Farmaci sempre più intelligenti

19 ottobre 2007
Aggiornamenti e focus

Farmaci sempre più intelligenti



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La storia è cominciata nel 2001, quando è stato reso disponibile l'imatinib, meglio noto con il nome commerciale di Glivec. Il primo farmaco capace di agire in modo specifico sull'anomalia cellulare che causa la leucemia mieloide cronica. Il farmaco, considerato il capostipite dei farmaci intelligenti, in grado cioè di colpire un bersaglio preciso sulle cellule tumorali e di bloccarne lo sviluppo, è diventato la terapia d'elezione per questa patologia. E con ottimi risultati. Ma anche con i farmaci intelligenti i problemi non mancano, nel caso specifico le resistenze. "La cellula tumorale è molto instabile geneticamente e modifica in modo casuale il suo DNA, magari quello per cui il farmaco è stato studiato. E il bersaglio non è più riconosciuto" come ha spiegato a Panorama Francesco Calotta, direttore scientifico di Nerviano Medical Sciences. Ma le resistenze si possono sconfiggere. Ne è la conferma il nilotinib, nuova molecola che ha appena ottenuto l'approvazione da parte del Comitato Scientifico dell'EMEA con procedura d'urgenza. Di questa nuova molecola, anch'essa prodotta da Novartis, delle sue caratteristiche e dei suoi vantaggi si è parlato a Bologna nel corso di una conferenza stampa svoltasi nell'ambito del Congresso della Società Italiana di Ematologia (SIE).

Come agiscono i farmaci


La malattia, una neoplasia maligna, contraddistinta da una iperproduzione di globuli bianchi che vanno a colonizzare il sangue periferico e la milza, è caratterizzata da una anomalia genetica specifica, rappresentata dal cromosoma Philadelphia. Un cromosoma più corto, risultato dello scambio di DNA tra i cromosomi 9 e 22. Questo scambio, traslocazione tecnicamente, produce una proteina anomala la Bcr-Abl che è la causa della proliferazione incontrollata dei globuli bianchi. Il vecchio imatinib è in grado di colpire selettivamente la proteina anomala, lasciando inalterate le cellule sane. E grazie al farmaco il tasso di sopravvivenza a cinque anni è passato dal 50 per cento a oltre il 90 per cento. In alcuni casi può però verificarsi un fallimento terapeutico, a causa della comparsa di resistenza o intolleranza al trattamento. Una situazione che riguarda pochi, circa il 10% del totale, ma pochi da non trascurare. Ed è proprio per questi pazienti che si sono rese necessarie nuove cure. E il nilotinib, di cui si è parlato a Bologna, è una di queste.

Più potente più selettivo


Il meccanismo d'azione è analogo. La differenza, come ha spiegato Michele Baccarani, Direttore dell'Istituto di Ematologia e Oncologia Medica "L. e A. Seragnoli" di Bologna, risiede nella sua maggiore potenza e selettività nei confronti di Bcr-Abl. E proprio la sua maggiore potenza lo rende attivo nei confronti delle forme mutate di questa molecola, quelle che rendono vano imatinib. Manca il confronto diretto tra le due molecole, ma quello che è certo, oltre all'efficacia del farmaco, è che nilotinib sembra avere una minore tossicità ematologica e non dà problemi di ritenzione di liquidi. Si spiega così il via libera, con procedura d'urgenza, dell'EMEA al farmaco, con l'indicazione specifica di trattare il piccolo numero di pazienti che manifestano resistenza all'altro principio attivo. Il suo arrivo in Italia, per la verità, sottolinea Baccarani, non sembra così urgente visto che si prevede una disponibilità verso aprile-maggio 2008. Nel frattempo gli studi continuano, sia per altri farmaci come dasatinib anch'esso in dirittura d'arrivo, sia per testare nilotinib come farmaco di prima linea. Per questo è attivo il gruppo GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell'Adulto) che tanta parte ha avuto nella messa a punto del nuovo farmaco. Si attendono le risposte, la storia deve ancora finire.

Marco Malagutti



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