Questione di buon senso

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Questione di buon senso



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Il governo sembra avere le idee ben chiare sull'argomento droghe e, nella proposta di regolamentazione di recente annunciata, ha previsto l'eliminazione di ogni distinzione tra droghe leggere e pesanti, con una riduzione delle tabelle a due tipologie: farmaci e stupefacenti. Una giusta iniziativa? Al di là dello scontro politico e sociale che, inevitabilmente, si è acceso sull'argomento sono molti gli studi scientifici e medici che hanno illustrato, peraltro con risultati controversi, proprietà, rischi e virtù dei derivati della canapa indiana (marijuana e hashish). I risultati sono di grande rilievo, tenuto conto che, secondo un recente rapporto dell'ufficio dell'Onu per il controllo degli stupefacenti, quasi il 5% degli italiani con più di 15 anni fuma marijuana o hashish. Mentre sono 150 milioni, ed in costante aumento, i consumatori nel mondo. Numeri che rendono la cannabis il principale stupefacente utilizzato.

I principali effetti


La cannabis contiene più di 400 composti chimici, di cui 61 cannabinoidi, tra i quali il delta 9-tetraidrocannabinolo (THC) è il più potente come attività psicoattiva; inoltre nel fumo di cannabis sono presenti più di 350 sostanze chimiche simili a quelle del fumo di sigaretta. I cannabinoidi, molto liposolubili, attraversano rapidamente le membrane cellulari ed entrano nel cervello dopo pochi minuti dalla inalazione del fumo di uno spinello ed entro un'ora dalla ingestione orale. Il THC si lega nel cervello a dei recettori specifici scoperti nel 1988, i recettori endogeni, legandosi ai quali attiva una serie di reazioni cellulari che portano all'effetto acuto dei cannabinoidi. Ad essere coinvolti sono i sistemi cerebrali che controllano il tono dell'umore: la memoria, le funzioni intellettuali e cognitive, il dolore, il controllo dei movimenti, le attività delle ghiandole endocrine, il sistema cardiovascolare e altre funzioni vitali. La cannabis produce, così, uno stato di coscienza oniroide (sognante) nel quale le idee appaiono sconnesse, incontrollabili e liberamente fluenti. In genere si produce una sensazione di benessere e rilassamento (il cosiddetto "sballo"), effetti che non durano più di 2 o 3 ore dopo l'assunzione. Mancano ad oggi evidenze convincenti di un effetto prolungato o di postumi. Anche se uno studio ha confrontato le abilità di memoria, attenzione e apprendimento tra due gruppi di studenti di college: uno di consumatori abituali di marijuana e uno di consumatori occasionali. Dopo 24 ore di sobrietà da tutte le droghe e alcol, i test hanno rivelato nei consumatori abituali un maggior numero di errori e maggiore difficoltà nel mantenere la concentrazione. Indizi ma nessuna prova definitiva, comunque. E per quanto riguarda la dipendenza?

La cannabis dà dipendenza?


Come ogni sostanza che causa euforia e riduce l'ansia la cannabis può provocare dipendenza, tuttavia, il consumo intenso e le lamentele di incapacità a smettere sono rari. La cannabis può essere usata in maniera episodica senza evidenze di disfunzionalità sociale o psicologica. Nel 16-29% dei consumatori abituali alla brusca sospensione della droga può comparire una sindrome da astinenza con agitazione, ansia, aggressività, insonnia e tremori, mentre il rischio di sviluppare una dipendenza in chi la usa saltuariamente è stimato nel 10%. È vero, infatti, che negli USA ogni anno 120000 persone iniziano un trattamento per la loro tossicodipendenza da marijuana ma, d'altro canto, i soggetti che risultano positivi ai test sul posto di lavoro spesso sono obbligati a chiedere il trattamento. L'uso di marijuana costituisce, comunque, un problema di droga sebbene la sua importanza tossicologica sia incerta. Come incerto è un altro argomento molto dibattuto: il rischio di passare ad altre droghe illecite. Secondo alcune stime i soggetti dipendenti da cannabis hanno una probabilità 28 volte superiore rispetto ai non consumatori di passare ad altre droghe illecite, ma si tratta di una associazione più forte per l'età di 14-15 anni.
In ogni caso - come conclude un editoriale appena pubblicato sul British Medical Journal - le conoscenze attuali non consentano di affermare che la cannabis abbia un impatto significativo sul tasso di decessi. Il buon senso, però, suggerisce di tentare di minimizzarne gli effetti negativi, ovvero di scoraggiarne l'uso da parte degli adolescenti, di non usarla quando si guida o si lavora, e di evitarla se si soffre di disturbi cardiaci. Molto rumore per nulla?

Marco Malagutti



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