I mille volti dell’obesità: influenza della genetica e conseguenze per il cuore

27 marzo 2017
Aggiornamenti e focus

I mille volti dell’obesità: influenza della genetica e conseguenze per il cuore



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Nel mondo l'obesità è più che raddoppiata dal 1980 ad oggi: i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parlano di quasi 2 miliardi di persone con più di 18 anni in sovrappeso e tra queste oltre 600 milioni sono obese. «La maggior parte della gente vive in paesi dove l'obesità fa più vittime del sottopeso» spiegano gli esperti dell'Oms ricordando un dato estremamente importante: l'obesità si può prevenire. Grazie alla ricerca disponiamo infatti di molte informazioni dettagliate sulla patologia e sulle strategie vincenti per prevenirla.

I geni e Morfeo fanno la differenza


Ebbene sì, anche il sonno può avere un impatto sulla bilancia e sullo sviluppo di sovrappeso e obesità. Lo spiegano dalle pagine della rivista American journal of clinical nutrition i ricercatori guidati da Jason Gill dell'Università di Glasgow, in Scozia, che hanno portato a termine uno studio sull'argomento analizzando i dati relativi a circa 120mila persone nel Regno Unito. Le analisi hanno dimostrato che le persone già geneticamente predisposte all'obesità hanno maggiori probabilità di accumulare peso in eccesso se hanno abitudini poco sane per quanto riguarda il sonno.
«Tra le persone geneticamente predisposte chi dorme meno di 7 e più di 9 ore per notte pesa di più di chi ha lo stesso marchio genetico ma dorme tra 7 e 9 ore» spiega l'autrice, ricordando che anche pisolini durante la giornata e lavori su turni possono contribuire ad aumentare l'indice di massa corporea. «Non abbiamo rilevato particolari influenze del sonno sul rischio di obesità in persone che non hanno predisposizione genetica a mettere su peso» conclude.

Si può essere obesi ma sani?


Il sovrappeso e l'obesità aumentano il rischio di numerose patologie, incluse quelle di cuore e vasi e quelle metaboliche, ma a volte gli esami di laboratorio sembrano restituire la fotografia di obesi-sani. Da uno studio statunitense condotto su circa 1.300.000 persone, emerge infatti che il 9,6 per cento dei partecipanti obesi e il 18,6 per cento di quelli in sovrappeso non mostrava livelli alterati di 4 indicatori del rischio cardiovascolare. «Una percentuale non irrilevante di persone obese e in sovrappeso ha livelli di pressione sanguigna, trigliceridi, glicemia e colesterolo LDL nella norma» afferma Gregory Nichols del Kaiser permanente center for health research di Portland, sottolineando però che parlare di obesi-sani non è affatto corretto. «Innanzitutto non possiamo essere certi che queste persone mantengano livelli nella norma per i fattori di rischio cardiometabolico nel corso degli anni» afferma dalle pagine della rivista Preventing chronic disease e poi aggiunge: «E inoltre l'obesità rimane fortemente associata problemi alle articolazioni, sviluppo di alcuni tumori, o di patologie renali, e molti altri disturbi». Cosa renda "apparentemente sani" una parte delle persone sovrappeso o obese non è chiaro. «Potrebbe dipendere dall'esercizio fisico o dalla genetica» conclude Nichols.

Il cuore obeso si ammala prima

A conferma del fatto che i chili di troppo fanno male al cuore arrivano anche i dati di uno studio recentemente presentato al meeting della American heart association a Portland (Stati Uniti). «I risultati del nostro lavoro dimostrano che le persone obese o sovrappeso sviluppano malattie cardiache qualche anno prima rispetto a quelle con un peso nella norma» afferma Sadiya Khan, della Northwestern University's Feinberg school of medicine in Chicago che assieme ai colleghi ha analizzato i dati di 10 diversi progetti di ricerca per un totale di circa 73mila persone di età media pari a 55 anni. A conti fatti, le donne sovrappeso sviluppano malattie cardiache 1,8 anni prima di quelle normopeso e le donne obese anticipano le diagnosi di ben 4,3 anni. Gli uomini obesi sviluppano queste patologie 3,1 anni prima di quelli normopeso. «Spesso non si osservano differenze nella durata della vita, ma vivere per più tempo con una patologia cardiaca potrebbe essere molto complicato» concludono gli autori.

Fonti:
  1. Am J Clin Nutr. 2017 Mar 1. pii: ajcn147231. doi: 10.3945/ajcn.116.147231
  2. Prev Chronic Dis. 2017 Mar 9;14:E22. doi: 10.5888/pcd14.160438
  3. American Heart Association



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