Ira/vita spericolata

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Ira/vita spericolata



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Gli iracondi, nella psichiatria moderna hanno un nome anglo-italiano: personalità borderline. Sia chiaro fin da subito: come sempre in psicologia si deve distinguere tra l'episodio di ira occasionale, che può benissimo essere giustificato sul piano oggettivo, e che entro certi limiti è sbagliato reprimere, e una struttura di personalità tale per cui si scatta alla minima provocazione. Sempre.

Chi è borderline


Questa, come altre definizioni di malattia, è stata oggetto di un lungo dibattito. Intanto, borderline significa "di confine", cosa spiegata dal fatto che queste personalità sembrano appunto sull'orlo della psicosi. Ma non si tratta di psicotici (per esempio il paranoico o lo schizofrenico) perché in questo disturbo si mantiene comunque una presa sulla realtà. Il tratto dominante è l'estrema variabilità dell'umore, ma non al modo del disturbo bipolare (maniaco-depressivo), in cui i due stati fondamentali di depressione ed esaltazione durano per un certo periodo pur alternandosi. Nel borderline rabbia e depressione, scoppi di violenza, spesso rivolta verso di sé, e stati di disperazione e inerzia si susseguono veloci. Non a caso uno dei ricercatori che più si è applicato a questo disturbo, Marsha Linehan, parla di una congenita minore capacità di resistenza agli stimoli stressanti esterni, mentre altri hanno altresì osservato una insolita sensibilità agli aspetti non verbali della comunicazione (per esempio i gesti, l'atteggiamento fisico il tono di voce dell'interlocutore). E come cambia l'umore nel complesso, cambia anche la considerazione delle persone con cui entra in contatto, che possono essere considerate angeli salvatori e subito dopo nemici giurati, fenomeno che si produce in particolare con lo psicoterapeuta (e cosa che rende piuttosto difficile il trattamento). L'80% delle persone cui viene diagnosticato sono donne, e un 10% dei pazienti affetti da questo disturbo si suicida. L'esordio è in giovane età, ma la spinta tende a esaurirsi con l'età adulta: attorno alla quarantina i disturbi si attenuano notevolmente in una buona percentuale dei casi.

Senza mezze misure


Allo stesso altalenare è soggetto anche il giudizio su se stessi, sempre con la stessa disorientante rapidità. Un altro studioso, Otto Kernberg ha sintetizzato così la situazione: "Una persona con questo disturbo può cercare di descriversi parlando per cinque ore senza riuscire a dare un'idea di sé". E per quanto mutevoli, i giudizi espressi su cose e persone hanno sempre la stessa nettezza: o positivo o negativo, o buono o irrimediabilmente cattivo. Insomma, una vita in bianco e nero.
Per l'iracondo borderline le cose non hanno un contesto, un prima e un poi, una continuità: tutto accade qui e adesso e se tutto accade qui e adesso è ben difficile avere una prospettiva. E le reazioni non possono essere che estreme. D'altra parte, anche nelle situazioni "normali" che si dice a chi sta dando in escandescenze? Si dice "Dai, ragiona, succede.. Non è la fine del mondo" e cose del genere, si invita cioè a "contestualizzare" l'evento scatenante. Ma "il borderline" non può farlo.

L'ira autodistruttiva

Questa incapacità di vedere la continuità di cose e situazioni si ripresenta anche, per esempio, nella paura di essere abbandonati: ogni allontanamento di una persona amata, anche dovuto a ragioni più che banali e pratiche, magari per andare a fare la spesa, è vissuto come un abbandono definitivo.
Ma non si confonda l'iracondo borderline con il prepotente o il violento tout court. Infatti in questo disturbo dominano anche altre spinte, a cominciare dall'autolesionismo e dalle tendenze suicidarie. Se si volesse usare il disturbo come una metafora, sarebbe la riprova che l'ira, non canalizzata come spinta "energetica" è sempre autodistruttiva. Non a caso nel disturbo borderline sono spesso presenti comportamenti come il ricorso ad alcol e droghe, oppure il gioco d'azzardo o la guida pericolosa. Un altro tratto caratteristico è l'incostanza nel lavoro, nelle relazioni: è una sequela di interruzioni, separazioni, licenziamenti. E forse dietro ai classici "rompiscatole" che passano da una scuola all'altra, da un ufficio all'altro può esserci qualcuno affetto da questo disturbo

Cause? Cure?

Spesso accade che di una malattia si dica che è multifattoriale, cioè dovuta a più cause. Anche per la personalità borderline è così. Si è notata una tendenza a ereditare comportamenti come l'impulsività e l'instabilità emotiva forse, avanzano alcuni, perché alla base potrebbe esserci un cattivo funzionamento del sistema serotoninergico (la serotonina è uno dei principali neurotrasmettitori legati all'umore). Si è anche parlato della malattia come reazione a un trauma, per esempio a una violenza (sessuale e no) subita. Ma è anche vero che chi è preda di un'ira incontrollabile spesso finisce col procurarseli, i traumi (quindi che cosa è causa? E che cosa è effetto?). Anche un'infanzia caratterizzata da scarso supporto emotivo da parte dei genitori viene indicata tra le possibili cause, anche se molti tra i sofferenti riportano peraltro un'infanzia normale.
Di cure si può parlare comunque. Un po' tutto l'arsenale farmacologico è stato usato per il disturbo borderline. Gli antipsicotici come aloperidolo e risperidone, vengono usati per ridurre gli scoppi di ira, così come gli antidepressivi maggiori vengono usati per gli abbassamenti del tono dell'umore. Malgrado si sospetti un ruolo della serotonina (o meglio una sua carenza), per ora l'uso degli antidepressivi serotoninergici (come fluoxetina, paroxetina eccetera) non si è rivelato decisivo. Niente di specifico, quindi, e di veramente efficace a lungo termine. Salvo la psicoterapia in tutte le sue declinazioni. L'approccio che ha più successo resta quello che mira a insegnare al paziente ad affrontare in modo pratico i problemi, a viverli come soltanto un momento di un processo. La scuola psicanalitica, inoltre, mira a costruire un solido rapporto tra analista e paziente, quasi a costituire un modello sul quale improntare il rapporto con tutti gli altri.
Se poi ci si arrabbia ancora, non è detto sia per forza un male.

Maurizio Imperiali



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