Ritmo contro l'artrite reumatoide

23 gennaio 2008
Aggiornamenti e focus

Ritmo contro l'artrite reumatoide



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Quando una classe di farmaci funziona ed è anzi un caposaldo terapeutico da oltre cinquant'anni, se ci sono limiti è giustificato cercare di risolverli, anche se ci sono opzioni successive. I glucocorticoidi sono tuttora nella prima linea terapeutica dell'artrite reumatoide, e consolidati in molte altre patologie; il problema degli effetti indesiderati è un limite, che si ridurrebbe per esempio con dosi più basse. Le strategie pensate per migliorare il rapporto beneficio/rischio e ottimizzare la terapia sono diverse. La più innovativa nasce ora da un "vecchio" concetto che però è ancora poco sfruttato in medicina (non in quella cinese): la cronobiologia e relativa cronoterapia, principi attivi somministrati in base all'andamento ritmico di sostanze biologiche. Nel caso dell'artrite, la somministrazione di prednisone anticipata alla sera invece che al mattino, in modo che l'effetto si adatti all'andamento circadiano del cortisolo e delle sostanze infiammatorie, che determina il tipico quadro di rigidità articolare, dolore e gonfiore al momento del risveglio. Tutto questo utilizzando una particolare formulazione che rilascia il farmaco a distanza di ore, quando è più utile. Il nuovo approccio, confrontato in uno studio con quello tradizionale, ha mostrato la sua validità. E potrebbe costituire un interessante precedente, anche per ambiti terapeutici molto diversi (di cronoterapia si parla persino per i tumori).

Più efficace al risveglio


I livelli ematici di cortisolo hanno un andamento circadiano, con un picco alle 6-7 del mattino e un minimo tra le 22 le 2. Nell'artrite reumatoide il ritmo è alterato e l'ormone aumenta prima, tra mezzanotte e le 2, un anticipo preceduto e forse causato dall'incremento di una citochina proinfiammatoria, l'interleuchina 6 (crescita che nelle persone sane non si osserva). Questo si lega al caratteristico quadro mattutino della malattia, con la rigidità che già nello stadio precoce è più indicativa di altri parametri d'infiammazione. I glucocorticoidi sono efficaci contro i sintomi dell'artrite reumatoide e riducono anche le citochine proinfiammatorie quali l'interleuchina 6, come nello studio attuale e in altri precedenti. Di recente si è suggerito che la terapia al mattino non sia ottimale perché a quel punto lo stimolo pro-infiammatorio ha già esplicato i suoi effetti nocivi: anche la Lega europea contro i reumatismi, nelle nuove raccomandazioni sui glucocorticoidi per via sistemica, ha sottolineato l'importanza del "timing" e dei ritmi circadiani, ipotizzando una migliore efficacia della somministrazione notturna. Gli autori dello studio attuale avevano già verificato che basse dosi di prednisone somministrate alle 2 del mattino erano più efficaci sui sintomi al risveglio rispetto alla stessa dose data come d'uso alle 7.30. Assumere di routine un farmaco di notte è però ovviamente una via poco praticabile. Da questo si è arrivati all'idea di una nuova formulazione a rilascio modificato di prednisone che consentisse l'assunzione serale e la liberazione del principio attivo più tardi quando serve, cioè intorno alle 2.

Vantaggio per la rigidità articolare


Le compresse hanno infatti un rivestimento che si rompe quattro ore dopo per penetrazione dell'acqua, rilasciando il contenuto. Nello studio randomizzato e in doppio cieco si sono confrontati su 288 malati di artrite reumatoide in fase attiva gli effetti delle compresse a rilascio modificato di prednisone assunte prima di dormire e di quelle a rilascio immediato assunte al mattino, con un'osservazione di dodici settimane. Risultato: con il nuovo sistema la durata della rigidità articolare al risveglio è sensibilmente diminuita, con un vantaggio di mezz'ora rispetto al sistema tradizionale, e con un miglioramento già evidente dopo due settimane. Non si sono evidenziate differenze per gli altri sintomi e parametri di attività della malattia, ma questo non sorprende gli autori, che affermano che negli altri casi la relazione causale con gli stimoli circadiani pro-infiammatori sarebbe meno stringente; senza contare che dodici settimane di osservazione non sono molte. Quanto al profilo di sicurezza era simile nei due gruppi. Si è evidenziata (ma non era un obiettivo dello studio) una differenza anche per i livelli ematici di interleuchina 6 in mattinata, ulteriore conferma di un incremento di efficacia antinfiammatoria della bassa dose di prednisone nella nuova formulazione a rilascio modificato. Un'opzione di questo tipo potrebbe rivelarsi utile anche per altri impieghi, come nella polimialgia reumatica o nell'asma. Ma l'orizzonte che si apre è in realtà molto più ampio.

Elettra Vecchia



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