Crisi e salute, sintomi e rimedi per salvaguardare corpo e psiche

15 febbraio 2013
Interviste

Crisi e salute, sintomi e rimedi per salvaguardare corpo e psiche



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L'attuale crisi economica colpisce sia i singoli sia le aziende, e le incertezze che ne derivano impattano anche sulla salute delle persone, in particolare quella psicologica. Lo conferma a Dica33 Paolo Campanini, psicologo del lavoro, dell'Ordine degli psicologi della Lombardia, che ricorda come ci sia un legame diretto tra «la perdita del posto di lavoro e un aumento di disturbi mentali come ansia, depressione, attacchi di panico; è un fatto noto e dimostrato da molte ricerche». Dica33 ha chiesto a Campanini di illustrare i meccanismi che conducono a eccessiva sofferenza psicologica, per individuarli e correggerli in anticipo.

In che modo la recessione che stiamo vivendo si riflette sulla nostra psiche?
Il legame non è così diretto e, proprio per questo, più complesso da sciogliere. La crisi impatta fortemente sulla situazione lavorativa: la perdita del posto di lavoro ha, ovviamente, conseguenze deleterie sui diretti interessati, ma provoca anche un peggioramento significativo delle condizioni lavorative di chi resta. Intanto si viene a modificare il contesto sociale in cui si lavora, cambia il gruppo, si perdono colleghi stimati o amici, i rapporti tra chi resta sono deteriorati dall'insicurezza circa il proprio futuro professionale, si perde così una importante rete di supporto umano, capace di ammortizzare gli effetti dello stress lavorativo. Ogni cambiamento poi, di per sé, è fonte di stress e il timore di perdere il posto di lavoro può spingere verso il superlavoro generando altro stress, esaurimento delle energie, stanchezza, tutte condizioni che non aiutano a gestire adeguatamente le ansie e incertezze.


Il superlavoro non è dato dalla necessità di compensare le mansioni svolte dal personale mancante?
In parte sì ma è soprattutto un circolo vizioso, che si instaura dall'alto: è il capo per primo che vuole strafare, nella speranza di allontanare da sé e dal suo gruppo altri tagli aziendali, riversa la sua ansia sui sottoposti spingendoli a produrre di più. In un momento in cui già gli obiettivi standard sono sempre più difficili da raggiungere, per colpa della crisi globale, il tentativo di superarli è destinato a frustrazione sicura. E così si entra nel vortice dell'"overcommitment": il lavoro, con i suoi problemi, oltre che un'occupazione quotidiana diventa anche un pensiero fisso che invade gli spazi della vita privata.


Come ci si accorge che l'impegno verso il lavoro sta superando i limiti?
I primi sintomi sono fisici e facili da riconoscere, primo fra tutti l'alterazione del ciclo sonno-veglia. Si dorme male e meno, si fa fatica a prendere sonno, oppure ci si veglia più volte nel corso della notte, o ci si risveglia all'alba. Quando questi segnali non sono saltuari ma persistono per settimane o mesi, significa che qualcosa non va. Oltre a questo ci possono essere i classici disturbi di stomaco, bruciori, inappetenza, gastropatie. Lo stress si manifesta anche con tensioni muscolari, dolori muscolo-scheletrici, cefalea e anche con una maggior suscettibilità ai malanni di stagione, per esempio raffreddori ricorrenti sono un segnale d'allarme. Tutte problematiche riconducibili a un allungamento dell'orario di lavoro che non è funzionale alla salute.


Sul fronte psicologico come incide l'overcommitment?
I primi segni negativi sono i forti sbalzi d'umore: si cede più facilmente a scatti di rabbia, perché lo stress prolungato esaurisce le capacità di reagire con equilibrio. Tra l'altro se il lavoro diviene progressivamente totalizzante, finisce per costituire l'unica fonte attorno cui si costruisce l'identità dell'individuo. Ne consegue che, in queste condizioni, qualsiasi cosa accada sul lavoro ha un impatto molto più forte sugli stati d'animo di chi lo vive.


Non potendo nulla sulla crisi, quali strategie adottare a tutela della propria salute?
Direi di non farsi coinvolgere troppo, ma non è certo un consiglio facilmente praticabile. Piuttosto meglio difendersi riconoscendo il problema, e attuando interventi adeguati a controbilanciare il carico di ansie e stress. Bisogna essere consapevoli che i problemi avvertiti sul luogo di lavoro riguardano moltissime persone in questi periodi, quindi condividere se e ogni volta che si può, aiuta molto a sdrammatizzare. Poi agire, impegnarsi in attività diverse dal lavoro, per distrarsi, divertirsi, e soprattutto scoprire o coltivare altre capacità. Individuare le proprie competenze non lavorative da spendere in altri ambiti: differenziare i propri impegni con attività extra-lavorative aiuta a sostenere l'identità dell'individuo e a riequilibrare i ritmi tornando a un vivere più sano.

Elisabetta Lucchesini




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