13 gennaio 2006
Aggiornamenti e focus
Meno pillole e più interventi?
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Quando quel dolore al petto, che si avverte soprattutto quando si compie uno sforzo fisico, si traduce in una diagnosi di angina, una delle più immediate conseguenze è la prescrizione di un bel numero di farmaci. Il fatto di non potersi affidare a una sola sostanza si deve alla necessità di contrastare differenti possibili conseguenze; infatti, l'angina è la prima manifestazione della stenosi di uno o più vasi coronarici e quindi può essere considerata il primo passo verso l'infarto, mortale o meno. Questo, ovviamente, nel caso non sia trattata. D'altra parte è un disturbo in sé e, di conseguenza, la terapia medica deve perseguire due scopi contemporaneamente: impedire la progressione della malattia, agendo sull'aterosclerosi e sulle altre condizioni che la favoriscono, come il diabete, ma anche ridurre i sintomi dolorosi e la diminuzione della capacità di compiere sforzi. Infatti, il diminuito afflusso di ossigeno al miocardio (cioè l'effetto della stenosi) ha tra i suoi effetti anche quello di stimolare la liberazione di sostanze che agiscono direttamente sulle terminazioni nervose. Di conseguenza, all'uso di farmaci che riducono i livelli di colesterolo circolante (e oggi sono principalmente le statine), si affiancano farmaci che hanno invece il compito di ridurre i sintomi, e si tratta di antipertensivi beta-bloccanti e calcio-antagonisti.
Però, ormai da parecchi anni, la riduzione dei sintomi può essere ottenuta anche con mezzi senz'altro più invasivi, ma meno degli interventi di by-pass: l'angioplastica. E qui si apre, per così dire, il dilemma su quale sia il modo migliore di ridurre i sintomi, e quindi garantire una vita normale per quanto possibile, posto che comunque il paziente dovrà ricevere i farmaci che servono a evitare il peggio. Infatti, mentre gli studi non mostrano che ci sia una differenza, in termini di sopravvivenza e di infarti evitati, tra le cure solo mediche e le cure mediche associate all'angioplastica, le differenze in termini di sintomi, e quindi di benessere, sono piuttosto forti. La questione è importante al punto che gli Archives of Internal Medicine le hanno dedicato ampio spazio, dando la parola a sostenitori di entrambe le soluzioni. Va anche detto che le due filosofie, sempre per quanto riguarda i sintomi, sono differenti: per esempio i beta-bloccanti riducono le richieste di ossigeno da parte del muscolo cardiaco che, in pratica, si adatta al minore afflusso di sangue e non produce gli stimoli dolorosi di cui sopra. Altri farmaci hanno invece l'effetto di dilatare le arterie, ma è chiaro che se la stenosi è importante l'effetto è limitato, e anche l'aumento della dilatazione delle arterie non colpite può fino a un certo punto. Al contrario, l'angioplastica ristabilisce, grazie alla dilatazione meccanica dell'arteria ostruita, un flusso normale.
La diretta conseguenza è che il trattamento medico del dolore anginoso comporta che il paziente modifichi il suo stile di vita limitando le attività fisiche, il che significa dover rinunciare, magari, a buona parte degli svaghi o alla propria capacità lavorativa. I sostenitori dell'angioplastica hanno dunque buon gioco a dire che la qualità della vita migliora, anche se la sopravvivenza resta immutata. Va detto, a migliorare il bilancio tra rischi e benefici, che l'angioplastica ha molto migliorato negli anni i suoi esiti, e oggi il tasso delle restenosi (nuova chiusura del vaso), in caso di applicazione di stent a rilascio di farmaco, si attesta sul 5% dei casi. Tuttavia, anche chi sostiene il ricorso all'angioplastica ammette che la situazione ideale è quella in cui la stenosi è ben evidente e soprattutto vi sono sintomi rilevanti. Laddove non si presenti angina da sforzo, si potrebbe anche valutare il ricorso alla sola terapia medica. L'importante è che la scelta venga fatta caso per caso, senza preconcetti verso "le pillole" o "i bisturi" (che poi tali non sono).
Maurizio Imperiali
Fonti
Un'alternativa al farmaco
Però, ormai da parecchi anni, la riduzione dei sintomi può essere ottenuta anche con mezzi senz'altro più invasivi, ma meno degli interventi di by-pass: l'angioplastica. E qui si apre, per così dire, il dilemma su quale sia il modo migliore di ridurre i sintomi, e quindi garantire una vita normale per quanto possibile, posto che comunque il paziente dovrà ricevere i farmaci che servono a evitare il peggio. Infatti, mentre gli studi non mostrano che ci sia una differenza, in termini di sopravvivenza e di infarti evitati, tra le cure solo mediche e le cure mediche associate all'angioplastica, le differenze in termini di sintomi, e quindi di benessere, sono piuttosto forti. La questione è importante al punto che gli Archives of Internal Medicine le hanno dedicato ampio spazio, dando la parola a sostenitori di entrambe le soluzioni. Va anche detto che le due filosofie, sempre per quanto riguarda i sintomi, sono differenti: per esempio i beta-bloccanti riducono le richieste di ossigeno da parte del muscolo cardiaco che, in pratica, si adatta al minore afflusso di sangue e non produce gli stimoli dolorosi di cui sopra. Altri farmaci hanno invece l'effetto di dilatare le arterie, ma è chiaro che se la stenosi è importante l'effetto è limitato, e anche l'aumento della dilatazione delle arterie non colpite può fino a un certo punto. Al contrario, l'angioplastica ristabilisce, grazie alla dilatazione meccanica dell'arteria ostruita, un flusso normale.
Migliora la qualità della vita
La diretta conseguenza è che il trattamento medico del dolore anginoso comporta che il paziente modifichi il suo stile di vita limitando le attività fisiche, il che significa dover rinunciare, magari, a buona parte degli svaghi o alla propria capacità lavorativa. I sostenitori dell'angioplastica hanno dunque buon gioco a dire che la qualità della vita migliora, anche se la sopravvivenza resta immutata. Va detto, a migliorare il bilancio tra rischi e benefici, che l'angioplastica ha molto migliorato negli anni i suoi esiti, e oggi il tasso delle restenosi (nuova chiusura del vaso), in caso di applicazione di stent a rilascio di farmaco, si attesta sul 5% dei casi. Tuttavia, anche chi sostiene il ricorso all'angioplastica ammette che la situazione ideale è quella in cui la stenosi è ben evidente e soprattutto vi sono sintomi rilevanti. Laddove non si presenti angina da sforzo, si potrebbe anche valutare il ricorso alla sola terapia medica. L'importante è che la scelta venga fatta caso per caso, senza preconcetti verso "le pillole" o "i bisturi" (che poi tali non sono).
Maurizio Imperiali
Fonti
- Nash DT.The Case for Medical Treatment in Chronic Stable Coronary Artery Disease. Arch Intern Med. 2005;165:2587-2589.
- King SB III. Angioplasty Is Better Than Medical Therapy for Alleviating Chronic Angina Pectoris. Arch Intern Med. 2005;165:2589-2592