La sfida dei vaccini

25 novembre 2002
Aggiornamenti e focus

La sfida dei vaccini



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Mai come parlando di vaccini le cifre sono inequivocabili. Nei soli Stati Uniti per la difterite si è passati dai 206000 casi del 1921 ai due casi del 2001, per il morbillo da quasi 900000 casi nel 1941 a 96 casi nel 2001, per la rosolia da quasi 58000 casi nel 1969 a 19 nel 2001, per la parotite da oltre 152000 casi nel 1968 a 216 nel 2001. A ciò vanno aggiunte l'eradicazione del vaiolo che tra il 1901 e il 1904 ha fatto più di 48000 vittime negli Stati Uniti, della poliomelite, almeno nell'emisfero occidentale, e la riduzione del 97% dell'incidenza di 7 malattie considerate tra le più pericolose al mondo (pertosse, morbillo, difterite, , rosolia, parotite, , infezione da Haemophilus influenzae e tetano). Numeri che dovrebbero bastare per sottolineare l'importanza della prevenzione vaccinale nell'ambito delle strategie sanitarie e invece... Invece non è così: il valore sociale della vaccinazione in Italia, e non solo, non è sufficientemente riconosciuto, tanto che meno dell'1% della spesa farmaceutica totale è devoluta per i vaccini. Di questo e di altro medici, ricercatori, economisti e politici hanno discusso a Rosia (Siena) in un workshop dal titolo "L'industria del vaccino in Italia: per un modello vincente di collaborazione con le istituzioni". Con una domanda di fondo che ha attraversato, nei vari interventi, tutto il seminario: qual è il valore di essere sani?

Il costo della salute 


Meno dell'1% della spesa farmaceutica, quindi, è destinata ai vaccini, una percentuale che a livello mondiale aumenta appena al 2%. Come provocatoriamente è stato sottolineato da Luca Guerzoni, amministratore delegato di Chiron, si spende molto di più per assicurare la propria auto che non la propria salute. Un grafico sintetizza molto bene la situazione. Utilizzando come coordinate il valore sociale e il valore economico e mettendo a confronto vaccini e farmaci, si può vedere come, nonostante l'indiscutibile superiorità di incidenza sociale dei vaccini, si investe molto meno su questi che non sui farmaci. Perché? Secondo Rino Rappuoli, un'autorità in materia di vaccini è presto detto. La società ha deciso che è meglio che le persone siano malate per il bene delle aziende farmaceutiche. Ecco perché si assiste ad una progressiva cronicizzazione delle malattie, con farmaci sempre nuovi a supporto, mentre si previene molto poco con lo strumento vaccinale. Urge una svolta culturale perciò. Anche perché - ha sottolineato Rappuoli - nel bilancio dei costi va annoverato anche il valore delle potenzialità di sviluppo economico di un paese che vengono perse a causa delle malattie infettive ed il pensiero corre all'Africa e a quello che determina a livello economico e sociale l'epidemia provocata dall'Aids.

Morire di morbillo


Ma senza andare tanto lontano - come messo in evidenza da Donato Greco, Direttore del Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica dell'Istituto Superiore di Sanità, in Italia quest'anno ci sono stati otto morti per morbillo che hanno fatto molto scalpore. Un dato inaccettabile che mette a nudo il mancato raggiungimento di una situazione ottimale in termini di prevenzione vaccinale. Un discorso ripreso da Maurizio Bonati, responsabile del Laboratorio per la Salute Materno-Infantile del Mario Negri di Milano, che ha rimarcato quanto sia emblematico che un caso del genere abbia riguardato la regione Campania, a causa di una inefficiente gestione e programmazione complessiva delle risorse che avrebbero dovuto garantire approvvigionamento e utilizzo del vaccino (per esempio campagne di informazione, monitoraggio delle coperture vaccinali, sorveglianza sistematica delle malattie infettive). In Italia del resto - ha continuato Bonati - la gestione delle risorse e delle strutture allocate per la vaccinazione varia considerevolmente da regione a regione (a proposito di devolution n.d.r.). Quello che è palese è la mancanza di strategia, una strategia di prevenzione che in Italia è molto carente, nonostante - come sottolineato da Greco - dopo l'acqua potabile, nessun intervento preventivo ha avuto tanto successo quanto la vaccinazione che, per un costo bassissimo, conferisce un grandissimo vantaggio. Allora che fare? Più sorveglianza epidemiologica, adeguamento dell'offerta vaccinale, più comunicazione e maggiori investimenti nella ricerca vaccinale anche attraverso accordi tra pubblico e privato.

Una collaborazione è possibile

La palla è così passata alle istituzioni sia pubbliche sia private. A illustrare "le meraviglie" di un proficuo rapporto di collaborazione tra i due mondi ha pensato Enrico Garaci, Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità. Da uno studio clinico mirato a valutare l'immunogenicità. l'efficacia e la sicurezza di nuovi vaccini acellulari contro la pertosse alla messa a punto di chemioterapici innovativi, ma la punta di diamante di questa collaborazione è rappresentata dal vaccino di seconda generazione contro l'Aids che punta al controllo dell'infezione e dello sviluppo della malattia. La sinergia tra Iss e Chiron ha portato nel Laboratorio di Virologia dell'Iss, sotto la guida di Barbara Ensoli, allo sviluppo di un nuovo approccio vaccinale basato sulla proteina virale Tat, di cui a gennaio inizieranno gli studi clinici di fase I. Presso l'azienda senese nel frattempo è in fase avanzata la ricerca di un vaccino contro l'Hiv basato su altre proteine strutturali (Env/Gag). L'auspicio è di poter arrivare ad un vaccino coniugato efficace e non tossico, obiettivo per il quale sono stati stanziati ben 12 miliardi di euro, suddivisi equamente tra pubblico e privato. Le dolenti note vengono, invece, dal fronte governativo. O meglio Fabrizio Cobis, rappresentante del Ministero dell'Innovazione e della Ricerca Scientifica , ha evidenziato tutti i buoni propositi del suo ministero impegnato a pieno campo nel rivitalizzare l'impegno pubblico nella ricerca di base, nello stesso tempo ha però evidenziato come manchino i fondi indispensabili a questa politica; la Finanziaria imminente, infatti, non sembra privilegiare l'area della ricerca. Non è mancato, infine, il doveroso contributo delle realtà locali, con i rappresentanti di Comune e Regione. Del resto il fatto che esista un'azienda così fiorente proprio in una realtà come Siena non è casuale, come ribadito da più relatori.

Al termine del convegno la domanda iniziale ancora aleggia nell'aria: qual è il valore dell'essere sani? Una risposta definitiva probabilmente non c'è. Esistono però elementi di ottimismo sulla strada del riconoscimento del valore sociale della vaccinazione, una strada che per proseguire ha bisogno del contributo di tutti i soggetti in gioco.

Marco Malagutti

Seminario "L'industria del vaccino in Italia: per un modello vincente di collaborazione con le Istituzioni", Siena, 22 novembre 2002



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