Il farmaco non vince l'insonnia da solo

23 settembre 2020
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Il farmaco non vince l'insonnia da solo



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La difficoltà a iniziare o proseguire a dormire, tecnicamente e comunemente chiamata insonnia, colpisce il 35% degli adulti e nel 58% dei casi i sintomi compaiono almeno un paio di volte al mese.
La terapia farmacologica è quella più frequentemente prescritta ma l'uso a lungo termine di sedativi-ipnotici è controindicato perché comporta una serie di effetti collaterali gravi come abitudine all'uso, dipendenza, difficoltà cognitive durante il giorno e, per quanto strano, disturbi del sonno fino all'insonnia di rimbalzo. Della farmacoterapia in effetti si conoscono solo l'efficacia a breve termine mentre nulla si sa sul trattamento a medio o lungo termine. E neppure se gli effetti rimangano dopo la fine della terapia.
Sebbene molti studi abbiano dimostrato l'efficacia clinica della terapia farmacologica e di quella cognitiva comportamentale nessuno di questi è stato realizzato a fronte dell'uso di un placebo.

Misurare il sonno


Lo hanno fatto degli esperti del disturbo del sonno, sulla base di due ipotesi plausibilima da verificare. La prima era che la somministrazione del farmaco(tartrato acido), un trattamento combinato di terapia cognitiva comportamentale e farmaco avrebbe avuto un impatto positivo maggiore sull'insonnia rispetto alla terapia cognitiva comportamentale da sola, e ovviamente al placebo. La seconda ipotesi era che, dopo la sospensione del farmaco, il trattamento combinato potrebbe essere la soluzione più efficace nel ridurre il tempo di latenza con cui arriva il sonno. Per efficacia a questo proposito la terapia cognitiva comportamentale viene per seconda, mentre la farmacoterapia da sola non riesce a mantenere i risultati o quanto meno il vantaggio rispetto al placebo.
Attraverso un "diario del sonno" è stato misurato il risultato principale, cioè il sonno. Il diario è stato compilato per 14 giorni prima, 14 giorni durante e 14 giorni dopo la terapia, che per il gruppo sotto farmaci durava otto settimane, più due di eliminazione dei residui di farmaco nel sangue. La psicoterapia, invece, veniva mantenuta per tutto il periodo.

Sonno recuperato


Nei quattro gruppi (solo farmaco, solo terapia cognitiva comportamentale, terapia combinata, placebo) si sono distribuiti i 54 soggetti che hanno completato il protocollo di trattamento.
Il confronto dei diari ha dimostrato che non c'erano differenze significative sulla variazioni delle ore in cui il paziente effettivamente dormiva, perché in tutti i gruppi veniva registrato un incremento del sonno: aumento di 7, 19, 41 e 44 minuti per notte rispettivamente nel gruppo placebo, in terapia combinata, in terapia cognitiva comportamentale e sotto farmaco e lo stesso risultato si osservava anche nell'incremento del sonno totale. Le verifiche successive al trattamento sono state eseguite dopo uno, tre, sei e 12 mesi, in tutte le soluzioni si aveva un peggioramento nel lungo termine mentre con la terapia cognitiva comportamentale la conservazione della capacità di mantenere il sonno permaneva fino alla fine del periodo di verifica.
Sostanzialmente era con la terapia cognitiva comportamentale, in combinazione o da sola, che si ottenevano i risultati migliori rispetto al farmaco da solo o al placebo, con il maggior numero di soggetti in grado di addormentarsi, anche dopo il trattamento, entro 30 minuti e con un' efficienza di sonno dell'85%. Anche se, nel breve termine, manteneva il primato di efficacia la farmacoterapia.
Cadeva quindi la prima ipotesi mentre la seconda veniva solo parzialmente confermata in quanto effettivamente dopo la sospensione del trattamento la terapia cognitiva comportamentale rimaneva in ogni caso la più efficace.

Fonte:
  • Jacobs GD et al. Cognitive behavior therapy and pharmacotherapy for insomnia: a randomized controlled trial and direct comparison. Arch Intern Med. 2004 Sep 27;164(17):1888-96



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