Numeri sotto controllo

31 ottobre 2007
Aggiornamenti e focus

Numeri sotto controllo



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Il tumore allenta la presa sul seno e frena sui numeri. La buona notizia interessa l'Italia, ma la sua eco arriva anche dagli Stati Uniti insieme a dati orientati nelle stessa direzione e utili per fare proiezioni. Il rallentamento della crescita del numero di nuovi casi è stato evidenziato dai dati raccolti in Italia dall'Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), un dato tanto più significativo perché si accompagna a una costante riduzione della mortalità. Le stime sono state presentate al IV Congresso biennale Attualità in Senologia (AIS 2007), tenutosi a Firenze ed esposte, ai 1500 specialisti presenti, da Eugenio Paci del Centro Studio e Prevenzione Oncologica (CSPO) della Regione Toscana.

Salita in stallo


I dati dei Registri Tumori Italiani descrivono una curva in salita fino alla fine degli anni '90 seguita da una tendenza alla stabilizzazione su circa 93 nuovi casi all'anno ogni 100.000 abitanti. Sfuggono a questo andamento le aree del Meridione, dove invece l'incidenza è in aumento, un processo essenzialmente ascrivibile alla diffusione negli ultimi anni della diagnosi precoce, ma anche all'allungamento dell'aspettativa di vita delle donne. Diffusione dello screening che, per l'ISTAT e per lo stesso Osservatorio Nazionale Screening (ONS), è relativa, poiché nel 2006, al Sud, solo una donna su tre ha partecipato a programmi organizzati. Nelle proiezioni sul 2007, sono attesi circa 37 mila nuovi casi (350 mila in totale le donne che oggi convivono con un tumore al seno) e 11.000 decessi (il 20% in meno rispetto alla seconda metà degli anni Novanta, trend che accomuna tutti i paesi occidentali). Aspettative confermate anche dai dati riportati in una monografia pubblicata sulla rivista Tumori, dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano che indicano, per esempio, una riduzione di qualche punto percentuale all'anno degli esiti fatali, nelle regioni del Centro e del Nord e solo di recente anche in Puglia, Sicilia e Sardegna.

Lo screening fa la differenza


Il quadro si definisce ulteriormente nello studio IMPATTO, un lavoro finanziato dal Ministero della Salute e realizzato da ONS e AIRTUM, i cui risultati sono stati anch'essi illustrati da Paci, responsabile dello stesso. Con questi dati, infatti, è stato possibile accertare come lo sviluppo di programmi di screening influenzi il trend del tumore al seno e confrontare la distribuzione degli stadi di malattia nelle varie aree del Paese. Al Centro-Nord, per una donna su due alla diagnosi la malattia risulta in stadio precoce, quindi idoneo a un intervento conservativo con buona probabilità di guarigione (95% a 10 anni). Nel Sud, che pure beneficia storicamente di una minore incidenza, la mortalità è aumentata negli ultimi 30 anni, ma per due donne su tre alla diagnosi la malattia è in fase avanzata. Dati che dimostrano che una diagnosi tempestiva modifica la gravità della malattia, laddove i programmi di screening sono ben pubblicizzati. In alcune regioni vi partecipano l'80% delle donne tra i 50 e i 69 anni. Crescono dunque le possibilità di intervenire con terapie conservative che in Italia sono sempre più diffuse. Grazie a queste pratiche, nell'ultimo decennio la sopravvivenza è aumentata di oltre il 10% e per il futuro ci si aspetta un ulteriore aumento.

La tendenza è globale

La tendenza italiana si allinea con quella europea e statunitense. Secondo l'American Cancer Society tra il 2001 e il 2004 il tasso di incidenza negli Stati Uniti è diminuito del 3,5% e la mortalità associata al tumore al seno ha perso, tra il 1990 e il 2004, il 2,2% all'anno. Dati che si allineano anche con quanto pubblicò The New England Journal of Medicine: nel 2003-2004 il tasso d'incidenza, per la prima volta, è sceso di 3-4 punti percentuali. Questa riduzione sarebbe attribuita in parte all'effetto di una maggior diffusione dello screening, ma soprattutto al crollo (-60%) delle terapie ormonali sostitutive, dopo che lo studio Woman Health Iniziative ne ha dimostrato la correlazione con il rischio d'insorgenza di tumore al seno. Non da ultimo l'approccio multidisciplinare che presta maggior attenzione all'impatto psicologico dell'intervento sulla paziente che oltre a essere nel 75% dei casi conservativo prevede sempre più spesso la consulenza di un chirurgo plastico.

Simona Zazzetta



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