Le novità non mancano

17 giugno 2005
Aggiornamenti e focus

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Una delle caratteristiche dell'artrite reumatoide è che, più di altre malattie, presenta una grande variabilità nella risposta ai trattamenti "di fondo", cioè quelli che dovrebbero controllare il progresso della malattia, e non soltanto controllare i sintomi dolorosi. In altre parole, trovare la cura giusta per il singolo malato è spesso un processo lungo. E non è nemmeno detto che i farmaci più recenti abbiano più probabilità di quelli più anziani di ottenere una risposta positiva. E' vero che alcune sostanze, a cominciare dal metotressato, hanno un'efficacia un po' più vasta, ma resta comunque un 30-40% di pazienti nei quali il danno articolare prosegue comunque. Per questo quando si prospetta l'arrivo di nuove molecole è una buona notizia, anche se non risolveranno i problemi di tutti.

Nuovi farmaci biologici


Al congresso dell'European League Against Rheumatism (EULAR) hanno suscitato un certo interesse due sostanze: rituximab e abatacept. Il rituximab è nato come antitumorale, in particolare per il trattamento del linfoma non-Hodgkin, e agisce sul sistema immunitario, inibendo l'azione delle cosiddette cellule B. Queste cellule immunitarie hanno un ruolo importante nel meccanismo che conduce all'alterazione delle strutture articolari, anche se non sono il solo protagonista di questa reazione "autodistruttiva" da parte del sistema immunitario. Al congresso sono stati presentati i risultati di uno studio britannico condotto su 465 pazienti nei quali altri trattamenti, compresi gli inibitori del TNF, non avevano avuto l'effetto di rallentare la progressione del danno articolare. All'inizio dello studio, i pazienti avevano da 21 a 33 articolazioni tumefatte e un indice di attività della malattia pari a 6,8 (in reumatologia si impiegano diverse scale per valutare dolore e stato delle articolazioni). In media queste persone assumevano, prima dell'inizio dello studio, 2,4 farmaci di fondo. Il campione è stato suddiviso in tre gruppi: uno che assumeva placebo più metotressato, un altro che assumeva 500 mg di rituximab e un terzo che assumeva una dose doppia. Se all'inizio dello studio il paziente assumeva metotressato, questa terapia veniva continuata. A 24 settimane si è avuta la prima valutazione. Le persone che hanno visto ridotti del 20% i sintomi erano il 54% nel gruppo dei 1000 mg, il 55% in quello della dose inferiore e solo il 28% nel gruppo del placebo. Ancora più interessante il fatto che una riduzione del 50% degli effetti della malattia si è avuta in oltre il 33% dei due gruppi che assumevano il nuovo farmaco e nel 13% di coloro che assumevano il placebo. Anche l'indice di attività della malattia è sceso di almeno 1,8 punti. Insomma un risultato promettente, anche se secondo gli autori l'impiego ideale del rituximab è in associazione al metotressato.

Articolazioni risparmiate


Abatacept è, come il precedente, un farmaco biologico, solo che agisce inibendo l'azione dell'Interleuchina-6, una sostanza ad azione infiammatoria che è un altro dei protagonisti dell'artrite. All'EULAR 2005 sono stati presentati i risultati di più studi mirati soprattutto a valutare l'impatto del farmaco sulla degenerazione delle articolazioni, quindi attraverso indagini radiologiche. I pazienti coinvolti in questo studio, oltre 600, sono stati trattati con il nuovo farmaco più un altro farmaco di fondo oppure con placebo più un altro farmaco di fondo. All'inizio della ricerca sono state eseguite radiografie della mano e del piede, indagini poi ripetute a un anno di distanza. In effetti, le persone che avevano assunto l'abatacept mostravano un aumento dell'erosione delle articolazioni pari a 0,63, mentre quelle nel gruppo placebo avevano un dato molto peggiore (1,14). Lo stesso risultato si è avuto anche per la riduzione dello spazio articolare, un altro indice della progressione della malattia, in quanto l'articolazione si schiaccia.Questo farmaco, però, pare prestarsi meno all'uso in associazione con altre terapie di fondo. E' chiaro che non si tratta di scoperte risolutive, ma è sperabile che in questo modo si riesca ad ampliare la scelta.

Maurizio Imperiali



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