Omeopatia: è lettera aperta

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Omeopatia: è lettera aperta



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Nonostante i circa 9 milioni di italiani che negli ultimi tre anni hanno optato per le cure omeopatiche (Istat 2001), oggi questa branca medica alternativa è ancora poco considerata dalle Istituzioni e dal Ministero della Salute: questa l'accusa sollevata dall'ANIPRO (Associazione Nazionale Importatori e Produttori Rimedi Omeopatici), che afferma di aver cercato più volte di discutere del problema con il Ministro della Salute Girolamo Sirchia, senza però riuscirci. Da qui l'idea dell'associazione di un incontro con la stampa a Milano per rendere pubblico tutto ciò che vorrebbe dire al Ministero in un eventuale incontro ufficiale. L'atteggiamento critico di Stato e Istituzioni, però, non sembra essere solo una presa di posizione, bensì l'inevitabile conseguenza di fronte ad una serie di prodotti che attualmente risultano privi delle sperimentazioni richieste di norma per i medicinali.

I favorevoli ...


La parte a favore di maggiori riguardi nei confronti dell'omeopatia, in questo caso, è rappresentata dall'ANIPRO, che da 20 anni si impegna nella diffusione della cultura omeopatica e nella tutela dello sviluppo dell'omeopatia nel quadro normativo italiano ed europeo. Questi i punti principali della "lettera virtuale" indirizzata dall'Associazione al Ministro Sirchia, presentata il 22 marzo in conferenza a Milano:

"Caro Signor Ministro,
La Sua accusa all'omeopatia è di non fare sperimentazione, ma intanto aumentano i tagli ai fondi stanziati proprio per la ricerca. Noi non Le chiediamo di diventare favorevole all'omeopatia, ma di regolamentare il settore produttivo, così da evitare soffocamenti ad un comparto costretto in regole non proprie, unico caso in Europa. Sono tre, in particolare, le difficoltà che oggi il nostro settore si trova a dover affrontare:
1. Dopo la Direttiva UE sui medicinali omeopatici, il settore in Italia è di fatto congelato. Il Decreto Legislativo 185/95 autorizzava i medicinali omeopatici presenti alla data della sua entrata in vigore a rimanere sul mercato con la medesima presentazione; è impensabile, però, che con il tempo non si rendano necessarie variazioni, sia nella tecnica produttiva, sia nella necessità di reperire nuovi contenitori primari.
2. Mancano procedure relative alla registrazione di nuovi medicinali omeopatici (assegnazione dei numeri AIC, che garantiscono la qualità dei farmaci messi in commercio).
3. Mancano, inoltre, attestazioni di libera vendita in Italia per i medicinali omeopatici presenti sul mercato già notificati a termini di legge; tale assenza tende a penalizzare le aziende omeopatiche italiane sui mercati stranieri, favorendo invece quelle di altri stati UE.
4. Sarebbe utile l'istituzione di una Commissione permanente sull'omeopatia, composta da funzionari del Ministero della Salute, da tecnici del settore, da rappresentanti delle aziende, da farmacisti e da medici esperti in omeopatia".

Il consumatore è maturo e consapevole - secondo recenti indagini Doxa (1999) e Istat (2001) i soggetti che scelgono di curarsi con i prodotti omeopatici lo fanno in modo consapevole e non per ideologia; prima di avvicinarsi a questa pratica medica hanno provato altre terapie convenzionali e l'80% si dichiara molto o abbastanza soddisfatto della scelta. Chi pratica l'omeopatia, inoltre, è un medico, laureato e consapevole.

Il punto della ricerca clinica - è vero, l'omeopatia non ha fornito prove di efficacia comparabili a quelle della farmacologia convenzionale. Bisogna precisare, però, che allo stato attuale delle conoscenze lo stesso percorso per lo studio dei farmaci "tradizionali" potrebbe non risultare adeguato nel campo dell'omeopatia, che presenta concezioni teoriche ed aspetti scientifici, clinici, economici in gran parte peculiari e non riducibili a quelli che caratterizzano il farmaco tradizionale. Inoltre, l'efficacia non è un parametro oggettivo (non esiste un efficaciometro!), ma esistono tanti parametri di efficacia . Per esempio l'efficacia di un antinfiammatorio potrebbe essere valutata in base alla sua capacità di far calare la febbre o ridurre il dolore o, ancora, a diminuire il gonfiore delle articolazioni. L'accettazione ufficiale di un farmaco, così, dovrebbe dipendere non solo dai risultati scientifici finali (senz'altro importantissimi), ma anche dai fattori culturali, sociali ed economici. Per questo nel campo dell'omeopatia bisognerebbe incentivare la ricerca, promuovendo tutti i metodi a disposizione, senza imporre un monopolio metodologico a favore degli studi clinici randomizzati e controllati in doppio cieco. Negare validità ad altre forme di ricerca clinica, infatti, rappresenterebbe "un attacco scorretto ed immotivato a tre diritti fondamentali: la libertà di scienza e di ricerca, la libertà terapeutica del medico e il diritto di autodeterminazione del paziente" [H. Kiene, 1997]

I contrari ...


L'ultima polemica nei confronti dell'omeopatia che ha fatto non poco scalpore risale alla trasmissione Rai di Piero Angela "SuperQuark", trasmessa nel luglio 2001, nella quale venivano descritti tutti i perché di pesanti critiche dalla comunità scientifica nei confronti di una cura che è oggi praticata da milioni di persone. Ritenutesi offese, due associazioni di omeopati hanno citato in tribunale Piero Angela: l'Associazione italiana dei medici omeopatici e la Federazione italiana delle Associazioni dei medici omeopatici.
Subito, però, la comunità scientifica si è schierata a favore del conduttore, che ha ricevuto messaggi e lettere di sostegno da parte di ricercatori e studiosi, compresi i Nobel Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini.

Alcune dichiarazioni:

Rita Levi Montalcini: "Ritengo che l'omeopatia non sia una cura alternativa, ma una non-cura! Mi rallegro, pertanto, con la trasmissione di Piero Angela; il danno maggiore di questa cosiddetta terapia è quello di illudere i pazienti incoraggiandoli a ricorrere a una cura che non ha alcun fondamento scientifico".

Renato Dulbecco: "I prodotti omeopatici sono solo dei pasticci senza alcun valore".

Società Italiana di Immunologia, Presidente professor Alberto Mantovani: "I rimedi omeopatici non hanno dimostrato alcuna attività sul sistema immunitario in condizioni controllate. Si tratta, quindi, di una pratica priva di fondamento scientifico, potenzialmente dannosa per i pazienti, in particolare quando si sostituisce a profilassi e terapie di provata efficacia. Plaudiamo quindi al servizio sull'omeopatia di SuperQuark per la coraggiosa presa di posizione".

Ospedali Riuniti di Bergamo: tutti i venti Primari hanno firmato una lettera in cui si complimentano con la RAI "per la trasmissione SuperQuark che ha offerto un reportage ampio, documentato e finalmente non ambiguo sull'omeopatia, interpretando l'autentico spirito di servizio pubblico".

Ministro della Salute, Girolamo Sirchia (immunologo): in un'intervista alla Stampa di Torino ha dichiarato che "i prodotti omeopatici non vengono normalmente sottoposti a quei protocolli di validazione adottati per gli altri farmaci, come la sperimentazione "in doppio cieco". Di fronte a questa mancanza di dati, pertanto, è naturale che ci siano legittimi dubbi sulla validità di questa cura e, quindi, non posso certo criticare chi non considera questi composti come veri e propri farmaci".

L'assenza di studi in "doppio cieco" - Ciò che più fa diffidare il mondo scientifico dai prodotti omeopatici è la mancanza di ricerche e studi in "doppio cieco". Ma cosa significa? Innanzitutto, va sottolineato che stabilire chiare correlazioni di causa-effetto tra un farmaco e le risposte dell'organismo è oggettivamente molto difficile. Questo per svariati motivi, tra cui la naturale tendenza di alcune affezioni a regredire spontaneamente o ad avere periodi di remissione, nonché il rischio di suggestione da parte del paziente quando a conoscenza del tipo di esperimento a cui è sottoposto. Per risultati sempre più sicuri, quindi, si rendono necessari i cosiddetti "trial in doppio cieco": espressione che in campo medico-biologico indica una procedura di sperimentazione e di studio in cui né medici, né pazienti sono a conoscenza di quale trattamento (o placebo) venga somministrato al soggetto in esame in un dato momento. In pratica, né il ricercatore, né i pazienti devono poter individuare il gruppo che assume la sostanza sotto studio, il gruppo sottoposto a placebo e il gruppo di controllo. Tutti gli studi effettuati sui prodotti omeopatici, compresi quelli più recenti, non sono realizzati in base all'iter richiesto per i farmaci tradizionali; spesso non prevedono neanche il gruppo placebo o di controllo. A confermarlo è anche la letteratura scientifica di maggior spessore, come il British Medical Journal (n.302,1;1991) che ha pubblicato una rassegna di 107 studi clinici in campo omeopatico, concludendo che: "Per il momento le evidenze dei test sono positive, ma non sufficienti a trarre conclusioni definitive perché la maggior parte dei test sono di bassa qualità metodologica". Altre incertezze sono apparse sul
The Lancet (n.350, 20 sett. 1997, p.834-843), che dopo attente analisi di studi omeopatici ha concluso che: "I risultati ottenuti dalla meta-analisi degli studi non sono compatibili con l'ipotesi che gli effetti clinici dell'omeopatia siano dovuti completamente all'effetto placebo, ma vi è sufficiente evidenza che ognuno dei singoli trattamenti sia chiaramente efficace in una qualunque condizione clinica". Per dare a un prodotto l'etichetta di "farmaco", invece, è necessario che gli esperimenti siano omogenei, diretti all'efficacia di un determinato farmaco nel trattamento di una determinata patologia.

Annapaola Medina



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