Cadute fatali

25 gennaio 2008
Aggiornamenti e focus

Cadute fatali



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La fragilità ossea è una caratteristica che accomuna le persone anziane, ma non è sufficiente per causare una frattura. Perché questa si verifichi deve subentrare un trauma, molto spesso, a una certa età, dovuto a una caduta. E anche a voler rinforzare il tessuto osseo, limitando il fenomeno osteoporotico, intrinseco all'invecchiamento, una caduta comporta sempre un danno all'apparato scheletrico. Un'analisi del fenomeno proposta dalle pagine del British Medical Journal invita a riflettere proprio sulle cause delle fratture e sulla loro prevenzione.

Parametri predittivi


Le strategie in questo ambito generalmente tendono ad accertare l'osteoporosi mediante una valutazione della densitometria ossea e in caso la densità risulti bassa vengono prescritti farmaci che rallentano il riassorbimento osseo o integrano nutrienti e minerali. Ma questo rischia di distogliere dal fattore di rischio più forte che restano le cadute: l'osso non si sgretola da solo, si rompe perché c'è un trauma. Per altro, la densità minerale ossea è discutibile anche come parametro predittivo di fratture in quanto il valore ottenuto (T-score) ha un margine di sovrastima o di sottostima del 20-50%, vale a dire che se il T-score è - 3,0 potrebbe essere -1,5 o 0, cioè da osteoporotico o normale. L'alternativa proposta è un indice più complesso in termini di variabili, basato su fattori di rischio clinici come l'età, precedenti fratture, familiarità, peso, abitudine al fumo, facilità nell'alzarsi da una sedia senza l'appoggio delle mani. Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità sta elaborando un nuovo strumento di valutazione del rischio di frattura che combina, per fasce di età, la densità minerale ossea con sei fattori di rischio clinico: precedenti fratture, assunzione di glucocorticoidi, storia familiare di fratture, abitudine al fumo, abuso di alcool e artrite reumatoide. In base a queste variabili è possibile stimare la probabilità di frattura nei successivi 10 anni e quindi allineare anche le soglie di intervento farmacologico che diventa più mirato in un bilancio di costo-efficacia.

Up and Go!


A sostegno di questo nuovo orientamento, i numerosi studi che dimostrano che sono le caratteristiche della caduta a determinare la gravità della frattura: altezza, intensità e direzione. Infatti, se la riduzione di un punto della densità minerale ossea raddoppia o poco più il rischio, la caduta su un lato aumenta il rischio di fratture del femore da tre a cinque volte, e se l'impatto interessa maggiormente il trocantere maggiore (parte del femore) il rischio aumenta di 30 volte. Altrettanti studi hanno verificato la possibilità di prevenire le cadute intervenendo o con l'esercizio fisico o con un approccio multifattoriale, mirato anche a ridurre i fattori di rischio ambientali. I risultati migliori si sono ottenuti allenando e stimolando forza ed equilibrio, riducendo il dosaggio di psicofarmaci, integrando la dieta con vitamina D e calcio, e modificando i rischi domestici. Ma anche con provvedimenti più mirati, per esempio, a risolvere problemi di cataratta o di cuore, stabilizzare l'andatura, adottare sistemi antiscivolo in caso di superfici sdrucciolevoli, anche per strade ghiacciate durante l'inverno. In attesa che la stessa OMS diffonda strumenti più specifici e mirati, un semplice test permette di valutare se la persona necessita di un consulto specialistico per iniziare un programma per prevenire le cadute. Se ci sono difficoltà già nel sedersi e nell'alzarsi o se servono più di 13 secondi per alzarsi e camminare, l'incontro con un geriatra o con strutture specializzate è una prima misura da prendere in considerazione.

Simona Zazzetta



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