Se non vuol passare 

16 maggio 2003
Aggiornamenti e focus

Se non vuol passare 



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In termini medici si chiama refrattario un disturbo che non risponde ai farmaci normalmente usati ed efficaci per quel tipo di malattia. Dato che i pazienti non sono tutti uguali, è possibile, ma fortunatamente raro, che una patologia in un dato paziente non sia trattabile con le terapie standard. In genere accade che il beneficio fornito dai medicinali sia minimo e di breve durata, piuttosto che completamente assente.
Nel campo delle cefalee, però, capita che il termine refrattario venga assegnato troppo presto e a torto, a situazioni certo particolarmente difficili ma tuttavia curabili.
Partendo da questa osservazione e dalle rispettive esperienze professionali, un gruppo di neurologi statunitensi insieme a un collega inglese ha deciso di riassumere tutti gli errori che possono portare al fallimento delle terapie per i mal di testa.
Le cause d'insuccesso si possono suddividere in 5 grandi categorie e le motivazioni dietro ciascuna spaziano da situazioni abbastanza diffuse a casi clinici molto rari. Tralasciando quindi dettagli utili e comprensibili solo a neurologi e psichiatri, quanto segue si soffermerà sugli errori più frequenti.

Diagnosi incompleta o scorretta


Se la diagnosi non evidenzia il problema/disturbo principale, la cura colpisce il bersaglio sbagliato e, di conseguenza, non è efficace.
Talora ci si focalizza sul mal di testa, cercando di classificarlo, senza accorgersi che esiste una causa a monte. Che si tratti di cefalea muscolo-tensiva o di emicrania cronica, il dolore è provocato da un'altra patologia che non è stata diagnosticata. Si parla in questi casi di cefalea secondaria e solo curando la causa primaria il paziente può ottenere un vero beneficio. Tra le cause primarie che possono passare inosservate vi sono: sinusite, ipotensione o ipertensione arteriosa, malattie metaboliche, apnea notturna ostruttiva, ipertensione intracranica. A queste si devono aggiungere avvenimenti recenti, che possono scatenare o incrementare la frequenza del mal di testa, come traumi alla testa o al collo, interventi ai denti, infezioni agli occhi o glaucoma subacuto.
Può accadere, al contrario, che la cefalea sia primaria (non dipende cioè da cause esterne o altre malattie) ma non sia stata diagnosticata correttamente. Sono, queste, evenienze più rare imputabili alle oggettive difficoltà nel distinguere sottotipi molto particolari di mal di testa. L'emicrania continua, per esempio, può essere scambiata per emicrania cronica; l'emicrania parossistica si può confondere con la cefalea a grappolo e lo stesso accade con la cefalea ipnica (una rara forma che si manifesta la notte e forse dovuta a carenza di melatonina). In questi casi la terapia fallisce perché non è mirata al disturbo specifico.
Altrettanto complessa risulta la diagnosi quando due o più tipologie di mal di testa coesistono nella stessa persona. Il soggetto avrà difficoltà a distinguere i relativi sintomi e a riferirli separatamente al medico che, quindi, non prescriverà tutte le cure necessarie.

Fattori precipitanti tralasciati


Esistono fattori, spesso modificabili dal paziente, noti per avere un effetto scatenante o aggravante sul mal di testa. Quando questi fattori vengono tralasciati dal paziente, o trascurati dal medico all'atto della scelta della terapia, essi continuano ad agire vanificando l'efficacia del trattamento. Attenzione quindi a: eccessivo consumo di caffè, vitamina A, vitamina D, aspartame; abuso di farmaci analgesici (anche da banco) e/o antiemicranici; uso di contraccettivi ormonali o di terapia ormonale sostitutiva; assunzione di alcol (specie il vino rosso); esposizione ambientale a monossido di carbonio, solventi o altre sostanze tossiche; eventi psicosociali stressanti; particolari farmaci. Oltre a quelli tipicamente usati contro le cefalee (il cui abuso porta a mal di testa continui), infatti, esistono anche alcuni medicinali che presentano il mal di testa tra i loro effetti collaterali. I più comuni sono a base di: principio attivo classe terapeutica dipiridamolo antiaggregante piastrinico calcio-antagonisti antipertensivi cortisonici antinfiammatori amantadina antiparkinson ciclofosfamide antitumorale levo-DOPA antiparkinson MAO-inibitori antidepressivi Nitrati vasodilatatori Fenotiazine antipsicotici Ranitidina antiulcera Tamoxifene antitumorale Tetracicline antibiotici Trimetoprim antibatterico

Farmaci inadeguati

Come si diceva all'inizio, ogni mal di testa ha caratteristiche particolari, legate a quel particolare paziente. Ecco allora che si può sbagliare farmaco, scegliendone uno che non funziona in quel soggetto, oppure, prassi più frequente, sbagliando le dosi. Dosi eccessive o scarse e insufficiente durata del trattamento portano, erroneamente, a bollare il farmaco prescelto come inefficace quando, invece, il paziente ha ottenuto magari un sollievo parziale. Così a volte per raggiungere una risposta completa basta ottimizzare la posologia, aggiungere un farmaco per una patologia coesistente, oppure scegliere una forma di somministrazione più adatta. Specie nelle crisi di emicrania, infatti, l'assorbimento gastrico dei farmaci risulta compromesso, per questo motivo un medicinale assunto per bocca può risultare inefficace, mentre lo stesso medicinale somministrato per via endonasale o iniettato intramuscolo fa sparire il mal di testa.
Va ricordato, infine, che anche il paziente deve attenersi alle quantità prescritte e ai tempi stabiliti, soprattutto nelle terapie preventive, dove occorrono alcune settimane prima di stabilire il successo di una cura.

Trattamenti non farmacologici

Nei soggetti che manifestano tensioni muscolari a livello occipitale e cervicale, risulta molto utile aggiungere un trattamento fisioterapico specifico. Analogamente i pazienti che soffrono di ansia possono trarre giovamento da una psicoterapia cognitivo-comportamentale, che insegni loro a ridurre lo stress.

Altri fattori

Ultimi ma non meno importanti sono i fattori intrinseci, legati al tipo di disturbo e al modo in cui viene percepito. Può accadere che il paziente abbia aspettative poco realistiche e, dimenticando velocemente la gravità della sua situazione iniziale, stenti a percepire l'entità dei miglioramenti cui è andato incontro. In questi casi però, i diari che normalmente i pazienti compilano possono chiarire ogni dubbio. Può anche accadere che la situazione sia davvero intrattabile e per interrompere il circolo vizioso del dolore sia necessario il ricovero in ospedale, con trattamenti intensivi e sotto controllo costante. Sta al curante comprendere quando il paziente non migliora e deve essere ricoverato.
Infine la presenza di patologie concomitanti (ansia, depressione, gastrite, vasculopatie, asma), nei pazienti con emicrania, può ridurre significativamente il numero di farmaci che si possono utilizzare per il controllo dell'emicrania stessa, rendendo più difficile l'impostazione di una terapia efficace.

Elisa Lucchesini



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