Il male nasce all'ombra

14 maggio 2004
Aggiornamenti e focus

Il male nasce all'ombra



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Quando di una malattia non sono chiare le cause è molto probabile che ve ne sia più d'una, e che alcune di esse siano di tipo ambientale. In questo senso è l'epidemiologia a fornire indizi e questo avviene anche nel caso della sclerosi multipla. E' da tempo, infatti, che gli studi ecologici hanno dimostrato una tendenza all'aumento dei casi via via che aumenta la latitudine, cioè quando ci si avvicina ai poli. Questo significa climi più freddi ma, soprattutto, minore esposizione al sole. Ha riaffrontato la questione uno studio australiano, per la precisione condotto in Tasmania, regione dove a differenza del resto del paese l'insolazione nei mesi invernali è dieci volte inferiore a quella estiva e dove, perciò, più facilmente era possibile individuare variazioni nell'esposizione.

L'esposizione al sole valutata oggettivamente


In pratica, gli studiosi australiani hanno arruolato poco più di 130 persone affette da sclerosi multipla confrontandole con più di 270 persone sane ma omogenee per caratteristiche. Con una serie di questionari, è stato valutato il tempo passato al sole dai pazienti e dai "controlli": una valutazione retrospettiva e quindi legata alla memoria, tuttavia non ci si è accontentati di questo. Un dato più obiettivo è stata la misurazione del cosiddetto "danno attinico" sulla cute delle mani. Il danno attinico, o elastosi attinica, è un fenomeno degenerativo della cute indotto dalla prolungata esposizione al sole, cumulativa, ovviamente, che si esprime nell'assottigliamento e perdita di elasticità della cute, con formazione di microrugosità ed esquamazioni. Di norma la sua gravità correla con il livello di esposizione, tanto che è più grave e frequente tra coloro che lavorano all'aperto ma anche ai camionisti (limitatamente al braccio sinistro, perennemente appoggiato al finestrino). Una volta ottenuti questi dati si è potuto osservare che effettivamente tra l'esposizione al sole e il rischio di sviluppare la sclerosi multipla c'era una relazione inversa, soprattutto nell'esposizione verificatasi nell'infanzia e nell'adolescenza cioè dai 6 ai 15 anni, con un peso importante dell'esposizione durante i mesi invernali: in pratica la possibilità di ammalarsi si dimezza in chi, durante le vacanze e nei fine settimana, trascorreva al sole almeno 2-3 ore. L'effetto protettivo dell'insolazione si manteneva anche se, abbandonati i questionari, si valutava l'esposizione solo sul dato oggettivo del danno attinico.

Anche la vitamina D contribuisce


Insomma le evidenze epidemiologiche ci sono. E c'è anche una spiegazione biologica. Infatti uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo e all'aggravamento della malattia è l'azione dei linfociti T helper 1 contro la guaina mielinica delle cellule nervose. Questa azione sembra essere mitigata dai raggi ultravioletti, sia direttamente sia attraverso l'azione del metabolita attìivo cella vitamina D ( 1,25-diidrossicalciferolo) che viene prodotto nella cute (sempre sotto l'effetto delle radiazioni UV). In effeti, una carenza di vitamina D è stata spesso riscontrata tra i pazienti affetti da sclerosi multipla. Si spiega così anche il fatto che almeno uno studio, per quanto piccolo, abbia mostrato che con una supplementazione di vitamina D tende a diminuire il numero delle riacutizzazioni della sclerosi multipla nei pazienti che hanno la forma "relapsing-remitting". Forse questo tipo di studi non dà indicazioni pratiche evidenti, ma almeno una conseguenza immediata si può trarre. Esporsi al sole, soprattutto in giovane età ha anche parecchi aspetti positivi, come volevano gli inventori dell'ormai dimenticata elioterapia. Quindi se va posta attenzione a evitare i danni delle ustioni solari, nemmeno una vita tutta in ombra è una soluzione logica.

Maurizio Imperiali



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