Femminilità conservata

11 ottobre 2002
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Femminilità conservata



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Grazie ai recenti progressi della Chirurgia Plastica Ricostruttiva, un intervento di mastectomia, da sempre così debilitante e deturpante per una donna, può attualmente avere conseguenze fisiche ed emozionali di minore entità. A confermarlo è anche Roy De Vita, primario della Divisione di Chirurgia Plastica dell'Istituto dei Tumori di Roma "Regina Elena".

Le più recenti evoluzioni


I chirurghi plastici, fin dal secolo scorso, hanno elaborato metodi di ricostruzione sempre più soddisfacenti, ma almeno fino al 1960, la procedura chirurgica standard era molto complessa e i risultati erano deludenti, poche donne sceglievano, quindi, di sottoporsi all'intervento. E oggi? "Due importanti conquiste in campo medico-chirurgico - sostiene De Vita - hanno riportato in auge la ricostruzione negli ultimi anni: la creazione di protesi in silicone e lo sviluppo di nuove procedure per trasferire la cute e/o i muscoli da altre aree alla regione mammaria. In questo modo la ricostruzione della mammella è diventata una scelta possibile per molte donne che hanno subito un intervento chirurgico per cancro, comprese quelle che hanno subito mastectomie radicali. Va ricordato, peraltro, che oggi le donne, grazie alle campagne di prevenzione e all'informazione sono particolarmente sensibilizzate al problema. Si osservano, così, sempre più di rado tumori in stato avanzato."

Ricostruzione immediata o differita?


La ricostruzione dell'intera mammella, includendo l'areola e il capezzolo, è una procedura che richiede uno o più interventi (dai 6 mesi ai 12 mesi di tempo) ed un certo periodo di "assestamento" per ottenere il risultato definitivo. La prima questione importante riguarda quando effettuare una ricostruzione dopo una mastectomia. Benché di solito si raccomandi la ricostruzione in contemporanea, alcune pazienti possono trovare un grande beneficio da una ricostruzione posticipata visto che i risultati che si possono ottenere sono in genere migliori. È così? "Direi di si - riprende il primario romano - il tempo ideale per intervenire si aggira intorno ai 3/4 mesi. A condizione che esista collaborazione tra chirurgo generale (che compie l'atto demolitivo) e chirurgo plastico che ricostruisce. Si tratta, infatti, di un intervento che è preferibile sia effettuato in centri specializzati e da chirurghi plastici non da chirurghi generali". Grazie alla ricostruzione posticipata è, tra l'altro, più facile ottenere la simmetria e, di solito, le mammelle così ricostruite hanno un aspetto più naturale rispetto a quelle ricostruite con un intervento immediato. Ma quali sono i requisiti presi in considerazione per decidere l'opportunità dell'intervento? "Età e stato sociale sono i due parametri fondamentali. Si tratta evidentemente di un atto dovuto sempre e comunque, è chiaro che una donna inserita in un contesto socio-culturale meno legato all'immagine, per esempio di provenienza contadina, può avvertirne meno l'esigenza". Un altro aspetto da tenere in forte considerazione è quello di evitare la fase di depressione e di afflizione connessa con la mutilazione. "In effetti - continua De Vita - si tratta di una menomazione pesantissima sul piano psicologico. L'intervento di mastectomia, infatti, è un intervento devastante che colpisce la donna nel pieno della simbologia della femminilità. Ecco perché a maggior ragione si tratta di un intervento dovuto". Riassumendo, in termini di qualità di vita, anche le pazienti con prognosi infausta hanno diritto all'intervento ricostruttivo ed il compito del chirurgo è quello di proporre questo intervento ricostruttivo, qualunque sia la prognosi della malattia.

Le varie possibilità terapeutiche

Esistono attualmente diverse opportunità terapeutiche per una ricostruzione mammaria post-mastectomia; esse vanno dalle tecniche più semplici in più tempi mediante l'utilizzo di espansori cutanei o di protesi permanenti ad espansione, a quelle più complesse che prevedono l'utilizzazione di lembi muscolari o muscolo-cutanei.

Espansori cutanei

Si tratta di un palloncino che viene posizionato sotto al muscolo pettorale, come una protesi, e viene progressivamente riempito in modo da distendere i tessuti. Il riempimento avviene attraverso una valvolina sottocutanea facilmente identificabile. Questa espansione richiede alcune settimane. Una volta raggiunto il volume stabilito è necessario un nuovo intervento di sostituzione dell'espansore nel caso si tratti di uno temporaneo, mentre se si tratta di un espansore definitivo è possibile lasciarlo in sede al pari di una protesi. Se si tratta di un espansore temporaneo non può essere lasciato in sede per troppo tempo e dopo alcuni mesi è necessario sostituirlo. Oggi comunque si usano sempre più spesso espansori a permanenza, i quali dopo la fase di espansione tissutale possono essere lasciati in situ come protesi definitiva, limitando il numero degli interventi.

Lembo muscolo-cutaneo di latissimo del dorso

Questa procedura è utilizzata quando, con un precedente intervento di mastectomia radicale, sono stati rimossi il muscolo grande pettorale ed una notevole quantità di cute, lasciando una quantità di tessuto insufficiente per contenere e ricoprire la protesi. Il chirurgo trasferisce cute e muscolo o solo muscolo dal dorso alla zona mammaria ai fine di creare un rivestimento alla protesi. Si utilizza il muscolo latissimo del dorso situato nella parete toracica posteriore, lateralmente e al di sotto del cavo ascellare.

Lembo muscolo-cutaneo diretto addominale

In questo caso il chirurgo trasferisce nella zona mammaria uno dei muscoli retti dell'addome con la cute ed il tessuto adiposo sovrastante in toto o parzialmente lasciandone in sede addominale una striscia laterale. Questo tipo di intervento consente di non utilizzare protesi, evitando quindi le possibili complicazioni ad esse legate. Si tratta di un intervento di prima scelta per le donne con abbondante tessuto addominale. L'intervento, infine, non richiede l'adeguamento della mammella controlaterale in quanto si può, in prima istanza, creare una mammella di forma e volume molto simile alla controlaterale.

Possibili complicanze

Come tutte le procedure chirurgiche anche l'intervento di ricostruzione comporta certi rischi. Si tratta dei possibili effetti indesiderati che si verificano quando un materiale estraneo viene impiantato nel corpo. Se una contaminazione batterica viene a contatto durante l'impianto della protesi o successivamente, può svilupparsi un'infezione: in tal caso è necessario rimuovere la protesi al fine di risolvere completamente l'infezione. Nel caso l'infezione crei una raccolta importante attorno alla protesi è possibile che si evidenzi un arrossamento vistoso della mammella accompagnato da febbre elevata ed ai classici segni di ascesso. Naturalmente tutti i chirurghi usano tecniche standardizzate di antisepsi e una profilassi antibiotica viene comunque eseguita prima dell'induzione e durante l'intervento. Il rigetto della protesi invece non è altro che un ispessimento della capsula periprotesica, cioè della cicatrice interna che in ogni caso si forma attorno alla protesi.

Ma tra questi qual è l'intervento più utilizzato? "Difficile - sempre secondo De Vita - dare percentuali, anche se la stragrande maggioranza delle donne oggigiorno fa ricorso agli espansori" E il futuro cosa riserva? " I passi avanti sono stati moltissimi - conclude il chirurgo - oggi la prospettiva più interessante si chiama DIEP (Deep Inferior Epigastric Perforator flap), una tecnica microchirurgica nella quale non è previsto il "sacrificio" del muscolo addominale, riducendo così il dolore post-operatorio, ma il trasferimento di un lembo di tessuto attraverso la sutura dei vasi sanguigni della mammella con quelli della zona addominale. Un intervento che, già oggi, centri d'eccellenza (Milano, Roma, Genova) garantiscono a pieno regime.

Marco Malagutti

Fonti
  • "Perspecitve on reconstruction after mastectomy", Am J Surg 2002 May; 183(5): 562-5
  • "Complications in postmastectomy breast reconstruction", Plast Reconstr Surg 2002 Jun; 109 (7): 2265-74



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