Tè verde benefico, ma non per tutto

22 settembre 2006
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Tè verde benefico, ma non per tutto



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Giustamente, ricorda l'incipit di uno studio, quando un alimento o comunque una certa sostanza sono consumati da miliardi di persone, anche un piccolo effetto farmacologico ha implicazioni importanti per la salute pubblica. Lo studio in questione si occupa del tè che è in assoluto la bevanda più consumata dopo l'acqua, e in particolare di quello verde. Lo scopo dello studio era, ovviamente, mettere alla prova le effettive capacità di prevenzione delle malattie cardiovascolari e dei tumori. Vecchia storia, si dirà, ma il fatto è che l'attività protettiva dei polifenoli del tè verde era stata documentata in vitro, non in base alla mortalità registrata nella popolazione in base ai consumi. Alcuni studi erano stati condotti, ma esaminando popolazioni numericamente segue, quindi con risultati non probanti.

Un campione disciplinalo


Un'équipe giapponese ha ripreso in mano l'argomento, facendo le cose in grande. Basandosi sulla coorte di uno studio avviato per altri scopi, l'Ohsaki National Health Insurance (NHI) Cohort Study, hanno inviato un questionario alimentare di 40 domande a 55000 adulti di età compresa tra 40 e 79 anni. Il 95% del campione ha restituito il questionario compilato (un esempio della disciplina nipponica intimorente). Tutte queste persone facevano parte, per intendersi, della stessa Unità sanitaria. Nel questionario si valutava il consumo dei tre tipi di té (verde, nero e oolong) e di caffè. Ma si valutavano anche l'attività fisica, la storia clinica e ovviamente il tipo di dieta seguito. Per valutare se le risposte erano veridiche, è stato selezionato anche un piccolo campione rappresentativo che è stato seguito nel tempo, così da scoprire se poi si comportavano effettivamente come avevano detto nel questionario (tra dire e fare, tra ricordo e realtà a volte c'è un bel salto).

Ben il cuore, ma meglio il cervello


Dopodiché, dal gennaio 1995 al dicembre 2005, sono state considerate tutte le cancellazioni dagli elenchi dell'unità sanitaria, contando quelle dovute a decesso. Già il dato sulla mortalità sarebbe stato indicativo, visto che cancro e malattie di cuore sono le prime due cause di morte nei paesi industrializzati, ma si è andati anche oltre distinguendo le cause sia grossolanamente sia entrando nel dettaglio delle diverse malattie cardiovascolari e dei diversi tumori. Il risultato è che, quanto a mortalità in generale, chi beveva 5 o più tazze di tè verde riduceva del 12% la mortalità nell'arco degli 11 anni dello studio, e c'era un beneficio intermedio per i consumi inferiori, fino a nessuna riduzione del rischio per chi beve una tazza o meno al dì. In vantaggio era maggiore nelle donne. Analisi successiva, la mortalità per cancro e malattie cardiovascolari: ancora una volta il vantaggio si presentava ma era tutto per le malattie cardiovascolari: le morti per cancro non risentivano del consumo di tè. Nelle donne il vantaggio era più pronunciato: nelle consumatrici più forti il rischio calava del 31%. Ultima sottoanalisi, il tipo di malattia: per quanto riguarda singoli tumori come quello al polmone, nessun vantaggio, quanto alle malattie cardiovascolari, a essere ridotta era soprattutto l'incidenza dell'ictus e, in particolare nelle donne, dell'ictus emorragico o infarto cerebrale: si riduceva di oltre il 60%. Allora, il tè verde è un elisir di lunga vita? Sì e no: lo è perché è benefico per il sistema cardiovascolare e lo è in particolare nelle donne e nell'ictus. Però, purtroppo, non previene tutto.

Sveva Prati



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