Per colpa del cuore

28 settembre 2007
Aggiornamenti e focus

Per colpa del cuore



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I reni, dato il loro continuo lavoro di filtrazione del sangue, possono andare incontro a insufficienza cronica (Irc) in seguito a diverse condizioni coinvolgenti i vasi. Il rischio, se nei malati di Irc non si trattano fattori di nefropatia come ipertensione e iperglicemia, è la progressione all'ultimo stadio di malattia, che porta a dialisi o trapianto: inoltre per coloro che non sopravvivono prima che sia necessaria la terapia sostitutiva la causa principale del decesso è cardiovascolare. L'insufficienza sarebbe insomma sia causa sia conseguenza di cardiovasculopatia (Cvd): un duplice rapporto che è importante approfondire, come fanno due analisi statunitensi appena pubblicate sugli Archives of Internal Medicine, per le implicazioni che possono avere in termini di prevenzione, come di diagnosi e di trattamento. Anche perché l'interazione tra malattia renale e malattia cardiovascolare sistemica è stata poco delucidata: infatti la maggioranza degli studi sulla Cvd esclude i nefropatici e c'è necessità di trial disegnati esclusivamente per malati con Cvd e Irc.

Coinvolgimento dell'aterosclerosi


Il fatto è, come spiega l'editoriale, che fumo, ipertensione, iperglicemia e iperlipidemia, sono i principali fattori di rischio modificabili per lo sviluppo e l'avanzamento dell'aterosclerosi, ma anche fattori di progressione dall'Irc allo stadio più avanzato della malattia. Un aspetto che non deve sorprendere dato che il rene è un organo vascolare che contiene capillari (formanti le unità funzionali, i glomeruli) diramati da arterie e arteriole, e che cellule ritenute importanti nel processo aterosclerotico nei grandi vasi sono abbondantemente presenti nel microcircolo renale, come monociti e piastrine circolanti, cellule endoteliali e mesangiali. Ma gli effetti della Cvd sullo sviluppo e sull'avanzamento della nefropatia restavano da chiarire. I due nuovi lavori analizzano le interazioni della malattia renale e del rischio cardiovascolare, su un totale di 50mila pazienti. Nel primo studio si sono valutati, con quasi dieci d'osservazione, i dati di due ampi studi di comunità su soggetti di 45-65 anni d'età a rischio relativamente basso di Irc. Di essi il 3,8% ha sviluppato un declino della funzione renale (aumento della creatinina sierica fino a 0,4 mg/dl) e il 2,3% la malattia renale (stesso aumento dal valore iniziale 1,4 negli uomini e 1,2 nelle donne). Nel 13% erano presenti inizialmente cardiovascolopatie, cioè ictus, attacchi ischemici transitori, angina, claudicatio, angioplastica o by-pass coronarico, infarto miocardico riconosciuto o silente. Ebbene, questi fattori sono risultati associati, in modo indipendente, a rischio più elevato sia di ridotta funzione renale (espressa anche da tasso di filtrazione glomerulare ridotto fino a 15 ml/minuto) sia di malattia renale, con una maggiore probabilità del declino funzionale per chi l'aveva già compromessa e aveva una cardiovasculopatia. Tra le possibili spiegazioni, le più convincenti sembrano la condivisione di fattori di rischio tra Irc e Cvd e il coinvolgimento microvascolare renale nei malati di Cvd. Ed è noto che l'albuminuria (albumina sierica nelle urine sempre per il danno renale) e la ridotta filtrazione glomerulare sono predisponesti per le coronaropatie e l'ictus cerebrale.

Monitorare il rene


Nel secondo lavoro si sono analizzati partecipanti al Kidney Early Evaluation Program (KEEP), persone ad alto rischio di nefropatia e malattia cardiovascolare per presenza di diabete, ipertensione o parenti di primo grado con malattia renale avanzata, osservati per una media di 16 mesi. Fattori di rischio indipendente di Cvd sono risultate, come atteso, genere maschile, diabete mellito, fumo, elevato indice di massa corporea, albuminuria più alta, filtrazione glomerulare più bassa, ridotti livelli di emoglobina (l'anemia spesso si associa a Irc). Quando erano presenti contemporaneamente bassa filtrazione glomerulare, elevata albuminuria e anemia, la Cvd era frequente e la sopravvivenza diminuita.
La cardiovasculopatia aterosclerotica dovrebbe quindi essere ora riconosciuta come fattore di rischio indipendente per l'insorgenza e la progressione della malattia renale. Ciò significa, è il commento, che in un soggetto in cura dal generalista o dal cardiologo per cardiopatia o alto rischio di cardiopatia questo possibile sviluppo andrebbe attentamente monitorato. Tanto più che nell'Irc in fase non clinicamente manifesta non ci sono sintomi, e che spesso i malati giungono all'osservazione del nefrologo con la patologia già in fase avanzata.

Elettra Vecchia



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