La sfida italiana all'HIV

06 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

La sfida italiana all'HIV



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Da quando l'AIDS ha ricevuto una definizione in Italia si sono registrati 59.500 casi. Nell'ultimo decennio l'epidemia aveva fatto osservare una tendenza al declino, ma questa positiva tendenza non è stata più registrata nel 2007. Oltre la metà delle persone che scopre di essere sieropositiva lo fa solo al momento della diagnosi di AIDS o poco prima di essa.
Le caratteristiche delle persone infette o con AIDS sono cambiate rispetto all'inizio dell'epidemia: sono sempre meno i tossicodipendenti mentre aumentano le persone che prendono l'infezione per via sessuale ma il fenomeno riguarda adesso più gli eterosessuali che gli omosessuali. Questi sono alcuni dei dati estratti dal nuovo rapporto epidemiologico dell'ISS presentati durante il convegno "La ricerca italiana sfida l'HIV" promosso da Fondazione MSD e Istituto Superiore di Sanità.

I casi hanno smesso di diminuire


"Purtroppo da circa tre anni stiamo assistendo ad una stabilizzazione dell'incidenza di nuovi casi di AIDS e i dati ci confermano la difficoltà di riuscire ad andare al di sotto di questa soglia - spiega Giovanni Rezza, Direttore del Reparto di Epidemiologia dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) - sicuramente oggi rispetto al 1995 siamo ad un livello molto più basso, circa a meno della metà dei nuovi casi per anno, ma questo dato è ormai fermo da troppo tempo.
Questo è dovuto al fatto che molte persone, più del 60% di quelle a cui oggi viene diagnosticato l'AIDS, non avevano fatto terapia antiretrovirale nella maggior parte dei casi perché non sapevano di essere sieropositivi. E' come se si avesse l'errata sensazione che l'epidemia si stia estinguendo. Invece la battaglia non è finita. La lotta contro questa terribile malattia rappresenta una sfida complessa nella quale la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci giocano un ruolo predominante.
"Il virus infatti diventa resistente solitamente a tutto, quello che oggi fa la differenza nel successo delle cure - sottolinea Stefano Vella, Direttore del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) - non è solo la messa a punto di molecole particolarmente efficaci e innovative, ma soprattutto l'uso che ne viene fatto. La situazione clinica è cambiata proprio perché abbiamo finalmente imparato ad usare i farmaci".
Oggi è mutato il paradigma della terapia, soprattutto della cosiddetta terapia di salvataggio (quella che viene applicata ai pazienti in uno stadio molto avanzato), in quanto si usano più farmaci nuovi insieme. Il segreto sta quindi nel costruire una terapia con diversi nuovi farmaci, in modo da azzerare la replicazione virale anche in soggetti molto avanzati. Una diagnosi non precoce è spesso correlata a una carica virale oramai molto elevata su cui, con a disposizione solo i farmaci tradizionali, potremmo fare veramente poco. Oggi, invece, grazie alla ricerca che ci consegna sempre nuovi farmaci, riusciamo a recuperare molti pazienti e riportarli ad una vita il più possibile normale".

Aumentare e gestire meglio i fondi


Alla giornata di lavoro hanno preso parte anche due rappresentanti delle istituzioni che hanno cercato di descrivere il futuro della ricerca italiana nel campo nel campo dell'HIV, ma anche in senso più generale. Ha iniziato Ignazio Marino, senatore del PD ed ex presidente della Commissione Sanità del Senato: "sono due i problemi principali della ricerca in Italia: la scarsità di fondi dedicati ogni anno e il modo in cui questi vengono distribuiti. Oggi il nostro Paese dedica solo l'1,2% del Pil alla ricerca, quasi la metà della media europea che è oggi dell'1,9%, e il ricorso alla peer-review, la valutazione dei progetti da parte di esperti "alla pari" è ancora troppo scarso. Se pensiamo che paesi come la Svezia o la Finlandia - ha proseguito Marino - dedicano rispettivamente il 4,2% e il 3,5% del Pil alla ricerca in tutti i settori, capiamo come il nostro Paese sia indietro. Questo approccio all'argomento non favorisce nemmeno i giovani ricercatori che sono costretti a cercare fortuna all'estero. Negli ultimi due anni - ha ricordato Marino - abbiamo però lavorato a un provvedimento, divenuto legge con la Finanziaria 2008, per riservare il 10% delle risorse per la ricerca pubblica a scienziati "under 40" scelti sulla base della valutazione del merito da parte di esperti alla pari. A oggi sono stati presentati 1720 progetti e dall'aprile scorso la nuova Commissione sanità del Senato sta lavorando per assegnare i fondi previsti. In sintesi, non basta aumentare i fondi dedicati alla ricerca, ma occorre anche saperli gestire, assegnandoli ai migliori". Antonio Tomassini, attuale presidente della Commissione Igiene e Sanità ha inoltre ricordato l'importanza di creare una sinergia efficace tra pubblico e privato nell'ambito della ricerca. "Sappiamo - ha affermato Tomassini - che le aziende si aspettano dal Governo stabilità e protezione commerciale. Su questi punti si può lavorare, ma è indispensabile che le aziende, dal canto loro, mettano sul piatto della bilancia seri sforzi per produrre innovazione".

Gianluca Casponi



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