Sovrappeso e coscienti di esserlo

20 aprile 2005
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Sovrappeso e coscienti di esserlo



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Forse è il caso di non stancarsi mai di dirlo, ma se nei paese poveri o in via di sviluppo si muore di fame, nei paesi del benessere si sta male per il troppo cibo. Male perché a mangiare troppo si ingrassa, si affatica tutto il metabolismo e ci si ammala e perché diabete, tumori e patologie cardiovascolari non sono disturbi passeggeri o facilmente risolvibili. Tuttavia, prevale ancora la percezione che il peso-forma sia più una questione estetica che di salute e lo confermano i risultati di un'indagine Eurisko, commissionata dalla Kellog's e presentata in una conferenza stampa, tenutasi a Milano.

Sapere di esserlo non basta


Il metodo usato è quello delle interviste telefoniche, condotte su un campione di mille individui di età superiore ai 15 anni, e l'obiettivo era capire se il sovrappeso viene percepito come un problema, quanti italiani pensano di soffrirne e quanti ne soffrono realmente. E infine la disponibilità a prendere provvedimenti per perdere peso.Che il sovrappeso sia un problema molto diffuso lo pensa il 28% degli intervistati e per il 58% lo è abbastanza, vale a dire una consapevolezza rilevante. Peccato che poi i dati relativi a obesità e sovrappeso degli intervistati siano risultati allarmanti. Si tratta di stime sulla base dell'indice di massa corporea riferite dall'individuo, quindi è da immaginare che il peso sia sottostimato e l'altezza sovrastimata. Tuttavia, per quanto sottostimati rispetto ai dati ISTAT, i risultati non si distanziavano di tanto dai dati nazionali, infatti, gli obesi erano il 9% (il 13% per l'ISTAT) e il 29% erano in sovrappeso (il 33% per l'ISTAT). In base alle risposte degli intervistati si capiva che c'era una discreta concordanza tra la percentuale di coloro che si sentono in sovrappeso (32%) e quelli che lo sono realmente (38%). Ma questo non significa che siano tutti disposti a fare qualcosa per affrontare il problema, infatti la metà del campione dichiara di fare qualcosa per controllare il peso, l'altra metà di non fare nulla.Nei soggetti "attivi" il 63% seguiva una dieta e il 48% si dedicava ad attività fisica. Un dato interessante riguardava i soggetti "inerti": di loro il 70% si dichiarava pronto a fare qualcosa qualora il medico di famiglia glielo avesse consigliato. Un elemento che invita a riflettere sul ruolo di questa figura e sulla validità che avrebbero interventi educativi su questa fascia di soggetti.

Simona Zazzetta



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