Un focolare tutt'altro che rassicurante

11 ottobre 2006
Aggiornamenti e focus

Un focolare tutt'altro che rassicurante



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Una strada poco illuminata, un quartiere malfamato, una strada deserta possono indurre inquietudine in una donna, anche solo come immaginario di pericolo e di violenza subita. Eppure, molto spesso la violenza non viene da un estraneo e, anche solo per un fenomeno di emersione e di presa di coscienza, i numeri dimostrano come la violenza domestica sia purtroppo un evento assai diffuso che attraversa tutte le classi sociali.

Nel mondo industrializzato


Varie ricerche americane ed europee hanno riconosciuto che dal 20% al 30% delle donne ha subito violenze fisiche e sessuali all'interno del nucleo familiare, sia nel corso della vita adulta che nell'infanzia o nell'adolescenza, dal 13% al 20% delle donne è stata stuprata almeno una volta. E' rilevante anche il maltrattamento nei confronti delle donne separate che varia dall'11% al 18%, e la cessazione della convivenza non basta a fermare la violenza del maltrattatore. La percentuale cresce se si aggiungono le violenze psicologiche. Sono in aumento le segnalazioni di maltrattamenti psicologici, dal 40,9% al 45,6%, ed economici, dal 10,9% al 12,1%. Tali denunce o segnalazioni sono tuttavia indice di una maggiore consapevolezza della propria dignità e dei propri diritti acquisita dalle donne. Resta comunque un dato: il 96% dei maltrattatori sono uomini che appartengono alla cerchia dei famigliari, mariti, conviventi, fidanzati o ex, padri o fratelli, anche per i casi di violenza sessuale.

Oltre i confini


Ma oltre a non fermarsi alle mura domestiche, la violenza sulle donne supera anche i confini geografici e la si ritrova con numeri abbastanza simili anche in paesi più o meno lontani da realtà occidentali e industrializzate. E la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha riconosciuto nella violenza domestica un problema anche di ordine sanitario, ha realizzato uno studio per raccogliere dati sulla salute delle donne e sulla violenza contro di loro, che coinvolgesse più paesi: Bangladesh, Brasile, Etiopia, Giappone, Namibia, Perù, Samoa, Serbia e Montenegro, Tailandia, e Repubblica Unita della Tanzania. Circa 24 mila donne sono state raggiunte da intervistatrici volutamente donne, formate in modo opportuno anche per garantire la totale privacy, pronte a gestire anche il caso in cui qualcuno fosse entrato nella stanza. La proporzione di donne che riportava di aver subito violenza fisica o sessuale dal proprio partner variava dal 15% del Giappone al 71% dell'Etiopia, anche se in realtà i valori oscillavano tra il 30% e il 60%. Le percentuali più alte si ritrovavano nelle province del Bangladesh, dell'Etiopia, del Perù e della Tanzania, mentre in Etiopia, Bangladesh e Tailandia era più frequente che avessero subito violenza sessuale, anziché fisica, dal partner. Ne emerge quindi che la proporzione di violenza considerata più grave, in realtà si consumava in aree rurali e non nelle città. E già in altri studi, per esempio in Nicaragua, si notava che la natura e l'entità della violenza peggioravano laddove la donna aveva poco potere, mentre la prevalenza del fenomeno diventava più bassa in assetti industrializzati.I dati raccolti sono già in grado di dare indicazioni sulle aree a rischio su cui indirizzare un'azione di salute pubblica a livello nazionale. Azione che però potrebbe e dovrebbe avere anche una dimensione globale, dal momento che il fenomeno ha una prevalenza e una diffusione mondiale.

Simona Zazzetta



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