Un bollettino di guerra

23 aprile 2004
Aggiornamenti e focus

Un bollettino di guerra



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Seguire l'andamento della diffusione di una malattia come l'AIDS non è certo facile. La rapidità con cui si modificano i confini della sua distribuzione nel mondo permette di fare solo fotografie istantanee che mutano continuamente nel tempo. Le organizzazioni mondiali e locali sono molto attive in questo senso, e redigono periodicamente lavori che documentano la situazione contingente nelle diverse aree geografiche.

Aggiornamenti dal fronte


I dati forniti a dicembre 2003 da UNAIDS (Joint United Nations Programme on HIV/AIDS) parlano di 40 milioni di persone colpite dalla malattia o sieropositive, di cui due milioni e mezzo sono bambini con meno di 15 anni. I casi pediatrici sono diminuiti: nel 2002 erano stati registrati 3,8 milioni di giovanissimi infettati, un calo che si deve alle maggiori conoscenze sulle modalità di trasmissione tra madre e figlio e alle nuove possibilità farmacologiche disponibili per le donne in gravidanza che hanno l'opportunità di accedere al test per l'HIV.
Nel 2003 sono stati registrati cinque milioni di nuovi casi e tre milioni di decessi, di cui 500 mila ancora al di sotto dei 15 anni. Nonostante questo elevato numero di morti, ci sono studi che dimostrano che di AIDS si muore meno. Grazie all'introduzione della terapia antiretrovirale avvenuta nel 1996 il rischio di morire è sceso drasticamente, negli Stati Uniti per esempio è calato del 60% tra il 1995 e il 1998.
Come sempre i dati statistici peggiorano quando ci si sposta verso le aree più povere del mondo dove si accumula quasi il 90% delle persone sieropositive. In Asia, nell'Europa orientale e nel Sud dell'Africa l'infezione continua a essere in rapida espansione.

In Italia accade che...


In Italia i casi di malattia conclamata segnalati al Centro Operativo AIDS dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) dal 1982 (prima diagnosi italiana) al dicembre 2003 sono quasi 53 mila, il 77,7% sono uomini, il 6% stranieri.
Negli anni '90 l'età media alla diagnosi era 34 anni negli uomini e 32 nelle donne, e comunque circa il 70% dei casi si concentrava nella fascia di età 25-39 anni, attualmente sembra in aumento la quota nella fascia più ristretta tra i 35 e i 39 anni. Nel 2003 le età medie sono salite a 40 per uomini e a 38 per le donne. Nel 2003 ci sono stati 1275 nuovi casi, circa 400 in meno rispetto al precedente anno e solo quattro nuovi casi pediatrici, due in Piemonte, uno in Liguria e uno in Basilicata. I casi di malattia in età pediatrica rappresentano l'1,4% del totale: sono circa 700 i bambini italiani che hanno contratto il virus anche attraverso la trasmissione madre-figlio. La maggior parte sono stati registrati in Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. Il Molise e la Val d'Aosta non hanno mai notificato casi pediatrici dal 1982 a oggi. Ancora una volta la diminuzione del numero di bambini infettati dal virus è attribuibile all'applicazione delle linee guida relative al trattamento antiretrovirale delle donne in gravidanza che riduce la trasmissione verticale della malattia.
I sieropositivi sono 120 mila, Lazio e Lombardia detengono il primato italiano di incidenza con cinque casi ogni 100 mila abitanti all'anno, seguono la Liguria (4,1), l'Emilia Romagna (3,7), la Val d'Aosta (3,3), la Toscana (3). Le zone meno colpite risultano essere la Basilicata, la Campania e il Molise con meno di un caso ogni 100 mila abitanti.

L'AIDS fa ancora paura

Cambiano le cifre della malattia in Italia, ma cambia anche la percezione del problema, delle soluzioni e della prevenzione, soprattutto tra i giovani. L'AIDS continua a far paura e le nuove generazioni non l'hanno affatto sottovalutato: lo conferma un indagine condotta da Anlaids e presentata in conferenza stampa, all'inizio di aprile, da Fernando Aiuti, presidente dell'Associazione. Più del 90% dei 2059 studenti degli ultimi tre anni di scuola media superiore, ritiene che sia importante includere nel programma di studi l'educazione sessuale, e la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, come materie affidate a docenti medici esterni. Sanno benissimo che la malattia si trasmette attraverso lo scambio di siringhe, risposta dal 100% degli intervistati e attraverso le malattie, risposta del 98,64%. Infine l' 87,23% è consapevole che per ridurre o eliminare il rischio di contrarre la malattia bisogna usare il profilattico durante i rapporti completi.

I risultati dell'indagine danno indicazioni chiare di una sempre più forte coscienza e conoscenza del problema, importante bagaglio su cui basare le future campagne di comunicazione scientifica per la prevenzione. Ma per sapere se ciò riuscirà a fa calare il numero dei malati bisognerà attendere i prossimi bollettini di guerra, quella contro l'AIDS.

Simona Zazzetta



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