Dopo l'ictus occhio alla nutrizione

07 agosto 2021
Aggiornamenti e focus

Dopo l'ictus occhio alla nutrizione



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Quasi la metà del pazienti colpiti da ictus cerebrale soffre di disfagia, cioè una difficoltà nel controllare i muscoli preposti alla deglutizione, con ovvie difficoltà ad alimentarsi. Non a caso la malnutrizione è un aspetto piuttosto comune nei soggetti ricoverati ed è associata a un aumento dei decessi o comunque di esiti non favorevoli nell'arco di sei mesi dall'evento.La disfagia, peraltro, può persistere per periodi lunghi. Le linee guida in questi casi raccomandano di intervenire precocemente con nutrizione per via nasogastrica o con gastroscopia endoscopica per cutanea (PEG). Tuttavia non è così scontato che tali operazioni possano essere eseguite senza complicanze e con sicuri benefici per il paziente. Per esempio, l'alimentazione per via nasogastrica può essere difficoltosa se il soggetto è confuso o poco collaborativo, tant'è che si opta più spesso per la PEG soprattutto nella fase iniziale del ricovero. Opzione incoraggiata anche da un più basso tasso di mortalità quando si usa la PEG (13%) rispetto all'altro metodo (57%). Esistono tuttavia anche dei dubbi sulla tempistica dell'intervento, in alcuni casi i medici hanno atteso fino a due settimane prima di procedere.

Metodi per nutrire


Per sciogliere queste incertezze sono stati approntati tre studi racchiusi in un progetto chiamato FOOD che aveva l'obiettivo di rispondere a due quesiti. Se iniziare a nutrire artificialmente per via enterale (cioè non con le flebo) precocemente e quale dei due metodi aveva un impatto migliore sull'esito della patologia. Uno dei tre studi in realtà è stato interrotto perché il campione di pazienti malnutriti era troppo basso per poter essere significativo, ragion per cui dare supplementi dietetici a pazienti con ictus ben nutriti non comportava nessuno tipo di cambiamento negli esiti. Gli altri due invece hanno dato delle risposte coerenti e interessanti. Si otteneva una riduzione del 5,8% della mortalità quando la nutrizione per via enterale aveva inizio precocemente, anche se i pazienti perdevano la loro autonomia in quanto dipendevano da altri per le attività quotidiane. Il confronto tra i due metodi ha evidenziato che l'alimentazione con PEG era associata con un aumento della mortalità e esisti peggiori. Un risultato parzialmente spiegabile con la difficoltà pratica a procedere con pazienti colpiti da ictus: solo nel 48% dei casi si usava entro tre giorni dal ricovero. Il tubo nasogastrico invece permetteva di migliorare la deglutizione o forse la presenza del tubo assicurava un controllo più assiduo della deglutizione e un ripristino più rapido dell'alimentazione orale.

Simona Zazzetta



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