un dato significativo, cinque delle dieci condizioni mediche più trattate con terapie alternative gravitano nell'area neuropsichiatrica. Tra queste insonnia, mal di testa, ansietà e depressione, per le quali sono entrati in uso vari principi attivi vegetali. Ecco i principali:

Iperico (Hypericum perforatum)

Si tratta di una pianta aromatica perenne ampiamente diffusa, nota nei paesi anglosassoni come erba di S.Giovanni. I fiori sono la parte della pianta da cui si ottengono gli estratti normalmente utilizzati e, sebbene il meccanismo d'azione antidepressiva e il principio attivo responsabile non siano stati ancora completamente chiariti, si fa riferimento all'ipericina, all'iperforina e ai flavonoidi, il cui meccanismo d'azione sarebbe da riportare ad una attività sui neurotrasmettitori cerebrali rilevanti nella regolazione dell'umore, quali serotonina, dopamina e noradrenalina.

I detrattori sostengono che siano pochi gli studi nei quali gli estratti standardizzati di ipericina siano risultati più efficaci dei comuni antidepressivi farmacologici e, che quei pochi, manchino delle caratteristiche essenziali a garantirne la scientificità: mancano, infatti, i dati sul trattamento a lungo termine e sono inesistenti gli studi sulla teratogenesi, cioè le conoscenze dei possibili effetti dell'iperico sulle donne in gestazione. Comunque nessun serio effetto collaterale è stato riportato, solo una serie di effetti minori a carico del sistema gastrointestinale e altri come affaticamento, secchezza delle fauci, vertigini, arrossamenti cutanei e fotosensibilità. Riguardo alle possibili interazioni, nel febbraio 2000 Lancet ha riportato possibili interferenze sull'efficacia dell'indinavir, farmaco per l'AIDS, della ciclosporina, utilizzata dopo i trapianti cardiaci e della warfarina, anticoagulante piuttosto comune. Inoltre sarebbe meglio evitare l'uso da parte delle donne in gravidanza o durante l'allattamento nonchè in combinazione con gli antidepressivi standard. Per provare a dare una risposta alle perplessità del mondo accademico l'NIH Office of Alternative Medicine ha sponsorizzato un studio triennale, che compari gli effetti dell'iperico, di un placebo e di un farmaco antidepressivo standard. I risultati sono attesi per il 2002.

Kawa-kawa (Piper methysticum)

La kawa appartiene alla famiglia delle Piperacee e contiene sostanze psicoattive note come kavapironi. Si tratta della kavaina e della diidrometisticina contenute nella radice della pianta all'incirca in parti uguali. Le sue proprietà sedative hanno fatto si che la pianta venisse nel tempo utilizzata durante rituali religiosi o cerimonie sociali o come pianta medicinale presso le popolazioni dell'Oceania.. Le sue proprietà sembrano essere perciò ansiolitiche e miorilassanti sovrapponibili a quelle delle benzodiazepine. Il meccanismo d'azione è probabilmente mediato dal sistema GABAergico, uno dei modulatori delle risposte a livello di sistema nervoso centrale, ma è probabile un effetto anche sulla ricaptazione della noradrenalina. Una recente revisione sistematica degli studi clinici condotti con la radice o il principio attivo kavaina, ha dimostrato che la kawa ha un'efficacia superiore al placebo nel trattamento dell'ansia e dei disturbi del comportamento a questa collegati. Gli studi riportano, inoltre, in genere la buona tollerabilità del kawa, tra gli effetti collaterali riportati ci sono disturbi di stomaco, vertigini e un aumento nei livelli di colesterolo. Sembra opportuno raccomandare prudenza nella contemporanea ingestione di alcol e psicofarmaci. Il farmaco è inoltre controindicato in gravidanza e allattamento e nelle depressioni endogene, mentre non si può escludere una sua influenza sulla capacità di reazione durante la guida e l'uso di macchinari.

Valeriana (Valeriana officinalis)

La Valeriana officinalis è una pianta di origine europea oggi coltivata anche in Giappone e negli Stati Uniti. A scopo medicinale sono da sempre utilizzate le radici della pianta. L'uso della valeriana come ipnoinducente è stato descritto già da Ippocrate, padre della medicina moderna. Tra i principi attivi più importanti contenuti nella pianta vi sono l'acido valerianico e il borneolo. Altri costituenti sono l'acido malico, zuccheri, tannini, l'alcaloide catinina. La valeriana è indicata, da sola o in combinazione con altre piante, in alternativa alle benzodiazepine per il trattamento di lievi stati d'ansia e dei disturbi del sonno transitori ed in ogni caso non associati a gravi disturbi mentali. Il meccanismo d'azione coinvolge il sistema dell'acido gamma-aminobutirrico (GABA) ed il recettore per le benzodiazepine, tuttavia non è stato identificato quale o quali siano i principi attivi responsabili di queste interazioni. La valeriana è presente nelle farmacopee di numerosissimi paesi dove è in commercio sia in preparazioni farmaceutiche sia erboristiche. Viene utilizzata come infuso, tintura, capsule, compresse.

Partenio (Tanacetum parthenium)

Il Tanacetum parthenium, più noto con il nome di Partenio, è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Composite (genere Asteracee). Originaria del Sud Est dell'Europa è oggi diffusa in numerose zone europee. I costituenti più importanti sono lattoni sesquiterpenici: tra i quali il partenolide è fondamentale per l'attività terapeutica. Nella fitoterapia moderna è principalmente usato nella profilassi dell'emicrania. Vecchi studi clinici hanno dimostrato, in un esiguo numero di pazienti, che la somministrazione quotidiana di estratti di Partenio determina una riduzione della frequenza e della severità, ma non della durata, degli attacchi di emicrania. Recentemente sono stati pubblicati due studi, uno nel 1998 e uno nel 2000, che hanno operato una revisione degli studi clinici randomizzati, in doppio cieco e verso placebo, condotti per verificarne l'efficacia nella profilassi dell'emicrania. Entrambi gli studi affermano che gli studi clinici, fino ad oggi condotti, non permettono di stabilire l'efficacia del Partenio nella prevenzione dell'emicrania. Tra gli effetti collaterali quello più noto riguarda la dermatite da contatto e fenomeni di ipersensibilità in genere.



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