Prevenire i rischi della rosolia in gravidanza

22 febbraio 2012
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Prevenire i rischi della rosolia in gravidanza



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In Italia, fra il 2005 e il 2008, si sono verificati 110 casi di rosolia in gravidanza e 5 feti hanno contratto la rosolia congenia (Crs). Sono dati che l'Associazione dei microbiologi clinici italiani (Amcli) ha comunicato nel corso di un Congresso internazionale sul tema a Roma. «La rosolia congenita non è una malattia superata e, per evitare la grave patologia che si manifesta con ritardo psicomotorio, cecità, sordità e talvolta cardiopatie congenite, occorre sollecitare la vaccinazione delle donne» ha sottolineato Tiziana Lazzarotto, esponente dell'Amcli e docente di Microbiologia al Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna. Secondo l'Oms, se una donna contrae la rosolia nelle prime 12 settimane di gravidanza ha il 90% di probabilità di trasmettere il virus al feto e il 50% di probabilità che il feto manifesti la Crs. In particolare, nell'emisfero occidentale e durante periodi non epidemici, circa 20.000 bambini ogni anno nascono affetti da Crs. Del resto il ministero della Salute italiano ha approvato il Piano nazionale per l'eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (Pnemorc) 2010-2015. L'Amcli raccomanda fortemente la vaccinoprofilassi per la sua elevata efficacia nel prevenire la trasmissione materno-fetale del virus. «Se una donna scopre di non avere anticorpi contro la rosolia e sa di non aver effettuato la vaccinazione in età infantile, dovrebbe richiederla prima di programmare una gravidanza» afferma Lazzarotto. «Se invece è già in gravidanza e non ha effettuato o non ricorda di aver effettuato la vaccinazione, deve sottoporsi ai test di screening entro le prime settimane di gestazione, presso i laboratori di Microbiologia. Se tutti gli esami di laboratorio e strumentali condotti durante la diagnosi prenatale sono negativi, la diagnosi/prognosi fetale è molto favorevole».



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