Radiazioni, radio & c

20 giugno 2008
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Radiazioni, radio & c



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Quanto conta l'ambiente (malsano)
Come per molti altri tumori, per quelli del sangue che genericamente si indicano come leucemie, vale il principio delle cause ambientali. In tempi recenti, ma la discussione ha preso slancio già agli inizi degli anni novanta, sono state spesso chiamate in causa le onde elettromagnetiche, in particolare quelle generate o dalle linee ad alta tensione della rete elettrica o dalle antenne trasmittenti radiofoniche e telefoniche. A quest'ultimo proposito valga il caso degli impianti della Radio Vaticana nell'area di Santa Maria Galeria, vicino a Roma.

Meccanismi più complessi di quanto sembri


Sostanzialmente è provato che alcune forme di leucemia possono essere effettivamente indotte da fattori ambientali quali l'esposizione a sostanze chimiche e a radiazioni di diversa natura. Tuttavia non sempre il percorso è così diretto. Lo fa ben intendere un rapporto dell'EPA (l'agenzia statunitense deputata alla tutela ambientale) che a oggi è uno dei documenti più completi dedicati a questo tema. Il benzene, per esempio è presente nei carburanti e... nel fumo di sigaretta, ragion per cui tutti si è più o meno esposti a basso livello, e da tempo è nota un'azione mielotossica e cancerogena. Tuttavia questa si esercita soprattutto in individui che hanno un'elevata capacità di metabolizzare il benzene (una funzione che si svolge nel fegato) cioè di trasformarlo in altre sostanze che, queste sì, hanno un'azione diretta sul midollo osseo. La scoperta è venuta da un imponente studio condotto su lavoratori cinesi esposti al benzene: coloro che presentavano questo metabolismo accelerato erano 2,5 volte più esposti all'intossicazione. E la leucemia? Il discorso è analogo: sono i metaboliti del benzene che interferiscono con il DNA delle cellule emopoietiche, sia con un danno diretto sia, e forse più facilmente, attraverso l'inibizione degli enzimi deputati a riparare e riprodurre il DNA. Anche in questo caso, però, si può parlare di una diversa suscettibilità da individuo a individuo. Ultimo dato da tenere presente è la latenza che intercorre tra l'esposizione al benzene e l'esordio della malattia. In letteratura si riporta un minimo di 1 anno fino a 40 anni, ma la media è di circa 11 anni.

Dai raggi X alla bomba atomica


E' ovvio che radiazioni ionizzanti, per intendersi dai raggi X in su fino alle emissioni di raggi gamma e neutroni, hanno sia un effetto diretto sia un effetto genotossico esattamente come il benzene. Le conferme, posto che ce ne fosse bisogno, sono venute soprattutto dallo studio dei sopravvissuti alle esplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaki. Forti dosi di radiazioni (2-3 sievert) possono determinare la distruzione diretta delle cellule emopoietiche. La rigenerazione del midollo osseo è possibile, ma varia in funzione del tipo di radiazioni, della dose e dell'entità dell'esposizione. In media la rigenerazione si produce nei primi 1-2 anni dall'esposizione, ma non è sempre così. Sia le esposizioni brevi ad alte dosi di radiazioni, sia le esposizioni croniche a bassi livelli possono dare poi luogo allo sviluppo di diversi tumori, compresa quindi la leucemia. Anzi, la leucemia è la malattia per la quale è stata dimostrata l'associazione più forte con l'esposizione a bassi livelli per periodi prolungati. Un tempo, per esempio, era una malattia professionale molto diffusa tra i radiologi e solo l'avvento di rigorose misure protettive ha migliorato drasticamente la situazione. Molto più recentemente, poi, uno studio danese condotto su piloti e copiloti degli aerei di linea ha dimostrato che tra coloro che hanno volato per più di 5.000 ore il rischio di leucemia mieloide acuta aumentava significativamente (si tenga presente che anche le radiazioni solari non schermate dall'atmosfera sono ionizzanti).
Anche in questo caso, sullo sviluppo della malattia giocano diversi fattori: per esempio l'età al momento dell'esposizione, ma anche caratteristiche più sottili, come la capacità di riparazione del DNA. In media, la leucemia può manifestarsi da 5 a 10 anni dopo l'esposizione. Questo rende difficile, è ovvio, valutare immediatamente i danni dovuti alle diverse fonti di radiazioni nucleari, per esempio l'uranio impoverito impiegato nei proiettili perforanti e largamente diffuso durante la guerra del Kosovo.

E le onde radio?

Per tornare all'argomento con cui si è aperto va detto che gli studi sugli effetti dei campi elettromagnetici si sono moltiplicati negli ultimi anni, con esiti però non conclusivi. A oggi non esiste la prova che l'esposizione ai campi magnetici degli elettrodotti o delle antenne radio aumenti l'incidenza della leucemia, soprattutto infantile. E' quello che avrebbe dimostrato, nel caso degli elettrodotti, uno studio britannico pubblicato nel 1999. che a sua volta faceva parte del più complesso UK Childhood Cancer Study, che si è occupato di tutte le forme tumorali pediatriche. In realtà questi studi sono piuttosto complessi da condurre per una serie di motivi. Per cominciare non è semplice arruolare un numero di casi sufficiente, così come non è facile determinare esattamente l'esposizione ai campi magnetici. Nei primi di essi non si faceva riferimento tanto a misurazioni dirette ma a calcoli presuntivi. Inoltre, va considerato che ancora non è chiaro come i campi elettromagnetici potrebbero esercitare un effetto cancerogeno. Sono allo studio diverse ipotesi, anche se quello che è certo è che in generale questi campi non possiedono energia sufficiente a danneggiare direttamente il DNA, come invece accade con le radiazioni ionizzanti. Si è anche supposto che gli EMF (ossia i campi elettromagnetici) potrebbero agire favorendo semplicemente la proliferazione di cellule già sulla via di diventare cancerogene. Nei test non sono mancati i risultati deludenti, anche se su alcuni meccanismi coinvolti nella proliferazione si è visto che qualche effetto poteva esserci. Si è anche pensato che i campi potessero agire sul DNA attraverso la formazione di radicali liberi, cioè i composti attivi dell'ossigeno, ed è forse la soluzione più promettente, pur mancando prove certe.
Lo stesso discorso può essere fatto per i campi elettromagnetici associati alle onde radio: l'epidemiologia, le indagini retrospettive non consentono di affermare che ci sia un nesso tra leucemia ed esposizione. E' stato così anche per lo studio che l'Istituto Superiore di Sanità ha condotto per la questione delle installazioni della Radio Vaticana. Assoluzione piena? Difficile dirlo, anche perché va tenuto presente un dato storico: negli Stati Uniti si sono avuti picchi leucemia infantile via via che, a partire dagli anni 20, si espandevano le aree urbane e con esse l'elettrificazione. Tuttavia, espansione delle aree urbane ed elettrificazione significa pure aumento dell'inquinamento, anche da benzene. Davvero difficile per ora trarre conclusioni definitive.



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