Codice senza segreti

21 febbraio 2003
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Secondo la definizione della Task Force on Genetic Testing, un test genetico è lanalisi di DNA, RNA, cromosomi, proteine e metaboliti umani per scoprire genotipi, mutazioni, fenotipi e cariotipi associati a malattie ereditabili. Tale analisi si può eseguire con varie tecniche e con diverse finalità. La diagnosi di patologie genetiche, è certamente lobiettivo più immediato, ma permette anche di definire il rischio del paziente o dei futuri figli.

Diagnosi genetica
Se la necessità è una diagnosi esatta in presenza di sintomi che suggeriscono una malattia genetica, il test genetico è lalternativa migliore. Esistono delle mutazioni genetiche la cui presenza identifica gran parte dei casi di malattia. Ne è esempio il cancro medullare della tiroide in pazienti giovani: lidentificazione della mutazione delloncogene RET conferma che il cancro è una manifestazione della neoplasia endocrina multipla di tipo 2 (MEN2), responsabile del 25% dei casi di questo tipo di tumore.
Altro esempio di diagnosi si realizza evidenziando la delezione del gene distrofina, mediante analisi del DNA, per accertare la distrofia muscolare di Duchenne. In questo caso però il test presenta la probabilità del 30% di dare falsi negativi, quindi, se i sintomi suggeriscono la diagnosi è necessario procedere con la biopsia del muscolo. Ciò accade poichè non esiste ununica mutazione responsabile, ma potrebbero esserci delle varianti non rilevate dagli attuali test disponibili.
Tale eterogeneità allelica si verifica quando esistono molteplici mutazioni dello stesso gene tutte responsabili della malattia, per esempio il gene della fibrosi cistica e i geni BRCA e BRCA2 (associati alla suscettibilità al tumore del seno e dellovario) possono presentare centinaia di mutazioni causative. Al contrario, lanemia falciforme è determinata da ununica mutazione nel gene beta-globina, che dà origine a una emoglobina modificata.
La diagnosi può avvalersi anche dei test citogenetici per identificare cromosomi o segmenti cromosomici duplicati, deleti o translocati su altri cromosomi. In questo modo si ottiene la diagnosi prenatale della sindrome di Down: la presenza di un cromosoma in più, il cromosoma 21 è presente in triplice copia, indica un nascituro affetto dalla patologia.

Quando il rischio è di famiglia
La diagnosi presintomatica sui membri della famiglia, in cui compare la patologia, permette di valutare la percentuale di rischio; tuttavia, se per un verso offre unimportante opportunità di prevenzione dallaltro rischia di essere psicologicamente dannosa.
Con una diagnosi di neoplasia endocrina multipla di tipo 2 e lidentificazione della mutazione RET è consigliabile lo screening genetico per i parenti di primo grado del paziente: chi ha ereditato la mutazione dovrebbe sottoporsi ad asportazione chirurgica della tiroide profilattica impedendo così lo sviluppo del carcinoma.
In altri casi, però, pur conoscendo il rischio non è detto che si possa intervenire. La mutazione che determina la malattia di Huntington conferisce un rischio potenziale del 100% di sviluppare la malattia. Ma attualmente non esistono trattamenti preventivi disponibili, quindi in casi simili è importante un sostegno psicologico per chi intende sottoporsi allesame.

Test validi se sensibili
Per stabilire la validità clinica del test è importante conoscerne la sensibilità, cioè la proporzione di persone affette con test positivo e la penetranza cioè la proporzione di persone che presentano la mutazione e che poi realmente manifesteranno la patologia.
Questi parametri variano rispetto alle caratteristiche della malattia stessa, inoltre la possibilità di individuare solo sottogruppi di mutazioni potenzialmente causative limita la sensibilità dei test: se il paziente non ha una mutazione identificabile il test non può essere efficace. Per esempio, i test del DNA attualmente in uso possono identificare solo le mutazioni più comuni responsabili della fibrosi cistica, e quindi riconoscere l85% dei portatori, mentre il problema non si pone per lanemia falciforme: il test è molto sensibile in quanto la malattia è causata da una specifica mutazione.

Quando prevenire?
Se il test genetico evidenzia un rischio incrementato da fattori genetici, piuttosto che la certezza che si svilupperà la malattia, diventa difficile valutare lefficacia di interventi che vadano a ridurlo, in particolare quando il fattore genetico è responsabile di una piccola porzione dei casi: le mutazioni BRCA1 e BRCA2 conferiscono un rischio elevato di tumore al seno ma rappresentano una bassa casistica dei tumori mammari.
Diversamente, dati clinici e di letteratura indicano che per il tumore medullare tiroideo il rischio dovuto alla mutazione delloncogene RET è del 100% se non si interviene con lasportazione chirurgica.
Esistono, inoltre, patologie in cui gli effetti ambientali hanno un impatto importante, e allora lidentificazione della mutazione torna a essere un fattore di rischio, anzichè la diagnosi della malattia. In questi casi la gestione dellintervento di profilassi non è chiara e univoca e, a volte, può essere poco efficace. Infatti, la mutazione del gene del fattore V Leiden comporta un rischio di trombosi venosa compreso tra il 12 e il 30%; tuttavia più della metà delle trombosi vanno attribuite ad altri fattori di rischio: chirurgia, contraccettivi orali, costrizione a letto del paziente.

Consenzienti e informati
Per quanto le informazioni derivanti da un test genetico siano valide e, in certi casi, critiche, è fondamentale che il paziente sia supportato psicologicamente e informato sui possibili esiti e sui limiti del loro valore predittivo: la suscettibilità genetica per una malattia può dare origini a preoccupazioni e condizionamenti che potrebbero ridurre la motivazione a intervenire per ridurre i rischi. Infine, la consapevolezza di essere ''a rischio'' potrebbe generare discriminazioni in ambito lavorativo e assicurativo.

Simona Zazzetta

Fonti

Burke W Genetic testing. N Engl J Med 2002 Dec 5;347(23):1867-75



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