Fair-play con l'alternativo

29 giugno 2005
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Fair-play con l'alternativo



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La popolarità crescente della medicina complementare o alternativa (CAM) è un dato di fatto, ma per avere il polso del modo in cui il mondo scientifico l'ha accolta bisogna andare a leggere le pubblicazioni scientifiche. Perché un conto è il consiglio del farmacista o dell'erborista, un altro sono le indicazioni date dall'esperto che si è formato in scuole specializzate e un conto è ciò che le riviste scientifiche ufficiali pubblicano, vale a dire la ricerca scientifica, clinica o di base. In tal senso si sono rivolti gli sforzi di due autori che hanno condotto sostanzialmente una metanalisi che raccogliesse tutte le pubblicazioni ufficiali che parlassero di medicine alternative.

Alla ricerca di ricerche


Infatti usando database come Medline (PubMed) o AMED, hanno inserito parole chiave come: omeopatia, omeopata, omeopatico, clinico e studio. La scelta dell'omeopatia era dovuta al fatto che rappresenta una tipologia di trattamento che è molto probabile che evochi un ampio spettro di risposte che vanno dall'accettazione al più profondo scetticismo.La selezione ha interessato l'ultimo decennio in cui sono stati scritti e pubblicati 251 articoli sulle CAM, di cui 46 avevano esaminato sistematicamente l'efficacia dei trattamenti omeopatici. Inoltre sono state trovate anche 15 metanalisi che analizzavano e commentavano studi clinici omeopatici. I 46 lavori sono stati tratti da 23 diverse riviste scientifiche: 26 esperimenti comparivano in riviste convenzionali, 20 su riviste specializzate in medicine alternative e complementari. Gli articoli venivano classificati in base al tono adottato: un linguaggio esplicitamente negativo contro l'omeopatia era definito "tono negativo"; se il linguaggio era ottimista e incoraggiante a proseguire le indagini in merito era definito "tono positivo". Se non si prendevano posizioni precise, il tono era neutrale.

Studi clinici e rassegne


Come c'era da aspettarsi, il 69% (18/26) delle riviste convenzionali riportavano articoli con tono negativo, atteggiamento che interessava solo il 30% (6/20) dei giornali specializzati in CAM. In quel 69% emergeva un linguaggio severo che a volte in alcuni casi richiamava alla "pura ciarlataneria". Dieci delle 26 pubblicazioni convenzionali e otto delle 20 pubblicazioni nelle riviste "alternative" avevano un atteggiamento positivo; tra quelle neutrali erano molte a suggerire un possibile beneficio clinico nonostante i risultati negativi dello studio.Cinque metanalisi su 15 erano comparse su riviste specializzate in CAM, le altre su riviste convenzionali. La conclusione più comune era che le prove portate a sostegno degli studi non erano conclusive e che erano necessarie ulteriori ricerche di qualità più alta. Per questo tipo di lavoro non era semplice definire il tono della comunicazione perché le conclusioni erano abbastanza ambigue e lasciavano aperte più interpretazioni, anche se nessuno era apertamente contrario o negativo rispetto all'omeopatia.E' incontestabile l'evidenza di una tendenza a evidenziare gli esiti negativi di questo tipo di ricerca da parte delle pubblicazioni di medicina convenzionale, a indicare che i lavori che riportavano risultati negativi avevano maggiori probabilità di essere accettati. In effetti la mancata efficacia dei trattamenti omeopatici trova il consenso della comunità scientifica tradizionale, come è vero anche il contrario, se ci si riferisce alla stampa scientifica alternativa. Emerge cioè un possibile pregiudizio iniziale nella scelta degli studi clinici da pubblicare che in realtà non rispecchia il tono degli articoli pubblicati che invece appaiono relativamente equilibrati (a parte alcune eccezioni) nella presentazione dei risultati ottenuti.

Simona Zazzetta



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