Cavie a buon mercato

17 marzo 2006
Aggiornamenti e focus

Cavie a buon mercato



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"Allo stato attuale delle conoscenze, la sperimentazione col volontario sano è una tappa obbligata e ineliminabile per la creazione di un nuovo farmaco". Così si è espresso a scanso di equivoci in un recente intervento su Tempo Medico il bioetico Maurizio Mori, membro della consulta di bioetica. Del resto, oggi, progettare farmaci è sempre più complicato ma un punto rimane fermo: per dire se un farmaco veramente funziona bisogna somministrarlo a un malato. E le aziende devono radunare un quantitativo considerevole di individui e convincerli a inghiottire un rimedio non certificato e dagli effetti collaterali incerti. Il trial, poi, come illustra più diffusamente un altro articolo contempla tre fasi, di cui la prima testata su qualche dozzina di soggetti sani. E se negli anni '80 un nuovo farmaco veniva testato su 1300 volontari per un totale di 30 trial. A metà degli anni novanta si era già saliti a 4200 soggetti e 68 trial. Se un tempo, perciò, si prendevano in considerazione farmaci che portavano il tasso di mortalità per malattie cardiovascolari dal 20 al 15%, oggi si parla di sostanze che portano il tasso di mortalità dal 6 al 5%. E un effetto così impercettibile richiede molti pazienti. Detto questo è necessario stabilire dei criteri etici per il reclutamento di volontari. La china che sta prendendo la situazione infatti non è delle migliori, con una preoccupante gara al reclutamento della "cavia" più a buon mercato. Due i trend in questo settore. Stati Uniti e Gran Bretagna, i paesi in cui si concentrano i due terzi dei profitti farmaceutici mondiali, si rivolgono a paesi in via di sviluppo, l'India su tutti. Le cavie per i laboratori europei sono invece reclutate nei paesi periferici dell'Est europeo. Zone economicamente depresse dove il rimborso ottenuto per la sperimentazione è molto agognato. Altrimenti come spiegare che in occidente solo il 3 per cento dei malati di cancro accetta di prendere parte a delle sperimentazioni (fonte Wired) e in America negli ultimi cinque anni il numero di cardiopatici che hanno firmato per testare nuovi farmaci si è dimezzato? Non può bastare ipotizzare un inguaribile ottimismo dei paesi sottosviluppati. Il fatto è che nel settore farmaceutico, come in altri settori industriali, la soluzione al problema della lentezza nella sperimentazione di nuovi farmaci risiede nell'outsourcing. Invece di pezzi di ricambio per computer però lo strumento sono pazienti. E il caso indiano è sicuramente emblematico.

Il caso indiano


Circa la metà dei trial attualmente in corso viene condotto in regioni lontane dalla sede d'origine della casa farmaceutica, in paesi come l'India, la Cina e il Brasile. E si prevede che il giro d'affari dei trial clinici in India entro il 2010 raggiungerà il miliardo e mezzo di dollari. Ma perché proprio l'India? Bassi costi di ricerca e abile forza lavoro per condurre gli esperimenti. In più va detto che il governo indiano ha abrogato una vecchia legge che limitava i tipi di trial che aziende farmaceutiche straniere potevano condurre nel paese. Non è più così necessario che i farmaci in sperimentazione siano prima certificati come sicuri nelle sperimentazioni nel paese d'origine. Inoltre i volontari che si sottopongono alle sperimentazioni sono "naive" ossia ancora incontaminati, perché non sottoposti al bombardamento farmacologico cui sono soggetti gli occidentali. Qualche problema, peraltro, le aziende si sono trovate ad affrontarlo. E' il caso di due industrie farmaceutiche, Shanta Biotech e Biocon, che sono state indagate per aver condotto a esperimenti illegali che portarono a otto morti. Certo che se si pensa che una multinazionale come Boehringer Ingelheim ha garantito ai partecipanti ai trial due visite mediche gratuite all'anno per ognuno dei tre anni di durata della ricerca e che per ogni persona coinvolta nello studio l'ospedale indiano coinvolto avrebbe ricevuto 30 mila rupie (circa 650 euro), si può ben capire quanto le sperimentazioni di questi farmaci possano essere allettanti. Il grande dilemma etico che aleggia però è se sia giusto, in paesi dove il problema più grande sono i morsi di serpente e gli avvelenamenti da insetticida testare farmaci per l'osteoporosi e il colesterolo alto. Dilemmi da globalizzazione.

Marco Malagutti



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